Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13534 del 01/07/2016

Cassazione civile sez. un., 01/07/2016, (ud. 03/05/2016, dep. 01/07/2016), n.13534

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Primo Presidente f.f. –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di sez. –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. BRONZINI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18021-2011 proposto da:

G.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA V.

BRUNACCI 57, presso lo studio dell’avvocato DANIELA BARCHIESI, che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato BERNARDO MONTESANO

CANCELLARA, per delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4673/2010 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 10/07/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/05/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE BRONZINI;

uditi gli avvocati Angelo BARBETTI per delega orale, Pietro

GAROFOLI per l’Avvocatura Generale dello Stato;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

(declaratoria della giurisdizione del giudice ordinario).

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

C.P. classificata tra gli idonei al concorso per 984 posti di coadiutore archivista bandito nel 1995 dal Ministero dell’Interno adiva il Tribunale di Roma giudice del lavoro chiedendo che, previa declaratoria di Illegittimità dell’art. 10 CCNL e di inefficacia della procedura di riqualificazione disposta dal Ministero ai fini della copertura di parte del 5000 posti di cui alla L. n. 288 del 1999, il Ministero venisse condannato all’assunzione con ricostruzione della carriera. Assumeva la ricorrente che la L. n. 288 del 1999, art. 1 prevedeva l’assunzione di un contingente non superiore alle 5.000 unità per l’espletamento dei compiti amministrativi da parte dell’amministrazione civile del Ministero dell’interno, riservando il 35% dei posti a favore del personale della Polizia di Stato con almeno 50 anni di età, il 25% alle procedure di mobilità secondo la normativa vigente ed il 40% dei posti residui mediante l’utilizzazione delle graduatorie del concorsi espletati alla data di entrata in vigore della legge; che illegittimamente il CCNNL 2001 aveva previsto di riservare all’accesso esterno nella misura del 30% le vacanze di organico successivamente alla procedure di riqualificazione; che l’Amministrazione aveva così proceduto alla copertura dei 2002 posti disponibili nel profilo di coadiutore amministrativo per il solo personale interno attraverso le procedure di riqualificazione.

Il Tribunale dichiarava il difetto di giurisdizione; la Corte di appello con la sentenza oggi impugnata del 19.5.2010 rigettava l’appello della G. in quanto osservava che la domanda concerneva effettivamente il diritto all’assunzione e che le censure della parte si riferivano al comportamento dell’amministrazione che, anzichè procedere alla copertura dei posti disponibili per una certa quota con il criterio dello scorrimento di vecchie graduatorie, aveva invece proceduto attraverso un concorso interno di riliqualificazione del personale sul presupposto della norma contrattuale di cui all’art. 10 del CCNL che consentiva l’accesso agli esterni per i posti residuati solo all’esito del concorso interno. Alla luce della giurisprudenza di legittimità, poichè si contestava il diritto dell’amministrazione di procedere ad una nuova procedura concorsuale, la giurisdizione era del Giudice amministrativo.

Ricorre la G. con un motivo; resiste il Ministero dell’Interno con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il motivo proposto si allega la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 1165 del 2001, art. 63. La questione non riguardava le procedure concorsuali in quanto tali procedure si erano già svolte e la graduatoria era stata definita. Si era contestato da parte della ricorrente che il Ministero non avesse rispettato quanto stabilito dalla L. n. 288 del 1999; si era invece da parte dell’Amministrazione seguito il disposto di cui all’art. 10 del CCNNL con l’indizione di una procedura di riqualificazione contraria a disposizioni di legge.

La ricorrente aveva fatto valere un diritto soggettivo all’assunzione, senza porre in alcun modo in discussione le procedure concorsuali.

Il motivo appare Infondato e pertanto va rigettato.

Emerge dalla sentenza Impugnata ed anche dalle difese di parte ricorrente che il Ministero dell’Interno non ha ritenuto di utilizzare per la copertura dei posti evidenziati nel ricorso le graduatorie del concorsi già espletati (attraverso lo “scorrimento” delle stesse), ma invece ha proceduto alla copertura attraverso un concorso interno di riqualificazione del personale, sul presupposto di una previsione del Contratto collettivo integrativo che consentiva l’accesso dall’esterno solo per i posti residui all’esito dello stesso concorso interno (pag. 2 della sentenza Impugnata). Non vi dubbio, pertanto, che l’accoglimento della domanda presupponga l’accertamento della legittimità o meno del potere dell’Amministrazione di ricorrere ad un concorso Interno con consequenziale negazione degli effetti del provvedimento di indizione di procedure diverse dallo “scorrimento” delle precedenti graduatorie ancora valide. La Corte di appello sul punto ha osservato che la dichiarazione di nullità dell’art. 10 del Contratto collettivo integrativo è strumentale al detto accertamento che riguarda la decisione dell’Amministrazione di non utilizzare le graduatorie per “scorrimento”, ma di procedere altrimenti in ottemperanza ad un obbligo stipulato in via sindacale. Pertanto appare applicabile alla fattispecie in esame l’orientamento consolidato di questa Corte (già menzionato nella sentenza impugnata), che si condivide pienamente e cui si intende dare continuità, secondo il quale ” la cognizione della domanda, avanzato dal candidato utilmente collocato nella graduatoria finale, riguardante la pretesa al riconoscimento del diritto allo ” scorrimento” della graduatoria del concorso espletato, appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario, facendosi valere, al di fuori della procedura concorsuale, il diritto all’assunzione”. Ove, invece, la pretesa al riconoscimento del suddetto diritto sia consequenziale alla negazione del provvedimento di indizione di diverse procedure (nella specie di conferimento di incarichi diversi e di mobilità esterna) per la copertura di posti resisi vaganti, la contestazione investe l’esercizio del potere dell’Amministrazione, cui corrisponde n una situazione di interesse legittimo e la cui tutela spetta al giudice amministrativo, ai sensi del D.P.R. n. 165 del 200, art. 63, comma 4 (Cass. S.U. 6-5-2013 n. 10404; cfr. Cass. S.U. 18-6-2008 n. 16527; Cass. S.U. 16-11-2009 n. 21485; Cass. S. U. 13-6-2011 n. 12895; Cass. S.U. 17.7.2011 n. 14955 Cass. sez. lav. 3-62015, n. 20079). Pertanto è priva di rilievo la circostanza, sulla quale si insiste nel motivo, che la graduatoria del concorso fatto valere dal ricorrente fosse già stata approvata perchè, come già detto, l’Amministrazione ha deciso di coprire altrimenti il posto vagante e pertanto l’accoglimento della domanda presuppone un accertamento sul potere di procedere alla copertura attraverso un concorso Interno così come, per la medesima ragione, non è pertinente il richiamo alla sentenza Cass. S. U. 9-3-2007 n. 5397 (nel caso esaminato non si era In presenza di una decisione di non ricorrere allo “scorrimento” della graduatoria e di utilizzare altre procedure, per cui nel caso esaminato dalla Corte si controverteva esclusivamente del ” diritto all’assunzione”).

Pertanto la decisione impugnata appare coerente con la giurisprudenza consolidata di questa Corte e conseguentemente si deve rigettare il proposto ricorso.

Le spese di lite in favore della parte intimate seguono la soccombenza e vanno liquidate come al dispositivo.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 3.00,00 per compensi oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 3 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 1 luglio 2016

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