Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13520 del 02/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 02/07/2020, (ud. 30/01/2020, dep. 02/07/2020), n.13520

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20430-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

B.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CRESCENZIO 91,

presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO LUCISANO, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato MARIA SONIA VULCANO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 45/2013 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di

BRESCIA, depositata il 08/04/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30/01/2020 dal Consigliere Dott. MAISANO GIULIO.

Fatto

RILEVATO

che con sentenza n. 45/66/13 pubblicata l’8 aprile 2013 la Commissione tributaria regionale della Lombardia sezione distaccata di Brescia ha accolto l’appello proposto da B.P. avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Brescia n. 27/7/11 con la quale era stato rigettato il suo ricorso avverso l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) emesso nei suoi confronti dall’Agenzia delle entrate e con il quale era stato recuperato a tassazione il maggior valore di un terreno ceduto dal medesimo B. nel 2004 per Euro 1.030.000,00 dichiarato a fronte del valore di Euro 1.600.750,00 accertato ai fini della tassa di registro con sentenza passata in giudicato;

che la Commissione tributaria regionale ha considerato che il valore accertato ai fini della tassa di registro non vincolava ai fini delle imposte dirette, stante la diversità dei presupposti impositivi, dovendosi considerare, ai fini dell’imposta diretta in questione, il prezzo effettivamente ricevuto per la vendita del bene e documentato dal contribuente;

che l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza affidato a tre motivi;

che B.P. resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 67 e 68 anche in combinato disposto con l’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. In particolare si deduce che erroneamente la Commissione tributaria regionale aveva affermato l’irrilevanza dell’accertamento del valore del bene ceduto eseguito ai fini dell’imposta di registro, in quanto tale accertamento di valore costituisce una presunzione particolarmente qualificata riguardo alla corrispondenza dell’importo accertato con il prezzo effettivamente riscosso per la cessione del bene, con conseguente inversione dell’onere della prova in capo al contribuente;

che con il secondo motivo si deduce la nullità della sentenza per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, art. 132 disp. att. c.p.c.e art. 118 disp. att. c.p.c., comma 2, n. 4 e vizio di motivazione apparente in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 In particolare si assume che il giudice dell’appello non avrebbe indicato le prove che afferma avere fornito il contribuente a sostegno del prezzo effettivamente riscosso per la cessione del bene in questione;

che con il terzo motivo si lamenta omessa ovvero insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. In particolare si deduce che la Commissione tributaria regionale non avrebbe indicato gli elementi di prova addotti dal contribuente per contrastare la presunzione del valore data dall’accertamento eseguito ai fini dell’imposta di registro;

che i primi due motivi possono essere trattati congiuntamente riferendosi entrambi alla prova del prezzo a cui effettivamente è stato ceduto il bene in questione. Le argomentazione della ricorrente relative all’onere della prova che incombe sul contribuente in relazione all’effettivo prezzo di vendita del terreno in questione sono esatte, ma il giudice dell’appello ha fatto corretta applicazione dei relativi principi, non limitandosi ad affermare l’inidoneità, ai fini dell’imposta diretta, del valore accertato ai fini dell’imposta di registro, ma affermando anche che il contribuente ha fornito la prova dell’ammontare del prezzo riscosso. Riguardo a tale prova, sebbene non sia stata specificamente indicata, viene fatto riferimento alla prova documentale prodotta nel precedente giudizio di primo grado e non oggetto di contestazione;

che il terzo motivo, comunque infondato per quanto affermato sopra riguardo ai primi due motivi, è inammissibile non tenendo conto della nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 applicabile alla fattispecie in esame ratione temporis;

Le spese vengono compensate in ragione della mancata specifica indicazione della prova fornita dal contribuente e che ha indotto l’Agenzia delle Entrate al ricorso comunque infondato;

che non sussistono i presupposti per il versamento, a carico del soccombente, del versamento, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto ai sensi del medesimo art. 13, comma 1-bis, in quanto tale versamento non può aver luogo per quelle parti, come le Amministrazioni dello Stato, che siano istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo stesso, mediante il meccanismo della prenotazione a debito.

P.Q.M.

la Corte di Cassazione rigetta il ricorso; Compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2020.

Depositato in cancelleria il 2 luglio 2020

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