Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13553 del 20/05/2019

Cassazione civile sez. I, 20/05/2019, (ud. 13/03/2019, dep. 20/05/2019), n.13553

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16989/2018 proposto da:

U.P., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Romagnoli Marco, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno – Commissione Territoriale per il

Riconoscimento della Protezione Internazionale di Ancona;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA, del 18/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/03/2019 dal Cons. Dott. FEDERICO GUIDO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Con ricorso del D.Lgs. n. 25 del 2008, ex artt. 35 e 35 bis, depositato tempestivamente in data 21.12.2017, U.P., cittadino del nigeriano, impugnava dinanzi il Tribunale di Ancona il provvedimento notificato l’11.12.2017 con cui la Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Ancona, gli aveva negato il riconoscimento della protezione internazionale e di quella sussidiaria.

Riferiva di essere stato soggetto passivo di aggressioni e minacce di morte da parte dei propri parenti per questioni legate all’eredità del padre, e di avere, per tale ragione, denunciato l’accaduto alla polizia nigeriana in data (OMISSIS). Essendosi così inimicato lo zio, potente e benestante poichè militante nel partito di governo APC, e non avendo ricevuto il supporto delle autorità locali si era deciso a fuggire, pur lasciando la propria famiglia in (OMISSIS).

Il Tribunale di Ancona, con Decreto n. 6301 del 2018, rigettava la richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato e quella di protezione sussidiaria ed umanitaria, ritenendo non sussistenti i presupposti per la concessione di alcuna forma di protezione.

Avverso detto decreto propone ricorso per cassazione articolato in due motivi U.P..

Il Ministero dell’Interno non ha svolto nel presente giudizio attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Con il primo motivo di ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 12, comma 1 bis, per non avere il Tribunale rilevato che il ricorrente in sede di audizione innanzi alla Commissione era stato ascoltato da un solo membro anzichè da tutti i componenti dell’organo, con conseguente violazione del diritto di difesa.

Il motivo è inammissibile per novità della questione e nel merito infondato.

Si osserva al riguardo che nessuna pronunzia risulta emessa al riguardo nè dal Tribunale nè dal giudice di appello; da ciò discende che il ricorrente, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, aveva l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione avanti al giudice del merito, ma anche di indicare in quale atto del precedente giudizio lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminarne il merito (Cass. 2140/2006).

Anche sotto altro profilo la censura è inammissibile per carenza di interesse.

Il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 12, comma 1 bis, prevede infatti la possibilità, non già l’obbligo per il ricorrente di essere ascoltato dinanzi all’intera commissione, su richiesta dell’interessato. Stante la natura di tale facoltà, non si può dedurre una violazione del diritto di difesa del ricorrente che sia stato ascoltato da un solo membro anzichè dall’intero collegio componente la Commissione territoriale.

Deve infatti rilevarsi che l’omissione dell’avvertenza allo straniero che egli può essere sentito anche dall’organo collegiale, anzichè da un singolo componente, non dà luogo alla nullità dell’audizione – che è pienamente consentita anche in forma monocratica – e che può essere integrata solo ove il difetto dell’avvertenza di legge (di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 12, comma 1 bis) abbia cagionato al richiedente asilo una specifica e sicura lesione dei suoi diritti fondamentali, circostanza che dev’essere allegata in modo circostanziato e denunciata in sede di prima impugnazione giurisdizionale (Cass. 19040/2018).

Con il secondo motivo la parte ricorrente denuncia difetto di motivazione in ordine alla valutazione del tribunale, che ha ritenuto la vicenda narrata poco credibile e, con apprezzamento adeguato, ha escluso la sussistenza dei presupposti di ogni forma di protezione.

Il motivo è inammissibile, in quanto la dedotta carenza di motivazione, che è invece presente e dà conto dell’iter logico della statuizione di rigetto di ogni forma di protezione, integra una sollecitazione ad un riesame e rivalutazione degli elementi emersi nella fase di merito (Cass. SS. UU. 8053/2014).

Considerato che il ricorrente è stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato non sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 13 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 maggio 2019

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