Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13522 del 30/05/2017

Cassazione civile, sez. III, 30/05/2017, (ud. 26/04/2017, dep.30/05/2017),  n. 13522

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29586/2015 proposto da:

MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO (OMISSIS) in persona del Ministro

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, da cui è difeso per

legge;

– ricorrente-

contro

M.D., M.L., elettivamente domiciliati in ROMA,

domiciliati ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato NINO PARISI giusta

procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrenti –

contro

A.G., + ALTRI OMESSI

– intimati –

Nonchè da:

N.G., B.B., L.A.,

M.A.G., S.C., F.S., AD.CA., S.F.,

elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA COLA DI RIENZO 92, presso

lo studio dell’avvocato ARTURO BENIGNI, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato PASQUALE ROSSI giusta procura speciale a

margine del controricorso e ricorso incidentale;

– ricorrenti incidentali –

contro

MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO (OMISSIS);

– intimato-

Nonchè da:

O.E., + ALTRI OMESSI

– ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 5094/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 15/09/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

26/04/2017 dal Consigliere Dott. SCODITTI ENRICO;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. MISTRI CORRADO, che ha chiesto

il rigetto del ricorso principale e dei ricorsi incidentali.

Fatto

RILEVATO

Con sentenza del Tribunale di Roma il Ministero delle Attività Produttive (poi dello Sviluppo Economico) venne condannato in via generica al risarcimento in favore degli attori per i danni conseguenti al dissesto delle società fiduciarie Reno e Previdenza soggette alla vigilanza del Ministero medesimo. Avverso detta sentenza fu proposto appello. In sede di giudizio di appello, dopo che all’udienza del 19 aprile 2006 il procuratore degli appellati aveva dichiarato la morte di M.F. ed il Collegio aveva dichiarato l’interruzione del processo, A.G. ed altri 826 litisconsorti notificarono in data 20 febbraio 2007 al Ministero comparsa di riassunzione allo scopo di far dichiarare l’estinzione del giudizio per mancata riassunzione del processo nel termine di legge. Con sentenza non definitiva di data 4 febbraio 2008 la Corte d’appello di Roma rigettò l’istanza di estinzione del giudizio e dichiarò prescritto il diritto di taluni degli appellati. Successivamente con sentenza definitiva n. 2813 del 2009 limitò la responsabilità del Ministero nei sensi indicati in motivazione. Con sentenza di questa Corte del 15 gennaio 2013, n. 773 fu cassata la sentenza non definitiva, con rinvio alla Corte di appello di Roma anche per le spese, e furono dichiarati inammissibili i ricorsi proposti contro la sentenza definitiva, con compensazione delle spese.

Con sentenza del 15 settembre 2015 la Corte di appello di Roma dichiarò l’estinzione del giudizio con compensazione delle spese. Osservò la Corte territoriale che la Corte di cassazione aveva richiamato il principio di diritto enunciato da Cass. Sez. U. 30 marzo 2008, n. 7443 secondo cui l’evento della morte o della perdita della capacità processuale della parte costituita che sia dichiarato in udienza o notificato alle altre parti dal procuratore della stessa parte colpita da uno di detti eventi produce, ai sensi dell’art. 300 c.p.c., comma 2, l’effetto automatico dell’interruzione del processo dal momento di tale dichiarazione o notificazione e il conseguente termine per la riassunzione, in tale ipotesi, come previsto in generale dall’art. 305 c.p.c., decorre dal momento in cui interviene la dichiarazione del procuratore o la notificazione dell’evento, ad opera dello stesso, nei confronti delle altre parti, senza che abbia alcuna efficacia, a tal fine, il momento nel quale venga adottato e conosciuto il provvedimento giudiziale dichiarativo dell’intervenuta interruzione (avente natura meramente ricognitiva) pronunziato successivamente e senza che tale disciplina incida negativamente sul diritto di difesa delle parti. Aggiunse il giudice di appello che si era verificata l’estinzione per la mancata riassunzione nel termine semestrale dalla dichiarazione in udienza del procuratore della parte e che non costituiva evento impeditivo del decorso del termine l’assenza del procuratore del Ministero all’udienza, non incidendo il sistema delineato sul diritto di difesa, come rilevato dalla Corte di Cassazione, e reputandosi conosciute dalle parti assenti le ordinanze pronunciate dal giudice in udienza. Affermò infine che, essendo la pronuncia delle Sezioni Unite successiva alla sentenza di appello, non avendo neanche le controparti del Ministero tempestivamente riassunto il giudizio ed essendo A. ed altri anche appellanti, sussistevano giusti motivi per la compensazione delle spese.

Ha proposto ricorso per cassazione il Ministero dello Sviluppo Economico sulla base di sei motivi e resistono con controricorso sia O.A. ed altri che Ad.Ca. ed altri. Ciascuna delle parti controricorrenti ha proposto ricorso incidentale sulla base di un motivo. Hanno proposto controricorso anche M.D. e M.L.. E’ stato fissato il ricorso in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2. Il pubblico ministero ha depositato le conclusioni scritte. E’ stata presentata memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Va disattesa preliminarmente l’eccezione di tardività del ricorso sollevata da una delle parti controricorrenti. Il termine di scadenza per la notifica del ricorso il giorno 12 dicembre 2015 era di sabato, sicchè tempestiva è stata la notifica del ricorso il 14 dicembre 2015. Va rilevata anche l’inammissibilità del controricorso proposto da M.D. e M.L., tardivamente depositato in data 22 marzo 2017.

Con il primo motivo del ricorso principale si denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Osserva il ricorrente in via principale che la Corte di appello aveva omesso di pronunciare sull’eccezione secondo cui l’istanza di riassunzione allo scopo di far dichiarare l’estinzione formulata da ” A.G. + 826″ impediva di identificare individualmente le parti che avevano chiesto dichiararsi l’estinzione, con la conseguenza che, dovendo l’estinzione essere eccepita con la prima difesa, la parte interessata doveva ritenersi decaduta dalla possibilità di sollevarla.

Il motivo è inammissibile. Il mancato esame da parte del giudice di una questione puramente processuale non è suscettibile di dar luogo al vizio di omissione di pronuncia, il quale si configura esclusivamente nel caso di mancato esame di domande od eccezioni di merito, ma può configurare un vizio della decisione per violazione di norme diverse dall’art. 112 c.p.c., se, ed in quanto, si riveli erronea e censurabile, oltre che utilmente censurata, la soluzione implicitamente data dal giudice alla problematica prospettata dalla parte (Cass. 12 gennaio 2016, n. 321; 6 dicembre 2004, n. 22860). Ed invero la decisione di accoglimento della domanda della parte comporta anche la reiezione dell’eccezione contraria alla domanda stessa, avanzata dalla controparte, dovendosi ritenere implicita la statuizione di rigetto ove la pretesa o l’eccezione non espressamente esaminata risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia (Cass. 11 settembre 2015, n. 17956; 4 ottobre 2011, n. 20311; 10 maggio 2007, n. 10696).

Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli art. 307 c.p.c., comma 4, art. 125 c.p.c., comma 1, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Osserva il ricorrente, ove si ritenga intervenuto il rigetto implicito dell’eccezione, che è indispensabile identificare la parte che ha proposto l’eccezione di estinzione, sicchè a tutto concedere l’eccezione è da reputare proposta solo da A.G., mentre per gli altri il processo doveva proseguire.

Il motivo è inammissibile. La sentenza della Corte di Cassazione, che ha accolto il motivo di ricorso avente ad oggetto il rigetto dell’eccezione di estinzione, ha valutato esistente l’interesse ad impugnare la sentenza non definitiva di appello evidentemente per essere stata proposta l’eccezione di estinzione. Se infatti tale interesse non fosse stato ritenuto sussistente il ricorso sarebbe stato dichiarato inammissibile, quanto meno per le parti diverse da A.G., stando alla prospettazione contenuta nel motivo di censura. Avere accolto il ricorso proposto da tutti i ricorrenti vuoi dire invece avere ritenuto esistente l’interesse ad impugnare e dunque sollevata l’eccezione di estinzione. I termini della controversia, così come risultanti dalla sentenza di annullamento della Corte di Cassazione, non sono modificabili.

Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli art. 383 c.p.c., comma 1, art. 384 c.p.c., comma 1, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Osserva il ricorrente che il giudice di legittimità, chiarito che presupposto per la decorrenza del termine è la dichiarazione dell’evento interruttivo e non la pronuncia dell’ordinanza di interruzione, ha rimesso al giudice del rinvio di stabilire se ricorressero le condizioni della fattispecie processuale di estinzione e che non è stata esaminata dalla Corte di Cassazione la questione dell’assenza all’udienza del 16 aprile 2006 dell’Avvocatura dello Stato. Aggiunge che ai fini del decorso del termine occorre la conoscenza effettiva e che il Ministero all’udienza non era presente.

Il motivo è infondato. Come affermato da Cass. Sez. U. 30 marzo 2008, n. 7443 (conforme Cass. 15 gennaio 2013, n. 773), l’evento della morte o della perdita della capacità processuale della parte costituita che sia dichiarato in udienza o notificato alle altre parti dal procuratore della stessa parte colpita da uno di detti eventi produce l’effetto automatico dell’interruzione del processo dal momento di tale dichiarazione o notificazione e il conseguente termine per la riassunzione, in tale ipotesi, decorre dal momento in cui interviene la dichiarazione del procuratore o la notificazione dell’evento, ad opera dello stesso, nei confronti delle altre parti, senza che tale disciplina incida negativamente sul diritto di difesa delle parti. Ai fini dell’integrazione della fattispecie processuale dell’interruzione, e della correlativa decorrenza del termine per la riassunzione del processo, è sufficiente la dichiarazione in udienza, mentre non è richiesto che all’udienza sia presente la controparte. Si tratta del resto di conclusione coerente al sistema processuale se si pensa che in base all’art. 176, comma 2, le ordinanze pronunciate in udienza si ritengono conosciute dalle parti che erano assenti e dovevano comparirvi.

Con il quarto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’ art. 134 c.p.c., art. 176 c.p.c., comma 2, artt. 305 e 307 c.p.c., artt. 14 e 111 Cost., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Osserva il ricorrente che il giudice di appello, riconoscendo che l’ordinanza pronunciata in udienza si ritiene conosciuta dalla parte assente, è caduto in contraddizione ín quanto il punto di riferimento della decorrenza del termine è la dichiarazione e non l’ordinanza e gli artt. 134 e 176 prevedono la presunzione di conoscenza solo per le ordinanze, e che la questione su cui Cass. Sez. U. 30 marzo 2008, n. 7443, e con essa Cass. 15 gennaio 2013, n. 773, si sono discostate dai precedenti era il punto di riferimento della decorrenza del termine, ma non la questione della presenza in udienza del procuratore dalla parte interessata alla riassunzione, rispetto alla quale deve ritenersi la presenza in udienza presupposto imprescindibile di conoscenza legale dell’atto (la dichiarazione dell’evento interruttivo), come affermato da Cass. 19 maggio 2014, n. 10968.

Il motivo è inammissibile. Il principio di diritto cui il giudice del rinvio doveva attenersi è che l’evento della morte della parte costituita che sia dichiarato in udienza produce l’effetto automatico dell’interruzione del processo dal momento di tale dichiarazione e il conseguente termine per la riassunzione, in tale ipotesi, decorre dal momento in cui interviene la dichiarazione del procuratore. Ai fini del completamento della fattispecie processuale dell’interruzione, e della correlativa decorrenza del termine per la riassunzione del processo, il principio di diritto in discorso non contempla che all’udienza in cui sia stata resa la dichiarazione fosse presente la controparte. I limiti e l’oggetto del giudizio di rinvio sono quindi segnati dal suddetto principio di diritto cui il giudice di merito doveva attenersi (per inciso si osserva che il caso alla base di Cass. 19 maggio 2014, n. 10968, richiamata dal ricorrente, presentava la peculiarità dell’ordinanza dichiarativa dell’interruzione per morte del procuratore di una delle parti resa in udienza in mancanza di entrambe le parti e che la Corte ha affermato nell’occasione che il giudice avrebbe dovuto rinviare l’udienza ai sensi del combinato disposto degli artt. 181 e 309 c.p.c., ovvero, avuta informale notizia della morte del procuratore di una delle due parti, disporre che dell’ordinanza dichiarativa dell’interruzione resa in udienza in mancanza di entrambe le parti fosse data comunicazione al procuratore della parte appellante).

Con il quinto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Osserva il ricorrente, in subordine, che la Corte di appello ha omesso di pronunciare in ordine all’istanza di rimessione in termini presentata nella comparsa di risposta in appello stante l’overruling processuale.

Con il sesto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli art. 111 Cost., art. 184 bis c.p.c.,(applicabile ratione temporis), art. 153 c.p.c., comma 2, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Osserva il ricorrente, in ulteriore subordina, che, ove si ritenga intervenuto il rigetto implicito dell’istanza di rimessione in termini, va evidenziato, in omaggio a Cass. 11 luglio 2011, n. 15144, che Cass. Sez. U. 30 marzo 2008, n. 7443, senza menzionare il problema della presenza in udienza del procuratore della parte interessata, avrebbe ribaltato con i caratteri dell’overruling l’orientamento assolutamente consolidato che richiedeva la presenza in udienza del procuratore della parte interessata ai fini della decorrenza del termine per la riassunzione, sicchè sussistevano i presupposti per la rimessione in termini ai sensi dell’art. 184 bis c.p.c., (applicabile ratione temporis), e comunque dell’art. 153 c.p.c., comma 2.

I motivi quinto e sesto, da valutare unitariamente, sono infondati. Come è noto, il mutamento della propria precedente interpretazione della norma processuale da parte del giudice della nomofilachia (c.d. overruling), il quale porti a ritenere esistente, in danno di una parte del giudizio, una decadenza od una preclusione prima escluse, opera come interpretazione correttiva che si salda alla relativa disposizione di legge processuale “ora per allora”, nel senso di rendere irrituale l’atto compiuto in base all’orientamento precedente; tuttavia, ove l’overruling si connoti del carattere dell’imprevedibilità (per aver agito in modo inopinato e repentino sul consolidato orientamento pregresso), si giustifica una scissione tra il fatto (e cioè il comportamento della parte risultante ex post non conforme alla corretta regola del processo) e l’effetto, di preclusione o decadenza, che ne dovrebbe derivare, con la conseguenza che deve escludersi l’operatività della preclusione o della decadenza derivante dall’overruling nei confronti della parte che abbia confidato incolpevolmente nella consolidata precedente interpretazione della regola stessa (Cass. Sez U. 11 luglio 2011, n. 15144).

Con riferimento alla questione posta nel ricorso, e cioè la subordinazione della decorrenza del termine per la riassunzione alla circostanza della presenza in udienza del procuratore della parte interessata, deve escludersi l’effetto di overruling con i caratteri di imprevedibilità di Cass. Sez. U. 30 marzo 2008, n. 7443. Le Sezioni Unite, fra l’orientamento assolutamente maggioritario della giurisprudenza secondo cui nell’ipotesi di eventi interruttivi che colpiscano la parte costituita in giudizio a mezzo di procuratore l’interruzione del processo si verifica dal momento in cui il procuratore della parte dichiara in udienza l’evento interruttivo che ha colpito il proprio assistito o lo notifica alle altre parti, con la conseguenza che da tale momento decorre il termine semestrale per la riassunzione, e quello minoritario secondo cui il termine per la riassunzione decorre dal giorno dell’emissione dell’ordinanza dichiarativa dell’interruzione quando di essa sia stata data lettura in udienza alla presenza del procuratore della parte interessata alla riassunzione o, in difetto di tale lettura, dal giorno in cui detta parte sia venuta a conoscenza in forma legale della pronunzia a seguito della sua comunicazione o notificazione, ha optato per l’orientamento prevalente. Non si è trattato dunque di un overruling che abbia agito in modo inopinato e repentino sul consolidato orientamento pregresso, ma dell’affermazione e consolidamento dell’orientamento della giurisprudenza prevalente.

Se si esaminano poi i precedenti richiamati nel motivo di censura, si constata che Cass. 17 gennaio 2002, n. 440 si è limitata ad equiparare alla notifica della dichiarazione o certificazione dell’evento interruttivo, la lettura in udienza dell’ordinanza di interruzione determinata dal decesso del procuratore costituito, effettuata alla presenza del procuratore costituito della parte interessata alla riassunzione e che Cass. 19 gennaio 2006, n. 974 si è limitata a riprendere tralaticiamente quanto enunciato da Cass. n. 440 del 2002, mentre Cass. 25 maggio 2007, n. 12245 si è limitata a richiamare quest’ultima. Dall’altra parte c’era, sempre con riferimento all’ordinanza di interruzione, Cass. 29 aprile 2003, n. 6654 (e già prima Cass. 18 giugno 1986, n. 4069), che prescindeva dalla presenza del procuratore in udienza ai fini della decorrenza del termine per la riassunzione. Dunque, anche restando sul piano della tesi dell’efficacia dell’ordinanza dichiarativa dell’interruzione ai fini della decorrenza del termine, non si registra il consolidato orientamento di cui si fa menzione nel motivo di censura.

Passando al ricorso incidentale proposto da Ad.Ca. ed altri, con l’unico motivo di ricorso si denuncia violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., e 24 Cost.. Osservano i ricorrenti in via incidentale che Ad.Ca. ed altri non avevano proposto appello e che la scelta di riassumere il processo era propria della parte. Aggiungono che la pronuncia delle Sezioni Unite aveva messo un punto fermo su una situazione ormai pacifica, e nonostante ciò il Ministero aveva insistito nella sua posizione, e che il giudice di appello aveva disatteso la sentenza di annullamento la quale aveva rinviato per le spese al giudice di merito.

Con l’unico motivo del ricorso incidentale proposto da O.A. ed altri si denuncia violazione e falsa applicazione degli secondo la formulazione introdotta con il D.L. n. 132 del 2014, art. 384, art. 385, art. 91, art. 92, comma 2, art. 360, c.p.c., comma 1, n. 4. Osservano i ricorrenti in via incidentale che la Corte d’appello doveva uniformarsi alla sentenza di annullamento la quale aveva rinviato al giudice di merito anche per le spese e che i giusti motivi non aveva alcuna giustificazione non avendo A.G. +826 alcun interesse a riassumere il giudizio, se non per far dichiarare l’estinzione.

I ricorsi incidentali sono infondati. Va premesso che non trova applicazione l’art. 92 c.p.c., comma 2, secondo la formulazione introdotta con D.L. n. 132 del 2014, art. 13, comma 1, non trattandosi di giudizio introdotto successivamente all’entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge. Deve inoltre rammentarsi che poichè il sindacato della Suprema Corte è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa, esula da tale sindacato e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di compensare, in tutto o in parte, le spese di lite (fra le tante Cass. 4 febbraio 2015, n. 1997; 6 ottobre 2011, n. 20457; 31 luglio 2006, n. 17457).

La cassazione della decisione impugnata con rinvio al giudice di merito anche per le spese non va intesa come vincolo del giudice di merito a provvedere sulle spese secondo il criterio della soccombenza nel giudizio di legittimità. In tema di spese processuali, il giudice del rinvio, cui la causa sia stata rimessa anche per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, si deve attenere al principio della soccombenza applicato all’esito globale del processo, piuttosto che ai diversi gradi del giudizio ed al loro risultato, sicchè non deve liquidare le spese con riferimento a ciascuna fase del giudizio, ma, in relazione all’esito finale della lite, può legittimamente pervenire ad un provvedimento di compensazione delle spese, totale o parziale, ovvero, addirittura, condannare la parte vittoriosa nel giudizio di cassazione – e, tuttavia, complessivamente soccombente – al rimborso delle stesse in favore della controparte (Cass. 9 ottobre 2015, n. 20289 e 18 giugno 2003, n. n. 9690; si vedano anche fra le tante Cass. 12 settembre 2014, n. 19345; 7 febbraio 2007, n. 2634; 10 marzo 2004, n. 4909). L’assenza del vincolo in relazione all’esito del giudizio di cassazione consente quindi l’esercizio del potere discrezionale di compensazione delle spese, salvi pur sempre i limiti previsti dalla legge processuale.

Stante la reciproca soccombenza va disposta la compensazione delle spese processuali.

Poichè i ricorsi, principale ed incidentale, sono stati proposti successivamente al 30 gennaio 2013 e vengono disattesi, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1 quater all’art. 13 T.U. di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte delle parti ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

 

Rigetta il ricorso principale e i ricorsi incidentali. Dichiara l’inammissibilità del controricorso proposto da M.D. e M.L.. Compensa integralmente le spese processuali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti incidentali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e per i ricorsi incidentali, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 26 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 30 maggio 2017

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