Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13535 del 02/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 02/07/2020, (ud. 19/02/2020, dep. 02/07/2020), n.13535

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CIRESE Marina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 3846/2014 R.G., proposto da:

l’Agenzia delle Entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore

Generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, ove per legge domiciliata;

– ricorrente –

contro

la ” B.A. & E. S.n.c.”, con sede in Monte Argentario

(GR), in persona del socio amministratore pro tempore, rappresentata

e difesa dall’Avv. Andrea De Cesaris, con studio in Grosseto,

elettivamente domiciliata presso l’Avv. Piera Mastrangeli, con

studio in Roma, giusta procura in calce al controricorso di

costituzione nel presente procedimento;

– controricorrente –

avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale

di Firenze il 18 giugno 2013 n. 66/25/2013, non notificata;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19 febbraio 2020 dal Dott. Lo Sardo Giuseppe.

Fatto

RILEVATO

CHE:

L’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale di Firenze il 18 giugno 2013 n. 66/25/2013, non notificata, che, in controversia su impugnazione del diniego della definizione agevolata dei carichi di ruolo, ha respinto l’appello proposto in via principale dalla stessa, nonchè l’appello proposto in via incidentale dalla ” B.A. & E. S.n.c.”, avverso la sentenza depositata dalla Commissione

Tributaria Provinciale di Grosseto dicembre 2010 n. 8/2/2011. La Commissione Tributaria Regionale ha confermato la decisione di prime cure sul presupposto che il legittimo affidamento della contribuente era stato ingenerato dai conteggi predisposti dal concessionario del servizio di riscossione e che i termini previsti del D.P.R. 16 ottobre 1973, n. 600, artt. 41 e s.s. non erano applicabili in tema di diniego al condono. La ” B.A. & E. S.n.c.” si è costituita con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo, si deduce violazione è falsa applicazione della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 12, della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 10 e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver erroneamente ritenuto che il ruolo consegnato al concessionario del servizio di riscossione il 10 dicembre 2001 (quindi, oltre il termine previsto dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 12, comma 2-ter, quale introdotto dal D.L. 24 giugno 2003, n. 143, art. 1, comma 2-ter, convertito nella L. 1 agosto 2003, n. 212) potesse essere definito in applicazione del principio del legittimo affidamento e che l’onere di provare la difformità della condotta della contribuente al dovere di correttezza gravasse a carico dell’amministrazione finanziaria.

2. Con il secondo motivo, si denuncia insufficiente motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio o, comunque, omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per aver tralasciato di considerare l’inidoneità di un mero prospetto dei carichi pendenti allo sviamento della contribuente e l’inescusabilità dell’errore di diritto sulla disciplina del condono in assenza di obiettiva incertezza della norma, contrasti giurisprudenziali sull’applicazione della norma o prassi contrastanti all’interno dell’amministrazione finanziaria.

3. Con il terzo ed ultimo motivo, in via subordinata, si denuncia insufficiente motivazione su fatti controversi e decisivi per il giudizio o, comunque, omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non aver verificato le modalità di predisposizione e prospettazione dei conteggi che avrebbero indotto la contribuente a chiedere la definizione.

RITENUTO CHE:

1. Il primo motivo è fondato, derivandone l’assorbimento dei restanti motivi.

1.1 Questa Corte ha già avuto occasione di affermare che, in tema di condono fiscale, ai sensi della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 12, comma 2-ter, e del D.L. 24 giugno 2003, n. 143, art. 1, comma 2-ter, convertito nella L. 1 agosto 2003, n. 212, la definizione dei carichi di ruolo pregressi effettuata in un’unica soluzione o mediante il versamento dell’80% del dovuto (accompagnato dalla dichiarazione di esercizio della facoltà di definizione agevolata), nel periodo compreso tra il 17 aprile ed il 25 giugno 2003, ha efficacia ai fini della citata L. n. 289 del 2002, art. 12 anche con riferimento ai ruoli consegnati al concessionario nel periodo tra 11 gennaio 2001 ed il 30 giugno 2001 (Cass., Sez. 6, 5 febbraio 2015, n. 2101).

Per cui, è indubbio che il limite temporale per la condonabilità dei carichi di ruolo era rappresentato dalla scadenza del 30 giugno 2001.

1.2 Per il resto, il principio dell’affidamento del contribuente non può essere invocato per l’ammissione al condono di debiti tributari che sarebbero esclusi per legge dall’ambito di applicazione temporale della disciplina clemenziale.

Nella specie, i giudici di merito hanno ritenuto che la contribuente sarebbe stata indotta in errore scusabile dalla concessionaria della riscossione mediante l’inserimento di un debito iscritto a ruolo dopo il 30 giugno 2001 in un prospetto contenente l’elenco dei ruoli condonabili e il conteggio dell’importo da versare per la definizione agevolata che sarebbe stato posto a base della domanda di condono.

Secondo l’orientamento di questa Corte (in particolare: Cass., Sez. 5, 28 febbraio 2017, n. 5105), le disposizioni che nell’ordinamento tributario danno rilevanza all’errore scusabile sono esclusivamente riferite agli istituti sanzionatori: invero, con il D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 6, comma 2, il legislatore ha affermato la non punibilità ai fini del procedimento sanzionatorio amministrativo in materia tributaria di chi sia incorso in violazione determinata da “obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione” delle disposizioni cui le violazioni si riferiscono; con la L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 10, comma 3, più in generale, si afferma il principio per cui “le sanzioni non sono comunque irrogate quando la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria”; infine, con il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 8, disposizione di natura processuale, il legislatore prevede che il giudice non applichi, nei casi anzidetti, “sanzioni, non penali previste dalle leggi tributarie”.

1.3 Tali norme, intese quale presidio del principio di collaborazione e di buona fede al quale sono improntati i rapporti tra contribuente amministrazione finanziaria, rilevano ai soli fini della non irrogazione delle sanzioni, restando, invece, sempre dovuto il tributo. L’irrogazione di sanzioni infatti – in presenza di incertezza normativa oggettiva – si porrebbe, a differenza del permanere della debenza dei tributo, in stridente contrasto con detto principio.

L’errore scusabile, quale è configurato dalle norme in questione, non rilevando, dunque, al di fuori dell’applicazione di sanzioni per violazioni tributarie, non può essere invocato laddove si tratti non già di siffatta irrogazione, bensì – come nella fattispecie in esame, ove nessuna sanzione risulta irrogata – di presunto errore circa il contenuto della norma concernente la scadenza di termine decadenziale per potersi avvalere di un istituto clemenziale (nel caso allora esaminato, si trattava di istanza di definizione di cui alla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9-bis).

1.4 Ne deriva che ammettere l’applicabilità della figura dell’errore scusabile onde consentire una sostanziale dilatazione della portata della norma oltre i limiti fissati alla insorgenza temporale delle fattispecie disciplinate significherebbe alterare la ratio stessa della fattispecie clemenziale, riconoscendo ai contribuenti la spettanza di un beneficio contra legem.

E’, dunque, palese l’errore di diritto in cui è incorso il giudice di appello (attraverso la conferma della decisione di prime cure), ritenendo che gli effetti definitori del condono si comunichino anche a debiti tributari che ne sarebbero esclusi per l’epoca di iscrizione a ruolo.

1.5 Ancora, il giudice di appello ha ritenuto che il comportamento posto in essere dall’agente della riscossione abbia violato il legittimo affidamento della contribuente, ai sensi della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 10, essendo stato espressamente invitato ad aderire al condono. Tuttavia, non rileva lo stato soggettivo del contribuente il quale abbia spontaneamente aderito all’invito dell’agente della riscossione, non essendo tale circostanza idonea ad impedire l’inefficacia della sanatoria (Cass., Sez. 5, 1 dicembre 2010, n. 24316; Cass., Sez. 5, 17 maggio 2017, n. 12254). Oltre al fatto che l’invito proposto dall’agente della riscossione, nella specie, aveva un significato esclusivamente informativo, rimanendo comunque l’amministrazione finanziaria titolare del potere di valutare i presupposti di legge per l’accesso al beneficio fiscale.

1.6 Pertanto, il ricorso deve essere accolto e l’impugnata decisione deve essere cassata; non occorrendo ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, ultima parte, con pronuncia di rigetto del ricorso originario della contribuente.

2. Possono essere compensate tra le parti le spese dell’intero giudizio, tenendo conto delle ragioni che hanno indotto alla proposizione della domanda di definizione agevolata.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo, dichiara l’assorbimento dei restanti motivi, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario della contribuente; compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 19 febbraio 2020.

Depositato in cancelleria il 2 luglio 2020

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA