Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13525 del 30/05/2017


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Cassazione civile, sez. III, 30/05/2017, (ud. 03/05/2017, dep.30/05/2017),  n. 13525

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4560/2015 proposto da:

C.V., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI PIETRALATA

320-D, presso lo studio dell’avvocato GIGLIOLA MAZZA RICCI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIULIANO SCIALINO

giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

C.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI PIETRALATA

320-D, presso lo studio dell’avvocato GIGLIOLA MAZZA RICCI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIULIANO SCIALINO

giusta procura speciale in calce al ricorso principale;

– controricorrente –

e contro

IMPRESA VAL BUT INERTI SRL, V.G.;

– intimati –

nonchè da:

V.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

DELL’OROLOGIO, 7, presso lo studio dell’avvocato PAOLA MORESCHINI,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCESCO

CILIBERTI giusta procura speciale a margine del controricorso e

ricorso incidentale;

– ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 520/2014 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 13/08/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

03/05/2017 dal Consigliere Dott. FRANCO DE STEFANO.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

conseguita in appello, dopo la reiezione in primo grado da parte del tribunale di Tolmezzo, condanna dell’impresa esecutrice e del direttore dei lavori di ristrutturazione di una strada del Comune di Lauco per i danni cagionati al proprio fabbricato ad essa adiacente, C.V. propone ricorso per la cassazione del capo della sentenza della corte di appello di Trieste – pubblicata il 13.8.14 col n. 520 – che ha, liquidando in suo favore le spese di lite del doppio grado, omesso di riconoscerle quelle per le consulenze tecniche;

reagisce il direttore dei lavori, V.G., con controricorso e ricorso incidentale su sette motivi, cui replica la ricorrente principale con controricorso; e, mentre gli altri intimati, la Impresa Val But Inerti snc ed il Comune di Lauco, non espletano attività difensiva in questa sede, il Valle deposita altresì memoria ai sensi del penultimo periodo dell’art. 380-bis c.p.c., comma 1 (come inserito dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. f), conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197).

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

il Collegio ha disposto la redazione della motivazione in forma semplificata;

la ricorrente principale C.V. formula un “primo ed unico motivo di ricorso ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’art. 112 c.p.c. e art. 91 c.p.c.: per avere la Corte d’Appello, in violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e art. 91 c.p.c., omesso di porre a carico delle parti soccombenti le spese di CTU e CTP sostenute dalla sig.ra C.V. nel giudizio di primo grado”;

dal canto suo, il controricorrente V.G., col suo ricorso incidentale, si duole: col primo motivo, “ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”, di “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione alle caratteristiche intrinseche dell’immobile di proprietà della ricorrente”;

col secondo motivo, “ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3” di “violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c., artt. 40 e 41 c.p., circa la mancanza di nesso di causalità tra lavori eseguiti e danni da infiltrazione lamentati”; col terzo motivo, “ex art. 360, comma 1, n. 3” (sic), di “violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2043 c.c., circa la prova delle condizioni dei locali prima dei lavori”; col quarto motivo, “ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”, di “violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. (vizio di ultrapetizione), per avere, la corte di appello di Trieste, posto a carico del resistente anche le voci di danno non richieste dall’attrice”; col quinto motivo, “ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”, di “omesso esame dei fatti accertati dal ctu, quali cause dei danni riscontrati nel muretto a secco e nel selciato antistante la cucina” e di “violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c. e artt. 40 e 41 c.p., per mancanza del nesso di causa tra lavori effettuati e aggravamento delle condizioni del muro in pietrame e del selciato d’ingresso”; col sesto motivo, “ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, di “violazione e falsa applicazione dell’art. 2043, quanto alla interpretazione, da parte della corte d’appello, del requisito della colpevolezza”; col settimo motivo, “ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, di “violazione e falsa applicazione degli artt. 1227, 2043 e 2056 c.c.” e di “violazione art. 111 Cost., per contraddizione insanabile tra motivazione e dispositivo”;

il primo motivo di ricorso principale è fondato per quanto di ragione: non si può certo ipotizzare una compensazione implicita, anche in considerazione del secco tenore letterale della motivazione della gravata sentenza, che ricollega la regolazione delle spese sic et simpliciter alla soccombenza; pertanto, all’appellante principale, vittoriosa, doveva necessariamente essere riconosciuto quanto meno il rimborso di quanto eventualmente corrisposto a titolo di compensi al c.t.u.; e tuttavia, quanto alle spese di c.t.p. (nonostante la natura di allegazione difensiva tecnica utile ed opportuna a sostegno delle tesi riconosciute fondate, di quelle sostenute per produrre la relazione di c.t.p. possa effettivamente giustificare l’astratta spettanza del loro rimborso alla parte vittoriosa), non risulta dal ricorso che ella le abbia mai esposte tra le spese di cui abbia chiesto il rimborso ai giudici del merito e, quindi, sul punto il motivo di doglianza è inammissibile, come inammissibile è la produzione in questa sede di qualunque giustificativo della relativa spesa, che andava prodotto, ovviamente, al giudice del merito che avrebbe dovuto riconoscerla;

il relativo motivo va parzialmente accolto e, non essendo necessari altri accertamenti di fatto, può anche decidersi nel merito, ponendo a definitivo carico delle parti già condannate dalla corte di appello alle spese in favore della C. anche quelle per c.t.u. già liquidate nel corso del giudizio: ciò da cui discende de plano il diritto a ripetere dalle altre parti le somme già pagate a tale titolo, quale conseguenza del nuovo assetto della regolamentazione complessiva delle spese di lite;

va così esaminato il ricorso incidentale: il quale non è tardivo, per essere stato notificato il 23/03/2015 rispetto alla sentenza di appello depositata il 13/08/2014 – a termine ordinario o c.d. lungo di un anno, essendo stato il giudizio di primo grado intrapreso prima del 04/07/2009 – ed un ricorso principale a lui notificato il 13/02/2015 (con conseguente scadenza dei relativi termini il quarantesimo giorno successivo e quindi il 25/03/2015);

peraltro, i primi due motivi del detto ricorso incidentale sono inammissibili, perchè censurano la ricostruzione in fatto sul concorso di fattori causali nella determinazione del danno al fabbricato della C. e analogo discorso va fatto quanto alla lamentata inadeguata considerazione dello stato di fatto preesistente, di cui al terzo motivo: tali mezzi di censura impingono nella ricostruzione del fatto – quanto ad efficacia causale delle condotte dei condannati (le quali possono dar luogo a responsabilità per l’intero anche in presenza di fattori concausali, secondo la giurisprudenza prevalente di questa Corte di legittimità: Cass. 3893/16; Cass. 8995/15; Cass. 15991/11) operata dalla corte di merito, ma tanto che invece è sempre precluso in questa sede, a maggior ragione dopo la novella dell’art. 360 c.p.c., n. 5, che ha ridotto al minimo costituzionale il controllo in sede di legittimità sulla motivazione (Cass. Sez. U. nn. 8053, 8054 e 19881 del 2014), rimanendo comunque gli apprezzamenti di fatto se scevri, come lo sono nella specie, da quei soli ed evidenti vizi logici o giuridici ammessi dalle or ora richiamate pronunzie delle Sezioni Unite – istituzionalmente riservati al giudice del merito (tanto corrispondendo a consolidato insegnamento, su cui, per tutte, v. Cass. Sez. U. n. 20412 del 2015, ove ulteriori riferimenti);

il quarto motivo di ricorso incidentale, sul riconoscimento di voci di danno non richieste, verte sull’interpretazione della domanda in concreto dispiegata e, in quanto tale, non è adeguatamente suffragato dalla trascrizione degli atti del giudizio in base ai quali ricavare il macroscopico travisamento del petitum che solo rileverebbe in questa sede: tanto da doversi dichiarare inammissibile;

il quinto motivo, relativo all’aggravamento del danno o della situazione di fatto preesistente, come pure il sesto, quanto all’irrilevanza del concorso degli altri fattori, attengono anch’essi ad accertamenti in punto di fatto, mentre la colpa del direttore dei lavori si ricava agevolmente dal ruolo che egli era chiamato a svolgere nell’esecuzione dei lavori stessi e nelle modalità di loro esecuzione, quali accertate – con accertamento, anche in tal caso, di puro fatto e pertanto incensurabile nella presente sede di legittimità – dalla corte di appello alla stregua delle risultanze della consulenza tecnica di ufficio: sicchè essi sono inammissibili per quanto già argomentato in ordine ai primi tre motivi, pure ricordata la piena legittimità di una condanna al risarcimento dell’intero danno pure in caso di non esclusività dell’apporto causale della propria personale condotta alla determinazione del danno finale;

infine, il settimo motivo di ricorso è inammissibile, intendendo quello sostanzialmente censurare il merito della valutazione equitativa, invece di norma insindacabile in sede di legittimità, tranne il solo caso di manifesta incongruità od arbitrarietà dei criteri applicati o del risultato conseguito, anche alla stregua dell’interpretazione degli atti del processo;

il ricorso principale va quindi accolto per quanto di ragione, ma di quello incidentale deve essere senz’altro dichiarata l’inammissibilità;

per la non necessità di ulteriori accertamenti di fatto, è possibile poi decidere nel merito, ponendo a carico delle parti già condannate con la sentenza di appello anche le somme già liquidate a titolo di c.t.u. (ciò da cui discende in via diretta ed automatica, senza bisogno di specifica menzione in dispositivo per dipenderne logicamente in via immediata, l’obbligo per l’Impresa Val But e per il V. di rimborsare alla C. quanto pagato a tale titolo dalla medesima), ma non anche, attesa la vista inammissibilità delle doglianze sull’omesso riconoscimento della loro liquidazione, di quelle per spese di c.t.p.;

segue la condanna del ricorrente incidentale, integralmente soccombente, alle spese del giudizio di legittimità;

infine, va dato atto – mancando ogni discrezionalità al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – solo per il ricorso incidentale, essendo stato almeno in parte accolto quello principale, della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.

PQM

 

accoglie per quanto di ragione il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale; decidendo nel merito, pone a definitivo ed esclusivo carico della Impresa Val But Inerti snc e di V.G., tra loro in solido, altresì le spese di c.t.u. già liquidate in corso di causa.

Condanna il ricorrente incidentale al pagamento, in favore della ricorrente principale, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.400,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 3 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 30 maggio 2017

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