Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13554 del 30/05/2017

Cassazione civile, sez. I, 30/05/2017, (ud. 04/04/2017, dep.30/05/2017),  n. 13554

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria G.C. – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16099/2012 proposto da:

B.I.A. (c.f. (OMISSIS)), B.D. (c.f.

(OMISSIS)), B.G. (c.f. (OMISSIS)), quale eredi di

B.E. e di F.R.G., elettivamente domiciliati in Roma,

Via Principessa Clotilde n. 7, presso l’avvocato Fantini Alberto,

che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati Misiti Moreno,

Tiberi Roberto, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

Comune di Montauro, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in Roma, Via Giacoma Bresadola n. 26, presso Aversa

Alessandra, rappresentato e difeso dall’avvocato Aversa Silvana,

giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 542/2011 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 13/05/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/04/2017 dal cons. PIETRO LAMORGESE ANTONIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale FEDERICO

SORRENTINO che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito, per i ricorrenti, l’Avvocato Tiberi Roberto che si riporta e

chiede l’accoglimento;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato Memola Sara, con delega,

che si riporta e chiede il rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Catanzaro, con sentenza del 13 maggio 2011, parzialmente riformando la sentenza impugnata, ha condannato il Comune di Montauro al risarcimento del danno per equivalente, in favore di B.E. e F.R., per l’occupazione usurpativa di un terreno di loro proprietà, in località (OMISSIS), ed ha rigettato la loro domanda principale di ripristino dello stato dei luoghi e di restituzione del terreno.

La Corte, premesso che il Comune aveva agito in assenza della dichiarazione di pubblica utilità, ha ritenuto che la restituzione non fosse possibile poichè il terreno era stato irreversibilmente trasformato a seguito della costruzione dell’opera pubblica; che l’intervento di ripristino incidesse sulla fruibilità del bene pubblico (un tratto di lungomare) e fosse eccessivamente oneroso rispetto al valore venale del bene, sicchè l’invocata tutela restitutoria non era praticabile, mentre doveva essere riconosciuta quella per equivalente, in applicazione dell’art. 2058 c.c., comma 2; la Corte ha valutato l’area come inedificabile, essendo priva di pianificazione urbanistica, interessata da misure di salvaguardia e destinata a servizi di pubblica utilità (parcheggio), e ne ha stimato il valore agricolo ai fini del calcolo del danno risarcibile.

Avverso questa sentenza B. e F. hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di un complesso motivo; il Comune di Montauro si è difeso con controricorso. Le parti hanno presentato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

L’unico motivo di ricorso è articolato in tre profili: a) per violazione e falsa applicazione degli artt. 934 ss., 948, 2043 e 2058 c.c., art. 1 del Prot. add. Cedu, D.Lgs. n. 327 del 2001, artt. 42 bis e 32, la L.R. Calabria n. 14 del 1990, , art. 1, e la L. n. 2359 del 1865, art. 39, per avere rigettato la domanda principale di ripristino dello stato dei luoghi e di restituzione del bene illecitamente occupato dal Comune, ritenendola eccessivamente onerosa, a norma dell’art. 2058 c.c., comma 2, e per avere somministrato la tutela, succedanea ed eccezionale, del risarcimento del danno per equivalente, facendo erroneamente applicazione dell’art. 2058 c.c., comma 2; b) per insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, avendo la Corte di merito ritenuto che, per effetto delle opere realizzate, il terreno avesse subito una trasformazione irreversibile tale da impedire la restituzione, pur avendo contraddittoriamente escluso l’impossibilità di ripristino dello stato dei luoghi e senza spiegare le ragioni per cui gli interventi di ripristino fossero eccessivamente onerosi, nonchè per avere valutato il terreno come agricolo, anzichè come avente vocazione edificatoria; c) in via subordinata, i ricorrenti hanno denunciato la illegittimità costituzionale dell’art. 2058 c.c., comma 2, in relazione agli artt. 3 e 42 Cost. e Prot. add. Cedu, nell’interpretazione data dai giudici di merito.

Il profilo sub a) del motivo in esame è fondato, avendo la sentenza impugnata deciso in senso difforme dal principio, applicabile sia in tema di occupazione usurpativa (Cass., sez. 1, n. 14609/2012) che di occupazione acquisitiva, quando vi sia stata la dichiarazione di pubblica utilità (Cass., sez. un., n. 735/2015; sez. 1, n. 4476/2015), secondo cui il proprietario del bene illecitamente occupato ha diritto di chiederne la restituzione, salvo che non decida di abdicare al suo diritto e di chiedere il risarcimento del danno per equivalente; nell’ipotesi di ricorso alla tutela reale, mediante azione di restituzione, ancorchè accompagnata dalla richiesta di riduzione in pristino, non sono predicabili i limiti intrinseci alla disciplina risarcitoria, come l’eccessiva onerosità prevista dall’art. 2058 c.c., comma 2; nè può farsi ricorso alla previsione dell’art. 2933 c.c., comma 2, ove non risulti che la distruzione della res indebitamente edificata sia di pregiudizio all’intera economia del Paese, ma abbia, al contrario, riflessi di natura individuale o locale (Cass., sez. un., n. 10499/2016, n. 14609/2012 cit.).

Gli altri profili (b-c) argomentati nel motivo sono assorbiti.

La sentenza impugnata è cassata, in relazione al profilo accolto, con rinvio alla Corte d’appello di Catanzaro, in diversa composizione, per l’applicazione dell’enunciato principio di diritto e per la liquidazione delle spese del presente giudizio.

PQM

 

La Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Catanzaro, in diversa composizione, anche per le spese.

Così deciso in Roma, il 4 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 30 maggio 2017

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