Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13551 del 04/06/2010

Cassazione civile sez. trib., 04/06/2010, (ud. 30/04/2010, dep. 04/06/2010), n.13551

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – rel. Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore, domiciliata in Roma,

Via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che

la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Bar Cremino di Sestito Vincenzo s.a.s.; Equitalia S.p.A.;

– intimati –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Calabria n. 78/10/07 dell’1/12/07.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Considerato che il Consigliere relatore, nominato ai sensi dell’art. 377 c.p.c., ha depositato la relazione scritta prevista dall’art. 380 bis c.p.c., nei termini che di seguito si trascrivono:

“L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Calabria che ha dichiarato inammissibile; l’appello dell’Ufficio di Catanzaro contro la pronuncia di primo grado, in quanto sottoscritto non dal Direttore ma dal Capo Area Controllo – Delegato, in difetto di esibizione dell’atto di delega.

L’intimato non si è costituito.

Il ricorso contiene un motivo. Può essere trattato in camera di consiglio (art. 375 c.p.c., n. 5) ed accolto, per manifesta fondatezza, alla stregua delle considerazioni che seguono:

Con l’unico motivo l’Agenzia censura la sentenza impugnata assumendo, sotto il profilo della violazione di legge, la possibilità che la delega possa essere meramente implicita.

Il mezzo è manifestamente fondato.

Questa Corte ha infatti affermato che, in tema di contenzioso tributario, il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 11, comma 2, attribuendo la rappresentanza processuale dell’Amministrazione all’Ufficio (del Ministero ed oggi dell’Agenzia delle Entrate), senza che assuma rilievo determinante chi lo rappresenta, consente di presumere che l’atto processuale proveniente dall’Ufficio rappresenti ed esprima la volontà di quest’ultimo, fino a prova contraria, la quale, avendo ad oggetto un’usurpazione di poteri, ossia un’anomala patologia del rapporto organico che: comporta una distorta formazione della volontà processuale, deve essere necessariamente fornita da chi la faccia valere; pertanto, quando l’atto (nella specie, l’appello) provenga da un’Amministrazione dello Stato e non se ne contesti la provenienza, l’illeggibilità della firma del sottoscrittore (o, come nella specie, la sua provenienza da un delegato) non rileva, a meno che non se ne affermi la falsità o si deduca l’appartenenza del funzionario che lo ha sottoscritto ad un altro settore dell’Amministrazione (Cass. 12768/06, 874/09)”;

che le parti non hanno presentato memorie;

che il collegio condivide la proposta del relatore;

che pertanto, accolto il ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Calabria.

P.Q.M.

la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Calabria.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 30 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2010

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