Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13552 del 04/06/2010

Cassazione civile sez. trib., 04/06/2010, (ud. 30/04/2010, dep. 04/06/2010), n.13552

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – rel. Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore, domiciliata in Roma,

Via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che

la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Fallimento F.M.C.;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania n. 163/15/08 del 22/9/08.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Considerato che il Consigliere relatore, nominato ai sensi dell’art. 377 c.p.c., ha depositato la relazione scritta prevista dall’art. 380 bis c.p.c., nei termini che di seguito si trascrivono:

“L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania che ha rigettato l’appello dell’Ufficio contro la pronuncia di primo grado, che aveva accolto il ricorso del fallimento contro il silenzio- rifiuto formatosi su istanza di rimborso IVA. Il fallimento non si è costituito.

Il ricorso contiene due motivi. Può essere trattato in Camera di consiglio (art. 375 c.p.c., n. 5) ed accolto, per manifesta fondatezza, alla stregua delle considerazioni che seguono:

Con i due motivi, da esaminarsi congiuntamente, l’Agenzia, sotto i profili della violazione di legge e del difetto di motivazione, censura la sentenza impugnata per avere ritenuto validamente proposta dalla fallita, dopo la sentenza dichiarativa di fallimento ma prima della sua notifica, la dichiarazione annuale IVA contenente la richiesta di rimborso IVA. I due motivi sono manifestamente fondati.

Va premesso che la sentenza dichiarativa di fallimento esplica i suoi effetti nei confronti del fallito indipendentemente dalla sua notificazione. Ne consegue che la fallita, alla data della sentenza (26/2/97), aveva perso il potere di amministrare i propri beni. Deve quindi considerarsi che, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 74 bis, nel testo pro tempore vigente, il curatore doveva presentare due dichiarazioni: quella per il periodo prefallimentare, equiparabile alla dichiarazione di cessazione dell’attività, da cui sorge il diritto della curatela al rimborso dei versamenti che risultino effettuati in eccedenza (Cass. 19169/03, 4225/04, 10004/06), e – se i termini non erano ancora scaduti – quella relativa all’imposta dovuta per l’anno solare precedente (Cass. 8642/09). In mancanza della dichiarazione del curatore relativa al periodo prefallimentare il giudice tributario avrebbe dovuto rigettare il ricorso”;

che le parti non hanno presentato memorie;

che il collegio condivide la proposta del relatore, dato altresì atto che la sentenza n. 5194 del 1996, citata in sentenza, riguardando la decorrenza del termine per l’opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento, è del tutto inconferente rispetto alla problematica in esame;

che pertanto, accolto il ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata;

che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo;

che appare equo compensare le spese dell’intero giudizio, in considerazione della complessità della fattispecie.

P.Q.M.

la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo; compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 30 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2010

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