Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13543 del 20/06/2011

Cassazione civile sez. II, 20/06/2011, (ud. 19/04/2011, dep. 20/06/2011), n.13543

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Presidente –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. PROTO Cesare Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

LERI DI MAROSTICA S.R.L. P.IVA (OMISSIS) in persona del legale

rappresentante prò tempore e Presidente del Consiglio di

Amministrazione L.G., nella veste di successore

particolare di porzione dell’area controversa (mapp. 1203, 1209,

1212, 1215, 1206: il primo per intero e gli altri in parte), per

effetto 1119 dell’atto di compravendita 30.7.2003 n. 128601 di rep.

Notaio G. FIETTA (con cui le Sigg.re C. – in corso il presente

giudizio e in fase di appello – vendettero a LE.RI s.r.l. la porzione

in questione), selettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. FERRARI 35,

presso lo studio dell’avvocato MARZI MASSIMO FILIPPO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MAIOLINO ANGELO;

– ricorrente –

contro

M.B. (OMISSIS), B.M.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA PORTA

PINCIANA 4, presso lo studio dell’avvocato DE MATTEIS FERDINANDO

MARIA, rappresentati e difesi dall’avvocato LO GIUDICE SALVATORE;

– controricorrenti –

e contro

C.L. (OMISSIS), B.F.

(OMISSIS), CE.LU. (OMISSIS), CE.LI.

(OMISSIS), ce.lu. (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 661/2005 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 19/04/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/04/2011 dal Consigliere Dott. CESARE ANTONIO PROTO;

udito l’Avvocato ANGELO MAIOLINO difensore della ricorrente che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FEDELI Massimo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso del 28/3/1997 S.F., ce.lu., C. L., Ce.La. e Ce.Li. esponevano di essere state private del possesso di una porzione delle loro proprietà dai coniugi M.B. e B.M. che convenivano in giudizio chiedendo la reintegrazione nel possesso.

T convenuti si costituivano asserendo di essere nel possesso della porzione di terreno in contesa ormai da anni senza alcuna interruzione.

Con ordinanza del 7/6/1997 il Pretore di Bassano del Grappa ordinava la reìntegra nel possesso; l’ordinanza era confermata dal Tribunale con sentenza del 22/2/2002 sul rilievo che non era stata provata la tardività della domanda.

Le attrici proponevano appello al quale resistevano i convenuti.

La Corte di Appello di Venezia con sentenza del 9/4/2005 accoglieva l’appello e dichiarava l’improponibilità della domanda di reintegra nel possesso rilevando che:

– a seguito dell’eccezione di decadenza formulata dai convenuti, era onere degli attori e non dei convenuti provare di avere proposto entro l’anno l’azione di spoglio;

la prova non era stata raggiunta in quanto le testimonianze raccolte erano tra loro contrastanti perchè i testi delle attrici avevano dichiarato che fino al Febbraio 1997 non era presente alcuna recinzione mentre i testi dei convenuti avevano sostenuto che la recinzione esisteva e le testimonianze, sul piano dell’attendibilità, si equivalevano.

La società LE.RI s.r.l. propone ricorso per Cassazione, fondato su tre motivi, nella veste di successore a titolo particolare per avere acquistato i mappali 1203, 1209,1212, 1215 e 1206 che a suo dire comprendono una porzione dell’area controversa.

Resistono con controricorso M.B. e B.M. che, preliminarmente, eccepiscono l’inammissibilità del ricorso per non essere stato precisato, nell’impugnazione, il titolo della asserita successione non essendo stati indicati in ricorso quali fossero i beni oggetto di causa onde consentire di verificarne la corrispondenza con quelli che la società ricorrente documenta di avere acquistato.

La società Le.ri s.r.l ha depositato memoria nella quale, tra l’altro, replica all’eccezione preliminare oli controparte indicando i beni oggetto del ricorso e quelli oggetto dell’acquisto da parte di essa ricorrente.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Le produzioni di parte ricorrente, ammissibili ex art. 372 c.p.c., hanno consentito di accertare la sua successione a titolo particolare nella titolarità dei beni oggetto di causa e, quindi, la sua legittimazione ad impugnare ex art. 111 c.p.c..

2. Con il primo motivo la ricorrente deducendo la violazione dell’art. 116 c.p.c. assume che la Corte territoriale non avrebbe esaminato globalmente e complessivamente tutte le emergenze di causa e, in particolare, non avrebbe considerato:

– la condotta (che la ricorrente definisce confessione) del M. che, di fronte al P., non aveva fatto cenno a recinzioni mentre accompagnava, nel Febbraio e nel Novembre 1996, il P. lungo la linea di confine;

la documentazione fotografica che il teste B. dichiarava riferirsi al Gennaio e Marzo 1997 e nella quale non comparivano nè pali nè recinzioni che pertanto dovevano essere stati apposti successivamente.

3. Con il secondo motivo la ricorrente deducendo la violazione dell’art. 116 c.p.c. assume che la Corte di Appello avrebbe trascurato la (asserita)confessione del convenuto M. che, invitato a indicare la linea di confine, al consulente delle attrici non aveva accennato a paline o recinzioni.

4. Con il terzo motivo la ricorrente deduce la mancanza di motivazione in relazione all’art. 1168 c.c. assumendo che il giudice di appello sarebbe venuto meno all’obbligo di verificare, con adeguata motivazione l’attendibilità dei testi utilizzando le risultanze fotografiche e ogni altro elemento probatorio.

5. I tre motivi possono essere esaminati congiuntamente in quanto con essi si censura il vizio motivazionale consistente nel fatto che sarebbe stato espresso un immotivato giudizio di pari attendibilità delle contrapposte testimonianze e che se ne sarebbe tratta a conclusione che, per la ritenuta contraddittorietà della prova, non poteva dirsi assolto l’onere probatorio in merito al rispetto del termine dr un anno dallo spoglio per la proposizione della domanda;

questo apparato motivazionale avrebbe completamente trascurato gli elementi di prova che invece dimostravano, a dire della ricorrente, l’attendibilità dei testi delle attrici e l’inattendibilità dei testi dei convenuti così violando l’obbligo di valutazione di tutte le prove secondo il prudente apprezzamento.

5. L’apparato motivazionale della sentenza impugnata, pur nella sua estrema sinteticità, si regge su quattro punti:

a) la prova dell’infrannualità dello spoglio è a carico di chi propone l’azione di spoglio;

b) le uniche prove rilevanti acquisite nel processo sono le prove testimoniali;

c) queste prove sono tra loro contrastanti ed equivalenti sul piano dell’attendibilità non essendo possibile svalutare le testimonianze dei testi di parte convenuta solo per il loro rapporto di parentela;

d) conseguentemente non è raggiunta la prova dell’infrannualità dello spoglio.

La censura della società ricorrente è infondata nella parte in cui sostiene che non sarebbero stati valutati due ulteriori elementi probatori consistenti nella documentazione fotografica e nella confessione del M.: la documentazione fotografica non ha un valore probatorio autonomo quanto alla data delle foto riproducenti lo stato dei luoghi senza la recinzione, perchè la data è riferita dal teste e, quindi, si risolve in una dichiarazione testimoniale a sua volta contrastata dalle testimonianze contrarie così che il giudice nel momento in cui conclude affermando che le testimonianze favorevoli ad una parte non hanno un grado di attendibilità (o di inattendibilità) superiore a quelle favorevoli all’altra parte, implicitamente vi include la testimonianza del teste “fotografo”. La pretesa confessione del M. non è una confessione in quanto il M. è stato semplicemente silente rispetto all’esistenza della recinzione così che il giudice non aveva alcun obbligo di motivare o richiamare una circostanza del tutto irrilevante. In conclusione non può affermarsi che il giudice di appello abbia trascurato elementi di prova rilevanti, nè che abbia omesso di motivare, nè che la sua motivazione, pur sintetica, sia carente.

5. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare ai controricorrenti M.B. e B.M. le spese di questo giudizio di Cassazione che si liquidano in Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 19 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 giugno 2011

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