Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13549 del 18/05/2021

Cassazione civile sez. lav., 18/05/2021, (ud. 12/01/2021, dep. 18/05/2021), n.13549

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1440-2020 proposto da:

I.J., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato MARIO NOVELLI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI ANCONA, in persona

del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia

in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 758/2019 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 20/05/2019 R.G.N. 1461/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/01/2021 dal Consigliere Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. con sentenza 20 maggio 2019, la Corte d’appello di Ancona rigettava il gravame di I.J., cittadino (OMISSIS), avverso l’ordinanza di primo grado, di reiezione delle sue domande di protezione internazionale e umanitaria;

2. come già il Tribunale, essa riteneva la scarsa credibilità della vicenda personale del richiedente (fuga da (OMISSIS), sito nella (OMISSIS) meridionale, per timore della violenza terroristica di (OMISSIS), essendo privo di aiuti), genericamente riferita e senza alcun riscontro, dovendo piuttosto essere ricondotta ad una emigrazione economica;

3. la Corte anconetana, disaminati i rispettivi requisiti, ne negava pertanto la ricorrenza per il riconoscimento dello status di rifugiato, di protezione sussidiaria e così pure umanitaria, nell’insussistenza nella sua zona di provenienza del terrorismo di matrice religiosa paventato (invece presente nella parte settentrionale del Paese), nè di una concreta situazione personale del richiedente di grave danno o di vulnerabilità;

4. con atto notificato il 19 dicembre 2019, lo straniero ricorreva per cassazione con cinque motivi; il Ministero dell’Interno intimato non resisteva con controricorso, ma depositava atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ult. alinea, cui non faceva seguito alcuna attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. il ricorrente deduce nullità della sentenza per omessa pronuncia su motivi del ricorso e per mancanza o apparenza di motivazione, in assenza di riferimenti concreti alla propria vicenda (primo motivo);

2. esso è inammissibile;

2.1. il motivo difetta di specificità, in violazione della prescrizione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 6, sotto il profilo del difetto di trascrizione dei motivi di cui vagamente denunciata l’omessa pronuncia (Cass. 17 luglio 2007, n. 15952; Cass. 27 febbraio 2009, n. 4849; Cass. 15 luglio 2015, n. 14784; Cass. 27 luglio 2017, n. 18679);

2.2. nè si configura una mancanza o apparenza di motivazione, comportante nullità della sentenza (Cass. s.u. 7 aprile 2014, n. 8053), ricorrente quando il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui abbia tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (Cass. 7 aprile 2017, n. 9105; Cass. 5 agosto 2019, n. 20921), posto che la Corte territoriale ha enunciato in modo chiaro e comprensibile le ragioni della decisione (dall’ultimo capoverso di pg. 3 all’ultimo di pg. 8 della sentenza);

3. il ricorrente deduce violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 per erronea esclusione della propria credibilità, avendo reso dichiarazioni attendibili e circostanziate, riscontrate dalle informazioni delle fonti internazionali indicate nella produzione in allegato al ricorso introduttivo (di “instabilità politica del Paese” con “il perdurare di una diffusa violazione dei diritti umani a scapito della popolazione, oltre alla presenza di una violenza generalizzata”), senza alcun autonomo accertamento giudiziale, in violazione dell’obbligo di cooperazione istruttoria (secondo motivo); violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 per erronea negazione della protezione sussidiaria, sull’assunto di una inesistente situazione di violenza indiscriminata in (OMISSIS), area di propria provenienza, con diretti riflessi negativi sulla sua condizione personale in caso di rimpatrio, per la non corretta rappresentazione della realtà ivi, come invece ritenuto da provvedimenti di Corti distrettuali indicate (terzo motivo); violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 per omessa effettiva istruttoria, sulla base di informazioni precise e aggiornate, sulla situazione di (OMISSIS), da cui proveniente (quarto motivo); violazione o falsa applicazione D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 per la ritenuta inesistenza di una condizione di vulnerabilità del richiedente “considerato il contesto di grave carenza nella tutela dei diritti fondamentali della persona e di grave insicurezza che caratterizza la regione di provenienza” (quinto motivo);

4. essi, congiuntamente esaminabili per ragioni di stretta connessione, sono fondati nei termini in appresso illustrati;

5. giova ribadire che la valutazione di credibilità del richiedente debba essere frutto di una valutazione complessiva di tutti gli elementi e non possa essere motivata soltanto con riferimento ad elementi isolati e secondari o addirittura insussistenti, quando invece venga trascurato un profilo decisivo e centrale del racconto (Cass. 8 giugno 2020, n. 10908); sicchè, il giudice, prima di pronunciare il proprio giudizio sulla sussistenza dei presupposti per la concessione della protezione, deve osservare l’obbligo di compiere le valutazioni di coerenza e plausibilità delle dichiarazioni del richiedente, non già in base alla propria opinione, ma secondo la procedimentalizzazione legale della decisione sulla base dei criteri indicati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 (Cass. 11 marzo 2020, n. 6897; Cass. 6 luglio 2020, n. 13944; Cass. 9 luglio 2020, n. 14674);

5.1. nell’applicazione del richiamato protocollo procedimentale, funzionale all’integrazione probatoria (“qualora taluni elementi o aspetti delle dichiarazioni del richiedente… non siano suffragati da prove”: D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, primo periodo) della domanda da esaminare, occorre valutare “tutti i fatti pertinenti che riguardano il Paese d’origine al momento dell’adozione della decisione in merito alla domanda… ” (art. 3, comma 3, lett. a D.Lgs. cit.), in combinazione con il criterio di una sua verifica “alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine… “(D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3), in osservanza del cd. obbligo di cooperazione istruttoria;

5.2. sicchè, se è vero che la valutazione in ordine credibilità del racconto del cittadino straniero costituisca apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, ovvero mancanza assoluta di motivazione, sua apparenza o perplessità od obiettiva incomprensibilità (Cass. 5 febbraio 2019, n. 3340; Cass. 7 agosto 2019, n. 21142; Cass. 19 giugno 2020, n. 1195), nel caso di specie non ricorrente per la congrua argomentazione della sentenza (per le ragioni in particolare esposte, anche per relationem pienamente adesiva al Tribunale, dall’ultimo capoverso di pg. 4 all’ultimo di pg. 5 della sentenza), è pur vero che essa non esaurisce il compito di verifica del giudice;

5.3. esso ha, infatti, il citato obbligo di cooperazione istruttoria, che non può essere di per sè escluso sulla base di qualsiasi valutazione preliminare di non credibilità della narrazione del richiedente asilo, dal momento che, anteriormente all’adempimento di tale obbligo, egli non può conoscere e apprezzare correttamente la reale e attuale situazione dello Stato di provenienza e pertanto in questa fase, la menzionata valutazione non può che limitarsi alle affermazioni circa il Paese di origine: con la conseguenza che, solo ove queste ultime risultino immediatamente false oppure la ricorrenza dei presupposti della tutela invocata possa essere negata in virtù del notorio, l’obbligo di cooperazione istruttoria verrà meno (Cass. 12 maggio 2020, n. 8819);

5.4. la Corte territoriale è venuta meno a tale obbligo, posto che ha apoditticamente escluso il rischio di rimpatrio del richiedente, per la sua provenienza “da (OMISSIS), situato in (OMISSIS) meridionale dove non si registrano attentati terroristici o di violenza generalizzata… “(così al penultimo capoverso di pg. 5 della sentenza): senza tuttavia fondare un tale assunto sulla consultazione di alcuna fonte di informazioni attendibile, puntualmente indicata e aggiornata al momento della decisione (Cass. 28 giugno 2018, n. 17075; Cass. 12 novembre 2018, n. 28990; Cass. 22 maggio 2019, n. 13897; Cass. 12 maggio 2020, n. 8819), non potendo il giudice del merito limitarsi a valutazioni solo generiche, omettendo di individuare le specifiche fonti informative da cui tragga le conclusioni assunte (Cass. 20 maggio 2020, n. 9230);

5.5. nè si può correttamente ritenere che la provenienza del richiedente dalla regione di (OMISSIS), nella (OMISSIS) meridionale, seppure questa Corte abbia ripetutamente escluso che essa, al contrario della zona settentrionale, sia direttamente interessata dalla violenza di matrice islamica della setta terroristica di (OMISSIS) (Cass. 18 gennaio 2017, n. 1268; Cass. 7 novembre 2018, n. 28433; Cass. 15 maggio 2019, n. 13088; Cass. 27 febbraio 2020, n. 5293), integri la nozione di fatto che rientri nella comune esperienza (fatto notorio), secondo la previsione dall’art. 115 c.p.c., comma 2: per tale dovendosi intendere un fatto che appartenga come certo alla conoscenza media della collettività (Cass. 24 luglio 1969, n. 2808; Cass. 23 giugno 1982, n. 3829), ovvero una proposizione di ordine generale tratta dalla reiterata osservazione dei fenomeni naturali o socioeconomici (Cass. 28 ottobre 2010, n. 22022);

5.6. d’altro canto, il ricorso al fatto notorio, poichè deroga al principio dispositivo e al contraddittorio, introducendo nel processo civile prove non fornite dalle parti e relative a fatti non vagliati nè controllati dalle stesse, deve essere inteso in senso rigoroso, quale fatto acquisito alle conoscenze della collettività con tale grado di certezza da apparire indubitabile ed incontestabile: con la conseguenza dell’estraneità a tale nozione delle acquisizioni specifiche di natura tecnica, degli elementi valutativi implicanti cognizioni particolari o che richiedano il preventivo accertamento di particolari dati, nonchè di quelle nozioni rientranti nella scienza privata del giudice, in quanto non universale, neppure quando gli derivi dalla pregressa trattazione di analoghe controversie (Cass. 5 ottobre 2012, n. 16959; Cass. 19 marzo 2014, n. 6299);

6. pertanto il primo motivo di ricorso deve essere dichiarato inammissibile, mentre gli altri quattro devono essere accolti, nei termini sopra esposti, in assenza di un accertamento della Corte d’appello sull’effettiva situazione attuale di (OMISSIS), area di provenienza del richiedente, in ordine all’esistenza di una situazione di violenza indiscriminata dipendente da un conflitto armato interno tale da costituire grave danno rilevante ai sensi della misura protettiva richiesta, mediante consultazione, specificamente indicata, di fonti di informazioni attendibili, aggiornate al momento della decisione;

7. la sentenza impugnata deve essere dunque cassata, in relazione ai motivi nei sensi accolti, con rinvio, per l’accertamento suindicato e per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Ancona in diversa composizione.

PQM

La Corte accoglie gli ultimi quattro motivi di ricorso, per quanto di ragione; dichiara inammissibile il primo; cassa la sentenza, in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Ancona in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 12 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2021

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