Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13540 del 20/06/2011

Cassazione civile sez. II, 20/06/2011, (ud. 13/04/2011, dep. 20/06/2011), n.13540

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BUCCIANTE Ettore – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – rel. est. Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Vernici Mascia s.r.l., con sede in (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante sig. M.A., rappresentata e difesa per

procura a margine del ricorso dall’Avvocato Gallizzi Paolo,

elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avvocato Francesco

Guicciardi in Roma, via Germanico n. 146.

– ricorrente –

contro

P.G.L..

– intimato –

avverso la sentenza n. 622 del Giudice di pace di Sassari, depositata

il 31 maggio 2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13

aprile 2011 dal consigliere relatore dott. Mario Bertuzzi;

udite le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. FEDELI Massimo, che ha chiesto l’inammissibilità o in

subordine il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato l’8 novembre 2005, la società Vernici Mascia ricorre, sulla base di un unico motivo, per la cassazione della sentenza n. 622 del 31 maggio 2005, notificata il 26 luglio 2005, con cui il Giudice di pace di Sassari aveva respinto la sua opposizione al decreto ingiuntivo che le intimava di pagare al rag. P.G. L., commercialista, la somma di L. 1.908.000 a titolo di corrispettivo per prestazioni professionali rese in suo favore, avendo ritenuto il giudicante provata, sulla base dei documenti prodotti e dei testi escussi, l’attività professionale posta a base della richiesta monitoria.

L’intimato P.G.L. non si è costituito.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente si da atto che il Collegio ha autorizzato la redazione della motivazione della decisione in forma semplificata.

L’unico motivo di ricorso denunzia violazione o falsa applicazione degli artt. 633 e 636 cod. proc. civ. e vizio di insufficiente motivazione, assumendo che il giudice di pace avrebbe dovuto dichiarare nullo o inefficace il decreto ingiuntivo per mancanza di prova scritta, in ragione del fatto che il professionista, al momento del ricorso monitorio, aveva allegato fatture emesse nei confronti di persona diverse, provvedendo al deposito delle fatture emesse nei confronti della Vernici Mascia soltanto nel corso del giudizio. Il giudice di pace non ha quindi tenuto conto dei diversi importi indicati nelle fatture, finendo per confermare il decreto ingiuntivo per un importo diverso da quello indicato nei nuovi documenti prodotti.

Sotto altro profilo, l’affermazione del giudicante, che ha ritenuto provata la prestazione professionale del P., contrasta con la testimonianza, rimasta del tutto ignorato, resa da P.M. C., che aveva dichiarato di avere svolto lei stessa l’attività professionale nei confronti della società attrice. La sentenza è errata anche laddove ha ritenuto che la odierna ricorrente non avesse provato quanto affermato nell’atto introduttivo, atteso che era l’opposto, attore in senso sostanziale, a dover dare la prova del titolo della propria pretesa. Il mezzo è infondato.

Preliminarmente occorre precisare che la sentenza gravata, essendo stata emessa dal giudice di pace in una causa di valore non superiore a L. 2.000.000, secondo la versione dell’art. 113 cod. proc. civ., comma 2, all’epoca in vigore, deve ritenersi pronunciata “secondo equità ” (Cass. n. 26528 del 2006), con l’effetto che, in applicazione delle regole che disciplinano l’impugnabilità delle sentenze emesse “secondo equità”, la relativa decisione – pur essendo, ratione temporis, direttamente ricorribile per cassazione, per non essere, nel caso di specie, applicabile la novella dell’art. 339 cod. proc. civ. introdotta dal D.L. n. 40 del 2006 – è impugnabile soltanto per violazione della Costituzione, delle norme di diritto comunitario sopranazionale, della legge processuale e, giusta la sentenza n. 206 del 2004 della Corte costituzionale, dei principi informatori della materia, restando per contro escluse le altre violazioni di legge ed il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione (Cass. n. 6382 del 2007; Cass. n. 284 del 2007; Cass. n. 12147 del 2006).

Tanto precisato, la denunziata violazione degli artt. 633 e 636 cod. proc. civ. è infondata, atteso che la sostituzione dei documenti su cui tale censura si fonda costituisce circostanza di fatto non dimostrata, non risultando dalla sentenza impugnata e non avendo il ricorrente indicato elementi di fatto a suo sostegno.

A tale rilievo merita aggiungere che, com’è noto, l’opposizione a decreto ingiuntivo introduce un ordinano giudizio di cognizione nel quale il giudice deve accertare la fondatezza della pretesa fatta valere dall’opposto, che assume la veste sostanziale di attore (Cass. n. 2421 del 2006), con l’effetto, per quanto qui interessa, che la prova di tale diritto non rimane cristallizzata a quella fornita dal creditore al momento della proposizione del ricorso monitorio, ma è quella che, a fronte anche delle contestazioni sollevate dall’opponente, detta parte è in grado di fornire nel corso del giudizio. Correttamente, pertanto, ai fini dei giudizio sulla fondatezza del credito azionato, il giudice di pace ha preso in considerazione gli atti ed i documenti prodotti dall’opposto a sostegno della propria pretesa. Da ciò consegue che la circostanza dedotta dal ricorrente avrebbe potuto avere influenza, provocando la revoca del decreto ingiuntivo, limitatamente alla statuizione delle spese liquidate nella procedura monitoria, aspetto questo non specificatamente investito da censura.

La doglianza che lamenta l’omessa considerazione da parte del giudice di merito della deposizione testimoniale è invece inammissibile, sia perchè introduce un sindacato sull’apprezzamento delle prove non consentito in sede di giudizio di legittimità, sia perchè essa, per come formulata, non rispetta il requisito di autosufficienza, il quale impone al ricorrente per cassazione che, deduca l’omessa considerazione o erronea valutazione da parte del giudice di merito di risultanze istruttorie di riprodurre esattamente il contenuto dei documenti e delle prove che si assumono non esaminate, al fine di consentire alla Corte di valutare la sussistenza e decisività delle stesse (Cass. n. 1791 5 del 2010; Cass. n. 18506 del 2006; Cass. n. 3004 del 2004).

Analoghi rilievi vanno svolti in ordine alla critica che lamenta il fatto che il giudice di pace abbia confermato il decreto ingiuntivo sulla base di fatture indicanti un importo diverso, trattandosi di censura generica, che nemmeno specifica a quanto ammonterebbe tale diverso importo, non sorretta dal requisito di autosufficienza.

La censura che denunzia la violazione del principio dell’onere della prova è pure inammissibile, atteso che l’art. 2697 cod. civ. sull’onere della prova pone una regola di diritto sostanziale, che da luogo ad un errar in indicando non denunciabile con il ricorso per cassazione avverso le sentenze pronunciate dal giudice di pace secondo equità (S.U. 14.1.2009 n. 564; Cass. 21.10.2009 n. 22279).

Il ricorso va pertanto respinto.

Nulla si dispone sulle spese di giudizio, non avendo l’intimato svolto attività difensiva.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 13 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 giugno 2011

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