Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13540 del 02/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 02/07/2020, (ud. 24/02/2020, dep. 02/07/2020), n.13540

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16349-2013 proposto da:

D.C.M., elettivamente domiciliato in ROMA, presso lo

studio dell’Avvocato STEFANIA PONZI, che la rappresenta e difende

giusta procura speciale estesa a margine del ricorso

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, presso l’AVVOCATURA GENERALE

DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 117/35/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO, depositata il 17/4/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott.ssa

ANTONELLA DELL’ORFANO

Fatto

RILEVATO

CHE:

D.C.M. propone ricorso, affidato a tre motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale del Lazio aveva accolto l’appello erariale avverso la sentenza n. 318/19/2011 della Commissione Tributaria Provinciale di Roma in accoglimento del ricorso proposto, quale erede di D.C.E., avverso avviso di accertamento IRPEF 2003, con il quale l’Agenzia delle Entrate aveva determinato un maggior reddito imponibile in relazione a cessione di licenza taxi;

l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.1. con il primo mezzo mezzo si censura la sentenza denunciando, in rubrica, “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione” e lamentando la “illogicità ed incomprensibilità della sentenza” laddove la CTR aveva ritenuto che, avendo il contribuente proposto ricorso, ciò avesse determinato la sanatoria del vizio dell’atto impositivo relativo al difetto di motivazione, altresì affermando apoditticamente l’onerosità della cessione sulla base della mancata prova della voltura a titolo gratuito, ritenendo al contrario che l’Ufficio avesse fornito “riscontri oggettivi… (e)… presunzioni discendenti da fatti precisi, gravi e concordanti”;

1.2. la censura è infondata;

1.3. l’esplicita deduzione di un vizio di motivazione non è più esaminabile, infatti, alla stregua del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – applicabile alla sentenza impugnata in quanto pubblicata successivamente alla data 11.9.2012 di entrata in vigore della norma modificativa-, la cui riformulazione deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12, preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione, sicchè, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali, esaurendosi tale anomalia nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione (Cass. S.U. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. 10 febbraio 2015, n. 2498; Cass. 26 giugno 2015, n. 13189; Cass. 21 ottobre 2015, n. 21439), condizione che palesemente non si verifica nel caso di specie;

1.4. nel caso in esame, infatti, se da una parte il ricorrente non ha dedotto alcun omesso esame di un “fatto” inteso in senso storico/naturalistico, cioè un accadimento, ma ha lamentato l’omessa valutazione di deduzioni difensive, dall’altra va rilevato che la motivazione è logica e coerente e giustifica i motivi per cui, avendo il contribuente sottratto all’imponibile il valore della cessione, a titolo oneroso, della licenza taxi, l’Ufficio aveva emesso l’atto impositivo determinando la plusvalenza sulla base dell’indagine condotta in materia dall’Università della Tuscia e dall’Agenzia per il controllo e la qualità dei servizi pubblici locali del Comune di Roma, nonchè degli annunci di cessione ed acquisizione licenze pubblicate su internet;

2.1. con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in rubrica, “violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1, e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 2” per avere la CTR ritenuto non necessaria l’allegazione all’avviso di accertamento della Ricerca dell’Università della Tuscia, in quanto documento “pubblicat(o)” e non “atto interno dell’Amministrazione”;

2.2. con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in rubrica, “violazione del diritto di difesa ex art. 24 Cost., in relazione alla violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1, e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 2, ” non avendo la CTR rilevato la nullità dell’atto impositivo per la mancata allegazione dello studio condotto dall’Università della Tuscia;

2.3. le censure, da scrutinare congiuntamente, in quanto strettamente connesse, vanno accolte;

2.4. nella sentenza impugnata, come si è detto, l’allegazione all’atto impositivo della ricerca effettuata dall’Università della Tuscia, richiamata nell’avviso di accertamento, non è stata ritenuta obbligatoria in quanto essa “risulta(va) pubblicat(a)… e non si tratta(va)… di un atto interno dell’Amministrazione”;

2.5. con tale affermazione, tuttavia, la CTR ha violato il disposto della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, ed anche del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42, comma 2, come successivamente modificato dal D.Lgs. 26 gennaio 2001, n. 32, art. 1, comma 1, lett. c), in quanto ai sensi delle norme citate, l’obbligo di motivazione degli atti tributari può essere adempiuto anche per relationem, ovverosia mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, a condizione, però, che questi ultimi siano allegati all’atto notificato ovvero che lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale, per tale dovendosi intendere l’insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell’atto o del documento che risultino necessari e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, e la cui indicazione consente al contribuente – ed al giudice in sede di eventuale sindacato giurisdizionale – di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato nei quali risiedono quelle parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento (Cass. 25/03/2011, n. 6914), o, ancora, che gli atti richiamati siano già conosciuti dal contribuente per effetto di precedente notificazione (Cass. 25/07/2012, n. 13110);

2.6. in particolare, deve ritenersi che anche l’art. 7, comma 1, dello Statuto del contribuente (così come espressamente previsto dal D.P.R. cit., art. 42), nel prevedere che debba essere allegato all’atto dell’amministrazione finanziaria ogni documento da esso richiamato in motivazione, si riferisca esclusivamente agli atti di cui il contribuente non abbia già integrale e legale conoscenza (Cass. 4/7/2014, n. 15327);

2.7. peraltro, l’avviso di accertamento privo, in violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42 e della L. n. 212 del 2000, art. 7, di una congrua motivazione è illegittimo, senza che la stessa possa, essere “integrata” in giudizio dall’Amministrazione finanziaria, in ragione della natura impugnatoria del processo tributario (Cass. 21/05/2018, n. 12400);

2.8. alla luce di tali principi, la CTR è pertanto incorsa nell’errore denunciato laddove ha ritenuto legittimo l’avviso di accertamento motivato per relationem a documento non allegato all’atto notificato al contribuente, non riprodotto nel suo contenuto essenziale, nè altrimenti da questi conosciuto per effetto di precedente notificazione;

2.9. l’obbligo di idonea e completa motivazione, previsto dalla L. n. 212 del 2000, art. 7, è volto infatti ad assicurare al contribuente il pieno esercizio del diritto di difesa nel giudizio di impugnazione, laddove, in mancanza, egli sarebbe costretto ad un’attività di ricerca che comprimerebbe illegittimamente il suo diritto di difesa (cfr. Cass., n. 11/5/2017 n. 11623; cfr. anche Cass. n. 23/12/2019 n. 34402 in motiv.);

3. sulla scorta di quanto sin qui illustrato, in accoglimento del secondo e terzo motivo, la sentenza va dunque cassata con rinvio alla CTR del Lazio, in diversa composizione, che procederà a nuovo esame della controversia attenendosi ai principi di diritto dianzi illustrati e valutando gli ulteriori elementi assunti dall’Ufficio a base del calcolo della plusvalenza, come indicati nella sentenza impugnata (“indagine condotta, in materia di cessione di licenza taxi… dall’Agenzia per il controllo e la qualità dei servizi pubblici locali del Comune di Roma”, “indagini di mercato, annunci pubblicitari, cessioni delle licenze taxi che si aggirano intorno ad Euro 120.000,00”), e a cui resta demandata anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo e terzo motivo di ricorso, respinto il primo motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Lazio in diversa composizione, cui demanda di pronunciare anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, il 24 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2020

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