Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13549 del 02/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 02/07/2020, (ud. 27/02/2020, dep. 02/07/2020), n.13549

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

D.E., elettivamente domiciliato in Roma, via Crescenzio n.

91 presso lo studio dell’Avv. Claudio Lucisano che lo rappresenta e

difende, congiuntamente e disgiuntamente all’Avv. Mario Garavoglia e

all’avv. Maria Sonia Vulcano, per procura a margine del ricorso

– ricorrente-

Contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i

cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12 è elettivamente

domiciliata.

– resistente –

per la cassazione della sentenza n. 86/30/12 della Commissione

tributaria regionale del Piemonte, sezione di Torino, depositata il

1 ottobre 2012.

Udita la relazione dellà causa svolta nella camera di consiglio del

27 febbraio 2020 dal relatore Cons.Roberta Crucitti.

Fatto

RILEVATO

che:

nella controversia traente origine dall’impugnazione da parte di D.E. di avviso di accertamento, relativo a IRPEF, per gli anni di imposta 1996 e 1997, la Commissione tributaria regionale del Piemonte (d’ora in poi C.T.R.), giudice del rinvio disposto da questa Corte, con sentenza n. 21695/10, accoglieva parzialmente l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate e “mandava all’Ufficio il corretto ricalcolo delle sanzioni dovute dal contribuente”;

il Giudice del rinvio, preso atto della decisione di questa Corte, riteneva che a fronte dell’accertamento, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 32, il contribuente non avesse fornito la prova idonea a vincere le presunzioni di cui alla norma citata. Riteneva, però, meritevole di accoglimento la richiesta formulata dal contribuente in punto di sanzioni;

avverso la sentenza D.E. ha proposto ricorso, fondato su due motivi;

l’Agenzia delle entrate ha depositato atto fine dell’eventuale partecipazione alla pubblica udienza;

il ricorso è stato fissato in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2, e dell’art. 380 bis 1 c.p.c., introdotti dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo -rubricato: violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, n. 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, assenza della prescritta autorizzazione- il ricorrente si duole che la C.T.R. abbia ritenuto, interpretando erroneamente la normativa di riferimento, che l’autorizzazione alle indagini bancarie emessa per la verifica della Società All Metals s.r.l. potesse essere estesa anche alla (diversa) verifica svolta nei confronti del contribuente, in quanto amministratore della Società;

1.1 la censura è inammissibile; la questione era stata sollevata dal contribuente (come rilevato in ricorso) in sede di controdeduzioni all’appello formulato dall’Ufficio, ma della stessa non danno cenno nè la prima sentenza della C.T.R., poi cassata da questa Corte, nè la sentenza n. 21695/2010 resa da questa Corte;

1.2 il mezzo, pertanto, in difetto di specificità, va ritenuto inammissibile per la novità della questione dedotta;

2 con il secondo motivo si deduce la medesima violazione di legge di cui al primo motivo, laddove la C.T.R. aveva ritenuto, con riferimento alle movimentazioni in addebito e in accredito rilevate sui conti correnti intestati al D’Amore, che fosse operante la presunzione di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, in mancanza di idonea prova contraria offerta dal contribuente, senza considerare che (l’indisponibilità della documentazione relativa alla Società (in quanto acquisita prima dalla Guardia di Finanza e poi dal Curatore fallimentare), era dovuta a causa non imputabile al contribuente e che, pertanto, in tal modo si era violato il diritto di difesa, trasformando una presunzione semplice, in una presunzione relativa;

2.1 la censura, prima che infondata, è inammissibile vertendo su una questione in diritto (relativa all’operatività della presunzione di cui al D.P.R. cit., art. 32) già affrontata da questa Corte, con la sentenza n. 21695/2010 che ha disposto il rinvio, sulla base di affermazione di principi (“La CTR addebita alla guardia di finanza di non avere effettuato controlli incrociati sui movimenti bancari rilevati, dimenticando che, in forza del D.P.R. n. 600 del 1972, art. 32, comma 1, n. 2, i dati e gli elementi attinenti ai rapporti bancari “sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti previsti dagli artt. 38, 39, 40 e 41, se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine”. Il fatto che, come scrive la CTR, “gli accertatori avrebbero potuto effettuare riscontri incrociati anche con terzi e fornitori” comporta, eventualmente, una lacuna probatoria che non giova al contribuente, il quale, invece, avrebbe dovuto fornire la prova della non imponibilità dei movimenti finanziari. Il fallimento o comunque la carenza di tale prova lascia intatta la presunzione stabilita dalla norma citata: “Il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, contempla una presunzione legale relativa a carico del contribuente titolare di conti correnti bancari, dovendosi ritenere – salvo prova contraria – che i movimenti presenti sui predetti conti siano imputabili al titolare”, tale presunzione è “riconducibile alla massima di esperienza che le rimesse in conto corrente sono normalmente derivate dall’attività del contribuente””) a cui, correttamente, il Giudice del rinvio (v.pag.10 della sentenza impugnata) si è uniformato, in quanto vincolato;

3 in conclusione, alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso va dichiarato inammissibile;

4 non vi è pronuncia sulle spese per l’assenza di attività difensiva da parte dell’Agenzia delle entrate.

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione, il 27 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2020

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