Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1354 del 22/01/2021

Cassazione civile sez. I, 22/01/2021, (ud. 13/10/2020, dep. 22/01/2021), n.1354

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13310/2019 proposto da:

E.T., elettivamente domiciliato in Brescia, Via Aldo

Moretto, 70, presso lo studio dell’Avv. Luca Zuppelli, che lo

rappresenta e lo difende;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’Interno;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA, depositato il 28/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/10/2020 da Dott. ACIERNO MARIA.

 

Fatto

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Tribunale di Ancona ha rigettato la domanda di protezione internazionale ed umanitaria proposta dal cittadino (OMISSIS) E.T.. Preliminarmente il Tribunale ha rivelato di aver reiteratamente richiesto al ricorrente il deposito della relata di notifica del provvedimento impugnato e del verbale di audizione. Le motivazioni addotte a base della decisione constano nell’impossibilità di ravvisare i requisiti legittimanti il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a), b) e c), poichè, solo alla luce delle numerose fonti internazionali consultate (si veda pag. 2-4 del decreto impugnato), la zona sud della Nigeria non risulta interessata da una situazione di violenza indiscriminata di entità tale da compromettere la vita e l’integrità fisica di un civile per la sola presenza nella zona in questione.

Con riferimento alla protezione umanitaria, il ricorrente non ha allegato circostanze particolari dalle quali desumere la presenza di una condizione di vulnerabilità in caso di rimpatrio.

Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per Cassazione il cittadino straniero. Non ha svolto difese il Ministero intimato.

Con il primo motivo di ricorso si censura la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3,D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 14 e, da ultimo, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, per non avere il Tribunale preso atto della documentazione prodotta e delle dichiarazioni precise e dettagliate rilasciate dal richiedente, nonchè per non aver attivati i poteri officiosi necessari a vagliare la reale situazione socio-politica della Nigeria.

Nel secondo motivo di ricorso si lamenta l’insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine al giudizio di non credibilità del racconto del ricorrente che secondo il ricorrente è stato motivato sulla base di mere asserzioni, inidonee a far comprendere le ragioni per cui è stato considerato privo di autenticità e di contenuto. Parimenti, anche le conclusioni relative all’insussistenza di una situazione di violenza generalizzata, nel Paese di origine, risultano prive di riferimenti concreti acquisibili dal giudice per mezzo dell’esercizio del suo dovere di cooperazione istruttoria.

Da ultimo, la difesa solleva questione incidentale di legittimità costituzionale del D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, per violazione degli artt. 77 e 111 Cost. e dei limiti previsti dalla L. n. 400 del 1988. Nello specifico, il D.L. cit. è sprovvisto dei requisiti di straordinaria necessità ed urgenza, circostanza comprovata anche dalla presenza di norme non suscettibili di immediata applicazione e dal contenuto eterogeneo, ed introduce un modello processuale non rispettoso delle regole del giusto processo sancite dall’art. 111 Cost..

I due motivi specifici di ricorso non superano il vaglio di ammissibilità per difetto di specificità. La difesa lamenta l’infondatezza di un presunto giudizio negativo di credibilità emesso dal Tribunale: il motivo è del tutto privo di pertinenza perchè manca, nel provvedimento impugnato, la valutazione relativa alla credibilità soggettiva del richiedente non essendo stato acquisito al procedimento il verbale di audizione. Tale omissione, tuttavia, non risulta censurata.

In secondo luogo, il ricorrente lamenta in maniera del tutto generica il mancato esperimento dei poteri officiosi da parte del giudice di prime cure, venendo meno all’onere di indicare le fonti che, secondo la sua prospettazione, avrebbero potuto condurre ad un diverso esito del giudizio. Come affermato dalla recente giurisprudenza di questa Corte, in mancanza di tale allegazione, si paventa l’impossibilità, per la stessa, di valutare la teorica rilevanza e decisività della censura (Cass., Sez. I, 22769/2020). Il Tribunale, d’altra parte, ha correttamente esercitato il dovere di cooperazione istruttoria, acquisendo informazioni aggiornate e precise inerenti alla zona di provenienza indicata dal ricorrente (si veda pag. 2-4 del provvedimento impugnato).

Con riferimento al giudizio prognostico negativo di vulnerabilità, esso è stato correttamente motivato dal Tribunale, posto che la difesa è venuta meno al dovere di allegare, produrre o dedurre gli elementi e la documentazione necessari a motivare la sussistenza di una determinata causa di vulnerabilità, così come richiesto dalla giurisprudenza consolidata di questa Corte (si veda Cass., Sez. III, n. 22528/2020).

In merito alla questione di legittimità costituzionale sollevata in ultima istanza, in primis, deve affermarsi la sua irrilevanza posto che il suo eventuale accoglimento non produrrebbe, di per sè, un concreto effetto nel giudizio a quo. Invero, nel caso di specie, la decisione adottata dal giudice di merito non ha trovato fondamento nella disciplina giuridica introdotta con la D.L. n. 13 del 2017, bensì nell’assenza dei requisiti legittimanti il riconoscimento delle forme di protezione richieste.

La questione è altresì manifestamente infondata poichè, come già esaminato da questa Corte (Cass., Sez. I, n. 17717/2018), la disposizione transitoria – che differisce di 180 giorni dall’emanazione del decreto l’entrata in vigore del nuovo rito – è connaturata dall’esigenza di predisporre un congruo intervallo temporale al fine di consentire alla complessa riforma processuale di entrare a regime e, di conseguenza, non si pone in contrasto con i requisiti di straordinaria necessità ed urgenza che presiedono all’emanazione dei decreti legge.

In relazione all’art. 111 Cost., questa Corte ha più volte specificato che il rito camerale di cui agli artt. 737 c.p.c. e segg., da sempre impiegato anche per la trattazione di controversie in materia di diritti e status, è idoneo a garantire l’adeguato dispiegarsi del contraddittorio con riguardo al riconoscimento della protezione internazionale. Quanto asserito rimane fermo anche nel caso in cui non sia disposta l’udienza, sia perchè tale eventualità è limitata solo alle ipotesi in cui, in ragione dell’attività istruttoria precedentemente svolta, essa appaia superflua, sia perchè in tal caso le parti sono comunque garantite dal diritto di depositare difese scritte (si rinvia sempre a Cass., Sez. I, 17717/2018). Peraltro, va tenuto conto del fatto che il procedimento giurisdizionale è preceduto da una fase amministrativa che si svolge davanti alle commissioni territoriali deputate ad acquisire, attraverso il colloquio con l’istante, l’elemento istruttorio centrale ai fini della valutazione della domanda di protezione (Cass., 27700/2018; Cass., 28119/2018).

In conclusione, il ricorso è inammissibile.

Nessuna statuizione sulle spese poichè l’Amministrazione intimata non ha svolto attività difensiva.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Sussistono i requisiti processuali per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2021

 

 

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