Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13550 del 20/06/2011

Cassazione civile sez. VI, 20/06/2011, (ud. 18/03/2011, dep. 20/06/2011), n.13550

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

F.L., N.F., N.L., quali eredi di

Ne.Fl., rappresentati e difesi, per procura speciale in

calce al ricorso, dall’Avvocato Assogna Andrea, elettivamente

domiciliati in Roma, via Sant’Evaristo n. 157 (Studio Assogna);

– ricorrenti –

contro

G.A.C., G.C., G.F., G.G. E

G.V., quali eredi di A.L. di (OMISSIS),

rappresentati e difesi, per procura speciale in calce al

controricorso, dagli Avvocati Biavati Paolo e Domenico D’Amato,

elettivamente domiciliati presso lo studio del secondo in Roma, via

Cola di Rienzo n. 111;

– controricorrenti –

e

COMUNE DI COMACCHIO, in persona del Sindaco pro – tempore,

rappresentato e difeso, per procura a margine del controricorso,

dall’Avvocato Melloni Leonardo, elettivamente domiciliato in Roma,

via Piemonte n. 39, presso lo studio dell’Avvocato Francesco Grieco;

– controricorrente –

nonchè sul ricorso proposto da:

G.A.C., G.C., G.F., G.G. E

G.V., quali eredi di A.L. di (OMISSIS),

rappresentati e difesi, per procura speciale in calce al

controricorso, dagli Avvocati Paolo Biavati e Domenico D’Amato,

elettivamente domiciliati presso lo studio del secondo in Roma, via

Cola di Rienzo n. 111;

– ricorrenti incidentali –

contro

F.L., N.F., N.L., quali eredi di

Ne.Fl.;

– intimati –

e

COMUNE DI COMACCHIO, in persona del Sindaco pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna n. 885 del 2009,

depositata in data 9 luglio 2009;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18 marzo 2011 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;

sentito l’Avvocato Domenico D’Amato;

sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

VELARDI Maurizio, il quale ha concluso in senso conforme alla

relazione.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, con citazione del maggio 1989, A.L. di (OMISSIS) ha convenuto in giudizio, dinnanzi al Tribunale di Ferrara, il Comune di Comacchio chiedendo che venisse accertato che ella era proprietaria di un fondo di circa 32 ettari, che erroneamente risultava intestato al Comune di Comacchio;

che l’attrice ha chiesto anche che venisse comunque accertato l’intervenuto acquisto del fondo in questione per usucapione, per essere lo stesso stato posseduto quanto meno dal 1938 dai suoi danti causa, che lo avevano affittato a tale A.C. e poi a N.L. e Fl.;

che, con citazione del giugno 1989, Ne.Fl. ha convenuto in giudizio, dinnanzi al medesimo Tribunale, il Comune di Comacchio, chiedendo che venisse accertato l’intervenuto acquisto per usucapione del medesimo fondo;

che, riuniti i giudizi ed istruita la causa, l’adito Tribunale ha rigettato tutte le domande;

che avverso questa sentenza hanno proposto appello F.L., N.F. e N.L. e appello incidentale A. L.;

che la Corte d’appello di Bologna, con sentenza depositata il 9 luglio 2009, ha rigettato entrambi gli appelli;

che, quanto all’appello principale, la Corte ha osservato che il Tribunale aveva fondato la propria decisione su un documento prodotto dalla difesa A., dal quale emergeva che lo stesso Ne. si qualificava come affittuario del fondo oggetto della domanda di usucapione;

che la Corte felsinea ha quindi rilevato che correttamente.

Il Tribunale aveva disatteso l’eccezione proposta dalla difesa Ne. quanto alla tardività della produzione, e ha così ritenuto che detto documento effettivamente andava inteso come riconoscimento da parte del Ne. della detenzione del fondo a detto titolo, pur se dal medesimo non poteva desumersi se egli ritenesse che titolari del diritto di proprietà fossero la A. ovvero il Comune;

che, quanto all’appello incidentale, la Corte d’appello ha precisato che la difesa dell’appellante, così come quella del Comune di Comacchio, dopo aver ritirato il fascicolo di parte all’udienza del 3 marzo 2005, non ha poi provveduto a ridepositarlo in cancelleria, sicchè la causa è stata esaminata e decisa sulla base della documentazione agli atti;

che la Corte territoriale ha quindi osservato che l’Aventi ha dedotto che il Tribunale ha erroneamente ricostruito la vicenda storica, quale risultante dalla documentazione prodotta;

che, in tale contesto, la Corte d’appello, pur ritenendo che la consulenza tecnica in atti non appariva affatto convincente quanto alla intestazione dei terreni oggetto di causa al Comune di Comacchio, ha tuttavia rigettato l’appello incidentale osservando che era onere dell’appellante fornire la prova di detta erroneità e della propria titolarità in ordine ai beni stessi; sulla base degli atti, invece, non poteva aversi altro che un sospetto della erroneità della intestazione al Comune, che peraltro non era sufficiente a fondare l’accoglimento del gravame;

che per la cassazione di questa sentenza hanno proposto ricorso F.L., N.F. e N.L. sulla base di due motivi; hanno resistito G.A.C., G.C., G. F., G.G. e G.V., quali eredi di A. L., i quali hanno anche proposto ricorso incidentale affidato a quattro motivi; il Comune di Comacchio ha resistito, con controricorso, ad entrambi i ricorsi;

che, essendosi ritenute sussistenti le condizioni per la trattazione del ricorso in camera di consiglio, è stata redatta relazione ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., che è stata comunicata alle parti e al pubblico ministero.

Rilevato che il relatore designato, nella relazione depositata il 10 febbraio 2011 e comunicata alle parti e al Pubblico Ministero, ha formulato la seguente proposta di decisione: “… Con il primo motivo del ricorso principale, i ricorrenti deducono vizio di motivazione, sostenendo che la Corte d’appello ha posto a fondamento (della decisione) un documento che era stato prodotto in primo grado dalla difesa di controparte e che tuttavia la stessa Corte d’appello ha dato atto non essere stato ridepositato a seguito del ritiro del fascicolo di parte.

Con il secondo motivo, i ricorrenti principali denunciano violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., perchè la Corte d’appello avrebbe dovuto decidere secundum alligata et probata, e cioè senza poter tenere conto di un documento non ridepositato nel giudizio di appello.

Il ricorso, i cui due motivi possono essere esaminati congiuntamente, è fondato e va pertanto accolto.

Dalla sentenza impugnata emerge che il Tribunale ha rigettato la domanda del Ne. valorizzando un documento prodotto dalla difesa A., dal quale ha desunto che il Ne. si autoqualifica va come affittuario del terreno oggetto della domanda di usucapione.

Emerge altresì, con assoluta certezza, che nel giudizio di appello la difesa A. non ha depositato il fascicolo di parte dopo averlo ritirato. In tale contesto, ha dunque errato la Corte d’appello a ritenere che ben abbia fatto il Tribunale ad affermare la qualità di affittuario del Ne. e a condividere tale decisione, integrandone sotto alcuni profili la motivazione, non avendo la materiale disponibilità del documento in questione, perchè non esistente agli atti del giudizio di appello. Trova applicazione, infatti, il principio per cui “la produzione di documenti nel primo grado del giudizio non ne comporta la definitiva acquisizione al processo, restando la parte interessata, che abbia sottoposto tali documenti all’esame del giudice di prime cure, libera di non avvalersene nel grado successivo del giudizio, con la conseguenza che, ove detti documenti forniscano la prova dei fatti costitutivi della domanda, e tali fatti siano controversi, il giudice di appello non può che trarne le necessarie conclusioni in ordine al fondamento della domanda” (Cass., n. 511 del 2004). In altri termini, “qualora il giudizio di primo grado si sia concluso con il rigetto della domanda dell’attore, avendo la corte escluso il fatto costitutivo del suo diritto sulla base di un documento prodotto in giudizio dalla parte convenuta, l’appellante ha comunque l’onere di curarne la produzione in giudizio, al fine di consentire al giudice di appello di valutare la fondatezza della censura proposta, non essendo utilizzabile in appello il fascicolo di primo grado della parte non costituita e non rilevando che originariamente l’appellante intendesse da quel documento trarre un effetto favorevole per sè ovvero volesse contestarne l’effetto favorevole ottenuto dalla controparte” (Cass., n. 15660 del 1007). Nè possono essere condivise le affermazioni svolte dai controricorrenti e ricorrenti incidentali, secondo cui dall’esame del testo della sentenza impugnata e di quello della sentenza di primo grado dovrebbe trarsi la conclusione che la Corte d’appello ha esaminato il detto documento, trattandosi di enunciazione che postula l’introduzione di un vizio revocato-rio, a fronte della precisa e specifica affermazione della Corte d’appello in ordine al mancato rideposito dei fascicoli di parte.

Con il primo motivo del ricorso incidentale, gli eredi A. deducono vizio di motivazione quanto alla pretesa mancanza agli atti del proprio fascicolo di parte.

Il motivo è inammissibile perchè, a fronte della affermazione sul punto contenuto nella sentenza impugnata, il vizio dedotto ha natura revocatoria.

Con il secondo motivo, i ricorrenti incidentali denunciano violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., in relazione agli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. La Corte d’appello avrebbe dovuto decidere la causa sulla base dei documenti comunque presenti in atti, e segnatamente avrebbe dovuto tenere conto della transazione del 1940 che era presente nel fascicolo Ne., operando in proposito il principio di acquisizione della prova.

Con il terzo motivo, i ricorrenti incidentali deducono vizio di motivazione, per non avere la Corte d’appello esaminato tutti i documenti prodotti dalle parti, e segnatamente quello contenuto nel fascicolo Ne., al quale pure la stessa Corte territoriale, esaminando l’appello incidentale proposto dalla loro dante causa, aveva attribuito efficacia potenzialmente decisiva.

Il secondo e il terzo motivo, che possono essere esaminati congiuntamente per l’intima connessione delle censure proposte, sono fondati.

Nell’ordinamento processuale, avuto riguardo alla valutazione della prova, opera il principio di acquisizione, secondo il quale le risultanze istruttorie, comunque ottenute e quale che sia la parte ad iniziativa o per istanza della quale hanno ingresso nel processo, concorrono tutte, indistintamente, alla formazione del convincimento del giudice (Cass. , n. 2285 del 2006; Cass., n. 8951 del 2006). Con specifico riferimento al giudizio di appello, v. Cass., S.U., n. 25898 del 2005, secondo cui “nel sistema processualcivilistico vigente – in specie dopo il riconoscimento costituzionale del principio del giusto processo – opera il principio di acquisizione della prova, in forza del quale un elemento probatorio, una volta introdotto nel processo, è definitivamente acquisito alla causa e non può più esserle sottratto, dovendo il giudice utilizzare le prove raccolte indipendentemente dalla provenienza delle stesse dalla parte gravata dell’onere probatorio. Ne consegue che la parte che nel corso del processo chieda il ritiro del proprio fascicolo ha l’onere di depositare copia dei documenti probatori che in esso siano inseriti, onde impedire che qualora essa, in violazione dei principi di lealtà e probità, ometta di restituire il fascicolo con i documenti in precedenza prodotti, risulti impossibile all’altra parte fornire, anche in sede di gravame, le prove che erano desumibili dal fascicolo avversario”.

Orbene, i ricorrenti incidentali deducono che il documento indicato (transazione del 1940), dal quale, secondo la Corte d’appello, avrebbe dovuto desumersi la erroneità della intestazione dei terreni al Comune di Comacchio, era stato prodotto dalla difesa Ne., la quale aveva ridepositato il proprio fascicolo, sicchè la Corte d’appello avrebbe dovuto condurre il proprio giudizio anche alla luce del menzionato documento. L’accoglimento del secondo e del terzo motivo di ricorso comporta l’assorbimento dell’esame del quarto motivo, con il quale i ricorrenti incidentali lamentano violazione e falsa applicazione dell’art. 183 c.p.c., comma 4, dell’art. 182 c.p.c., comma 1, dell’art. 421 cod. proc. civ. e dell’art. 2697 cod. civ., in relazione agli artt. 115 e 169 cod. proc. civ. e agli artt. 74,76, 77 disp. att. cod. proc. civ. I ricorrenti si dolgono del fatto che la Corte d’appello, per il caso che effettivamente il loro fascicolo di parte non fosse stato ridepositato, non abbia concesso loro un termine per provvedere alla sua ricostruzione.

Sussistono quindi le condizioni per la trattazione del ricorso in camera di consiglio”;

che la richiamata relazione è stata notificata alle parti e comunicata al pubblico ministero;

che entrambe le parti ricorrenti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 3.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio condivide la riportata proposta di decisione, alla quale in sostanza le parti ricorrenti non hanno sollevato critiche;

che va peraltro accolta la richiesta dei ricorrenti principali di espunzione dal fascicolo di parte dei ricorrenti incidentali dei documenti dal numero 7 al numero 31 dell’indice contenuto nel ricorso incidentale, trattandosi di documenti che non riguardano nè l’ammissibilità del ricorso o del controricorso, nè la nullità della sentenza impugnata;

che si deve solo ribadire che il vizio denunciato dai ricorrenti incidentali integra un vero e proprio vizio revocatorio, atteso che le deduzioni dei ricorrenti presuppongono l’esistenza in atti di un documento che la Corte d’appello ha positivamente escluso che fosse stato ridepositato a seguito del ritiro del fascicolo di parte;

che, peraltro, dalla sentenza impugnata emerge chiaramente che il contenuto del documento del 3 marzo 1985 è riportato dandosi atto che lo stesso risulta dalla lettura della sentenza del Tribunale, e quindi non sussiste la denunciata contraddittorietà della motivazione;

che, pertanto, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Bologna, la quale provvederà a nuovo esame dei gravami proposti alla luce dei principi di diritto in precedenza affermati;

che al giudice del rinvio è demandata altresì la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

LA CORTE riunisce i ricorsi, accoglie il ricorso principale e il secondo e il terzo motivo del ricorso incidentale; rigetta il primo, assorbito il quarto; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Corte d’appello di Bologna.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile della Corte suprema di Cassazione, il 18 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 giugno 2011

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