Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13541 del 01/07/2016

Cassazione civile sez. VI, 01/07/2016, (ud. 26/05/2016, dep. 01/07/2016), n.13541

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13752/2014 proposto da:

COMUNE di ISCHIA, in persona del Sindaco legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUNGOTEVERE DEI

MELLINI 17, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE VITOLO, che lo

rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

FRATELLI N. DI N.C. SNC, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

PORTUENSE 104 C/O DE ANGELIS ANTONIA, rappresentata e difesa

dall’avvocato GIANCARLO VIOLANTE RUGGI D’ARAGONA, giusta mandato a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1092/34/2014 della CONINLISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di NAPOLI del 29/01/2013, depositata il 4/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

26/05/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO.

La Corte:

Fatto

FATTO E DIRITTO

ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

Il relatore Cons. Dott. Giuseppe Caracciolo, letti gli atti depositati, osserva:

La CTR di Napoli ha accolto l’appello della “F.lli N. snc” – appello proposto contro la sentenza n. 724/11/2010 della CTP di Napoli che aveva disatteso il ricorso della predetta società – ed ha così annullato l’avviso di pagamento con cui l’Amministrazione comunale napoletana aveva liquidato l’imposta dovuta non solo per TARSU relativa l’anno 2007 ma anche per integrazione per l’anno 2006 del medesimo tributo.

La predetta CTR – dopo avere rilevato che l’avviso in questione contemplava “importi nettamente superiori a quelli dichiarati e corrisposti dal contribuente per gli anni pregressi” e dopo avere rilevato che la parte contribuente si era doluta per l’assenza dell’indicazione della superficie sulla quale era stata calcolata la tariffa e l’assenza di ogni ulteriore elemento posto a base dell’imposizione, così precludendosi ad essa parte contribuente l’effettuazione del controllo del computo e l’esercizio del diritto di difesa – ha motivato la decisione (per quanto qui ancora rileva) ritenendo che “l’avviso di pagamento impugnato è del tutto lacunoso in merito ai connotati essenziali della pretesa manifestata, per cui non vi è dimostrazione alcuna circa i presupposti fondanti l’imposizione”, con palese violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7.

L’Amministrazione comunale ha interposto ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo.

La parte contribuente si è difesa con controricorso.

Il ricorso – ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., assegnato allo scrivente relatore, componente della sezione di cui all’art. 376 c.p.c. – può essere definito ai sensi dell’art. 375 c.p.c..

Con il motivo di impugnazione (incentrato sulla violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7; del D.Lgs. n. 507 del 1993, artt. 70, 71 e 72, nonchè dell’art. 2948 c.c., oltre che sull’insufficiente motivazione della sentenza, quest’ultimo vizio non essendo stato in alcun modo sviluppato nel contesto del motivo) l’Amministrazione ricorrente si duole del fatto che il giudice del merito abbia omesso di considerare che le richiamate disposizioni del D.Lgs. n. 507 del 1993, escludono la necessità della notifica di un atto di accertamento che preceda l’iscrizione e molo (salvo i casi di omessa denuncia o infedele-incompleta dichiarazione) allorchè la liquidazione può essere effettuata sulla base dei ruoli precedenti e perciò sulla base di dati già acquisiti e non soggetti a modificazione o variazione. Anche nella specie di causa “si è posto in riscossione il tributo TARSU dovuto per le aree tassabili dichiarate dalla stessa contribuente come rinvenienti dai ruoli degli anni pregressi”, sicchè – in base al principio del ruolo consolidato – la originaria dichiarazione doveva considerarsi valida anche per gli anni successivi, senza necessità di emissione di avviso di accertamento.

Il motivo appare inammissibilmente proposto.

Ed infatti occorre muovere al rilievo che il giudicante ha accolto la censura di difetto di motivazione del provvedimento impositivo, in relazione all’omessa indicazione degli elementi attraverso i quali l’amministrazione era pervenuta al calcolo della tariffa pretesa per il periodo in contestazione, sulla premessa che detta tariffa risultasse di importo “nettamente superiore” a quelli degli anni pregressi, così pervenendo a considerare “lacunoso” il provvedimento impugnato in merito ai suoi stessi “connotati essenziali”.

A fronte di detto accertamento, la parte ricorrente si è limitata ad affermazioni di principio circa il sistema di liquidazione dell’imposta fondato sul criterio del “molo consolidato”, senza in alcun modo delucidare come il richiamo di siffatto criterio di liquidazione abbia a considerarsi correlato strumento di censura agli accertamenti contenuti nella decisione impugnata, nella quale infatti non si affronta minimamente l’argomento del menzionato sistema di liquidazione ma esclusivamente la questione provvedimento impositivo.

In tal modo la parte ricorrente ha correlazione ed attinenza della censura alla ratio della decisione impugnata ma ha anche (senza avere delucidato alcunchè in ordine agli antefatti di causa ed in ordine allo specifico contenuto motivazionale del menzionato provvedimento) eluso il canone di autosufficienza del ricorso per cassazione il quale ultimo deve essere nondimeno osservato allorquando si censuri una decisione per violazione della disciplina di legge.

Ed infatti: “Poichè l’interesse ad impugnare con il ricorso per cassazione discende dalla possibilità di conseguire, attraverso il richiesto annullamento della sentenza impugnata, un risultato pratico favorevole, è necessario, anche in caso di denuncia di un errore di diritto a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 3, che la parte ottemperi al principio di autosufficienza del ricorso (correlato all’estraneità del giudizio di legittimità all’accertamento del fatto), indicando in maniera adeguata la situazione di fatto della quale chiede una determinata valutazione giuridica, diversa da quella compiuta dal giudice “a quo”, asseritamente erronea” (Cass. Sez. L, Sentenza n. 9777 del 19/07/2001).

Non vi è quindi modo per trascorrere all’esame del merito del mezzo di impugnazione ed il ricorso merita di essere disatteso per la sua inammissibile formulazione.

Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per inammissibilità.

Roma, 10 dicembre 2015.

ritenuto inoltre:

che la relazione è stata notificata agli avvocati delle parti;

che non sono state depositate conclusioni scritte, nè memorie;

che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va rigettato;

che le spese di lite vanno regolate secondo la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente a rifondere le spese di lite di questo giudizio, liquidate in Euro 1.700,00 oltre al 15% per spese generali, oltre ad accessori di legge ed oltre ad Euro 100,00 per esborsi.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 26 maggio 2015.

Depositato in Cancelleria il 1 luglio 2016

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