Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13542 del 02/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 02/07/2020, (ud. 24/02/2020, dep. 02/07/2020), n.13542

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18852-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, presso l’AVVOCATURA GENERALE

DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis

– ricorrente –

contro

CAT BALOU S.p.A., elettivamente domiciliata in ROMA, presso lo studio

dell’Avvocato GIANDOMENICO COZZI, che la rappresenta e difende

giusta procura speciale estesa a margine del controricorso

– controricorrente e ricorrente incidentale-

avverso la sentenza n. 133/37/2012 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO, depositata il 29/5/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott.ssa

ANTONELLA DELL’ORFANO

Fatto

RILEVATO

CHE:

l’Agenzia delle entrate propone ricorso, affidato ad unico motivo, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale del Lazio aveva accolto l’appello della Cat Balou S.p.A. avverso la sentenza n. 426/10/2010 della Commissione Tributaria Provinciale di Roma in parziale accoglimento del ricorso proposto avverso avviso di accertamento per rettifica delle imposte sui redditi 2002 ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 39-40, ritenendo l’Agenzia delle Entrate indeducibili i costi per acquisto merci dall’estero a regime fiscale privilegiato, con conseguente applicazione di maggiori imposte e di sanzioni;

la contribuente resiste con controricorso e formula ricorso incidentale affidato ad unico motivo

Diritto

CONSIDERATO

CHE

1.1. con unico mezzo si censura la sentenza denunciando, in rubrica, “violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42, comma 2, lett. d) e del D.P.R. n. 633, art. 55” avendo la CTR erroneamente applicato alla fattispecie la sanzione di cui al D.Lgs. 18/15/1997, n. 471, art. 8, comma 1, e non quella prevista dall’art. cit., comma 3 bis, concernente la fattispecie, come quella in esame, in cui il contribuente, prima dell’entrata in vigore della L. 27 dicembre 2006, n. 296, abbia corretto l’errore della mancata indicazione dei costi attraverso una dichiarazione integrativa dopo aver subito accessi e verifiche;

1.2. la censura è fondata;

1.3. secondo il più recente ed ormai consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. nn. 27613 del 2018, 11933 del 2016), la materia è regolata dai seguenti principi: a) con decorrenza dall’1 gennaio 2007, L. 27 dicembre 2006, n. 296 art. 1, commi 301 e 302, (il primo modificando il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 110, commi 10 e 11 – già art. 76, commi 7 bis e 7 ter, il secondo mediante l’inserimento del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 8, comma 3 bis) hanno mutato la disciplina che sanciva l’indeducibilità dei costi scaturenti da operazioni commerciali intercorse con soggetti residenti in Stati a fiscalità privilegiata (cd. paesi black list) – ove non fosse provato che i contraenti esteri svolgessero effettiva attività commerciale, che le operazioni poste in essere rispondessero ad un effettivo interesse economico, che le stesse avessero avuto concreta esecuzione e, in ogni caso, che i costi non fossero stati separatamente indicati nella dichiarazione dei redditi -, degradando la separata indicazione dei costi da presupposto sostanziale della relativa deducibilità ad obbligo di carattere formale, passibile di corrispondente sanzione amministrativa, pari al 10 per cento dell’importo complessivo delle spese e dei componenti negativi non (separatamente) indicati nella dichiarazione, con un minimo di Euro 500 ed un massimo di Euro 50.000; b) in ordine al regime transitorio dettato dalla L. n. 296 del 2006, art. 1 cit., comma 303, anche le violazioni dell’obbligo di separata indicazione dei costi in esame poste in essere prima dell’entrata in vigore della legge non comportano, di per se stesse, l’applicazione del regime di assoluta indeducibilità deì costi medesimi (e di connessa sanzionabilità del D.Lgs. n. 471 del 1997, ex art. 1, comma 2), in quanto degradate a violazioni di carattere formale, soggette alla sanzione proporzionale suddetta, alla quale (solo per le situazioni di regime transitorio e, dunque, già assoggettate al rigoroso regime d’indeducibilità) si cumula, in forza dell’ultima parte del comma 303 cit., la sanzione prevista dal D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 8, comma 1, (che, per i vizi formali della dichiarazione, prevede la sanzione amministrativa da Euro 258 a Euro 2065); c) tale lettura della disciplina di cui alla L. n. 296 del 2006, art. 1, commi 301, 302 e 303 – che è l’unica idonea a garantirne la tenuta sul piano della razionalità – non viola il principio di legalità, posto che, sotto il profilo sanzionatorio e degli effetti che ne conseguono, il regime introdotto dalla normativa sopravvenuta è, nel suo complesso, certamente meno gravoso, per il contribuente, rispetto a quello previgente (cfr. Cass. nn. 4030, 6205 e 21955 del 2015, 6338 e 6651 del 2016); d) costituiscono causa ostativa alla presentazione della dichiarazione integrativa di cui al D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8, e – più specificamente – 8 bis, non solo la contestazione della violazione, ma anche l’inizio delle operazioni di verifica, in quanto in tal caso la correzione si risolverebbe in uno strumento elusivo delle sanzioni previste dal legislatore per l’inosservanza delle prescrizioni relative alla compilazione delle dichiarazioni dei redditi (tra altre, Cass. nn. 5398 del 2012, 14999, 15285 e 15798 del 2015, 6651 del 2016); inoltre (ed anzi, sul piano logico-giuridico, ancor prima), la peculiare fattispecie in esame, in cui l’inosservanza dell’onere dell’indicazione separata dei costi deducibili impediva (prima della novella introdotta dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, commi 302 e 303) il perfezionamento della stessa fattispecie costitutiva del diritto alla deduzione di tali spese, è del tutto diversa dalle situazioni contemplate dall’art. 2 cit., commi 8 e 8 bis, poichè l’intervento emendativo non ha, in questo caso, la funzione di rideterminare correttamente componenti reddituali positivi o negativi omessi od errati, o di correggere errori di calcolo (così incidendo direttamente sul quantum di crediti e debiti esistenti al momento della presentazione della dichiarazione), ma è volto inammissibilmente a costituire ex novo un diritto – alla deduzione di determinate spese – prima inesistente, del quale, cioè, il contribuente non era già titolare (Cass. n. 24929 del 2013, nonchè le citate Cass. nn. 14999, 15285 e 15798 del 2015, 6651 del 2016);

1.4. sulla scorta dei principi dianzi illustrati deve quindi ritenersi che, in tema di reddito d’impresa, all’esito delle modifiche retroattive introdotte dall’art. 1, commi 301, 302 e 303 della L. n. 296 del 2006, e prima di quelle di cui alla L. 28 dicembre 2015, n. 208, applicabili a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015, la separata indicazione nella dichiarazione annuale dei redditi delle spese e degli altri componenti negativi inerenti ad operazioni commerciali intercorse con fornitori aventi sede in Stati a fiscalità privilegiata (cd. paesi “black list”) è un mero obbligo formale, che non ne condiziona la deducibilità e la cui violazione espone il contribuente unicamente alla sanzione amministrativa D.Lgs. n. 471 del 1997, ex art. 8, comma 3 bis, da cumulare, per le sole violazioni anteriori all’entrata in vigore della L. n. 296 del 2006, con la sanzione di cui al medesimo art. 8, comma 1, a ciò non ostando la presentazione della dichiarazione integrativa di cui al D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8, ove operata dal contribuente dopo l’avvio dei controlli, come nel caso in esame;

1.5. la sentenza impugnata collide all’evidenza con i principi di diritto espressi in tali arresti giurisprudenziali nella parte in cui ha dichiarato dovuta dalla contribuente la sola sanzione fissa di cui al D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 8, comma 1, nella misura di Euro. 2.065,80, e non anche quella proporzionale di cui all’ art. 8, comma 3 bis, pari al 10 per cento dell’ammontare dei costi non separatamente indicati in dichiarazione; 2. in conclusione, il ricorso va accolto, assorbito il ricorso incidentale (con cui si lamenta la compensazione delle spese di lite da parte della CTR), e la sentenza impugnata va cassata e rinviata alla CTR del Lazio in diversa composizione, perchè applichi i principi di diritto affermati e provveda anche sulle spese del presente giudizio.


P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, il 24 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2020

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