Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13526 del 02/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 02/07/2020, (ud. 04/02/2020, dep. 02/07/2020), n.13526

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18152-2014 proposto da:

B.G.A., elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA MARTIRI DI BELFIORE 2, presso lo studio dell’avvocato ANGELO

STEFANORI, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 81/2014 della CCMM.TRIB.REG. di PERUGIA,

depositata il 27/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

04/02/2020 dal Consigliere Dott. CAPRIOLI MAURA.

Fatto

Ritenuto che:

Con sentenza nr 81/2014 la CTR di Perugia accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la pronuncia della CTP di Perugia, con cui era stato accolto il ricorso presentato da B.G.A. nei confronti della cartella di pagamento nr (OMISSIS) riguardante l’iscrizione a ruolo delle imposte dovute e sanzioni in relazione ad un avviso di rettifica e liquidazione emesso dall’ente impositore a seguito di una denuncia di successione.

Il Giudice di appello, rigettata l’eccezione di tardività, accoglieva l’appello rilevando la legittimità del titolo posto a base dell’iscrizione a ruolo, evidenziando che la sentenza di annullamento emessa a seguito di ricorso proposto da altro condebitore nei riguardi dell’avviso di liquidazione non era passata in giudicato.

Osservava poi, con riguardo alle rimanenti censure afferenti il merito della pretesa tributaria, che le stesse avrebbero dovuto essere fatte valere avverso l’avviso di liquidazione, mentre la cartella poteva essere impugnata solo per vizi propri.

Avverso tale pronuncia B.G.A. propone ricorso per cassazione affidato ad un unico articolato motivo, cui resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

Diritto

Considerato che:

La contribuente, con un unico articolato motivo, denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1306 c.c., dell’art. 100 c.p.c., del D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 36 e del D.L. n. 262 del 2006, art. 2, commi 47, 48 e 49 convertito in L. n. 286 del 2006 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Sostiene la ricorrente che la CTR avrebbe fatto malgoverno delle norme relative all’imposta di successione con riferimento alla posizione del coerede definita con esclusivo riferimento all’art. 1306 c.c..

Osserva infatti di non aver impugnato l’avviso di liquidazione per carenza di interesse, non recando lo stesso alcun debito di imposta a suo carico, ma solo a carico del coerede R.F. (il quale fruiva, in quanto fratello della defunta, della minore franchigia di Euro 100.000,00).

Afferma che il titolo dell’obbligazione di cui è chiamata a rispondere sarebbe costituito non dall’avviso di liquidazione ma dall’iscrizione a ruolo con il quale verrebbe richiesta, non di una imposta propria ma di una altrui, assumendo pertanto la veste di responsabile di imposta e non di soggetto passivo.

Da qui l’applicazione non già dell’art. 1306 c.c., comma 2, che consente al condebitore di avvalersi del giudicato favorevole ad altro condebitore, bensì dello stesso articolo, comma 1 che, ad avviso della ricorrente, consentirebbe all’obbligato solidale, D.Lgs. n. 346 del 1990, ex art. 36 di avvalersi dell’annullamento del ruolo in base al quale si è richiesto il pagamento di un debito altrui.

Il motivo è infondato.

La Ctr ha deciso in applicazione dell’art. 1306 c.c., comma 2, senza neanche menzionare la diversa previsione di cui al motivo in esame;

– d’altronde la ricorrente si duole della mancata considerazione di detta previsione ma non specifica se e in che termini la relativa deduzione fu sottoposta all’esame del giudice di appello.

A tal fine va ricordato che “qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di specificità del motivo, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla S.C. di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione” (Cass. n. 15430/2018; n. 20694/2018);

La ricorrente ha omesso tali essenziali precisazioni, restando da aggiungere che nel controricorso dell’Agenzia delle Entrate è eccepita la novità della questione.

Va in ogni caso osservato che gli eredi sono obbligati in solido al pagamento dell’imposta nell’ammontare complessivo dovuto da loro e dai legatari, e solo l’erede che ha accettato con beneficio di inventario è tenuto nei limiti del valore della propria quota ereditaria.

La ricorrente pertanto era tenuta in via solidale, unitamente all’altro coerede R.F., al pagamento dell’imposta nell’ammontare complessivamente dovuto da entrambi come richiesto nell’avviso di liquidazione, che doveva pertanto essere impugnato.

Occorre infatti ricordare che il D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 36, comma 1, nel prevedere che gli eredi sono obbligati solidalmente al pagamento dell’imposta, nell’ammontare complessivamente dovuto da loro e dai legatari (cfr Cassazione 22523/2007), richiama la nozione di solidarietà dettata dall’art. 1292 c.c..

Questa disposizione, tra l’altro, chiarisce che l’obbligazione è in solido quando più debitori sono obbligati tutti per la medesima prestazione, in modo che ciascuno può essere costretto all’adempimento per la totalità e l’adempimento da parte di uno libera gli altri.

Di conseguenza, in presenza di una pluralità di eredi, tutti devono ritenersi obbligati per la medesima prestazione nei riguardi dell’Erario (art. 1292 c.c.), ognuno conservando diritto di regresso nei confronti degli altri condebitori.

Alla stregua delle considerazioni sopra esposte il ricorso va rigettato.

Le spese di legittimità vanno poste a carico della ricorrente secondo il principio della soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese di legittimità che si liquidano in complessive Euro 4100,00 oltre accessori di legge ed al 15% per spese generali; dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 4 febbraio 2020.

Depositato in cancelleria il 2 luglio 2020

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA