Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1352 del 22/01/2021

Cassazione civile sez. I, 22/01/2021, (ud. 13/10/2020, dep. 22/01/2021), n.1352

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12282/2019 proposto da:

I.J.O., elettivamente domiciliato in Roma, Via

Liegi 35/b, presso lo studio dell’avvocato Colagrande Roberto, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Vichi Stefano;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA, depositato il 14/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/10/2020 da Dott. ACIERNO MARIA.

 

Fatto

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Tribunale di Ancona ha rigettato la domanda di protezione internazionale ed umanitaria proposta dal cittadino (OMISSIS) I.J.O..

Con riferimento al riconoscimento dello status di rifugiato, il Collegio ha condiviso il giudizio negativo di credibilità del ricorrente espresso dalla C.T. anconetana, atteso che la vicenda non è stata circostanziata adeguatamente in relazione ai fatti essenziali determinanti l’espatrio. In particolare, gli asseriti tentativi di affiliazione forzata all'(OMISSIS) da parte dello zio sono privi di dettagli.

In merito alla protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b), attesa la non credibilità del ricorrente, non sono emersi elementi sufficienti a comprovare il rischio di subire torture o altre forme di trattamenti inumani o degradanti, tenuto conto che nello Stato di provenienza sono presenti istituzioni in grado di fornire adeguata protezione in caso di pericolo effettivo.

Tantomeno è risultata integrata l’ipotesi di danno grave di cui dell’art. 14, lett. c) D.Lgs. cit.. Invero, alla luce delle informazioni aggiornate acquisite dall’EASO (pag 7-9 del provvedimento impugnato), l’adesione all'(OMISSIS), società segreta di cui sarebbe membro lo zio del richiedente, rimane in linea di principio volontaria e non si registrano casi di minacce e violenze nei confronti di persone che hanno rifiutato di arruolarsi. In ogni caso non vi è prova del fatto che il ricorrente abbia chiesto protezione alle autorità pakistane e che questa gli sia stata negata.

Da ultimo, è stato negato il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, poichè non si ravvisano condizioni individuali di elevata vulnerabilità che, ancorchè credibili e giustificate, precludano, in caso di rimpatrio, la possibilità di soddisfare i bisogni e le esigenze ineludibili di vita personale.

Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per Cassazione il cittadino straniero. Ha resistito con controricorso il ministero dell’Interno.

Con il primo motivo di ricorso si lamenta la violazione degli artt. 24 e 111 Cost. e dell’art. 101 c.p.c., posto che il Collegio giudicante ha delegato l’audizione del richiedente ad un G.O.T. estraneo alla composizione del Collegio stesso. Pertanto, il decreto impugnato è stato emesso sulla base della sola lettura delle dichiarazioni riportate nel verbale di udienza, con conseguente violazione del diritto della parte di fornire informazioni relative ai presupposti della domanda di protezione direttamente ai giudici che sono tenuti a decidere.

Nel secondo motivo di ricorso si censura la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, per avere il Tribunale acquisito informazioni carenti del requisito della precisione, in quanto prevalentemente e genericamente riferite alla Nigeria e non allo Stato dell’Edo, zona specifica di provenienza indicata dal ricorrente. Più precisamente, il Tribunale riporta informazioni sporadiche e generiche sullo Stato dell’Edo, limitandosi a citare un report dell’EASO del 2017, in cui si segnala laconicamente che “nello Stato dell’Edo, alcune personalità politiche hanno fornito armi ai giovani per spingerli alla violenza politica. Queste armi non sono state raccolte dopo le elezioni e sono state utilizzate in attività criminali come sequestri, rapine a mano armata, uccisione degli agenti di polizia e assassini politici. Tuttavia, in un’indagine sulla violenza in Nigeria, Edo è risultato l’ottavo degli stati del Delta del Niger, il che significa che numerose altre aree di questa regione si trovano in una situazione peggiore rispetto allo Stato dell’Edo”.

In realtà, una ricerca più approfondita avrebbe portato il giudice del merito a conclusioni diametralmente opposto poichè, come riportato dal report del Centro Ricerche Protezione Internazionale del 2018 (si veda pag. 6 del ricorso per Cassazione), lo Stato dell’Edo è uno dei più violenti del Delta del Niger essendo teatro di numerose proteste, atti di criminalità, rapimenti, violenza domestica e scontri tra bande, culti, gruppi politici e comunità. In conclusione, un accertamento puntuale circa la situazione di violenza generalizzata presente nella zona specifica di provenienza indicata dal ricorrente avrebbe legittimato il rilascio quantomeno delle protezioni minori, ossia di quella sussidiaria ed umanitaria.

Il primo motivo di ricorso è infondato dal momento che la giurisprudenza di questa Corte cui si presta in adesione, ha ripetutamente escluso la nullità del procedimento nell’ambito del quale il Collegio della Sezione Specializzata in materia di immigrazione abbia delegato ad un giudice onorario di tribunale il compito di procedere all’audizione del richiedente, riservandosi la decisione della causa all’esito di tale adempimento: in proposito, infatti, è stata richiamata la disciplina introdotta dal D.Lgs. n. 116 del 2017, recante la riforma organica della magistratura onoraria, precisamente le disposizioni dettate dall’art. 10, che consente ai giudici professionali di delegare, anche nei procedimenti collegiali, compiti e attività ai giudici onorari, ivi compresa l’assunzione di testimoni, e dall’art. 11, il quale esclude l’assegnazione dei fascicoli ai giudici onorari soltanto per specifiche tipologie di giudizi, tra i quali non sono compresi quelli di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis (cfr. Cass., Sez. I, n. 23983 del 2020; Cass., Sez. I, n. 7878 del 2020; Cass., Sez. I, n. 4887 del 2020; Cass., Sez. I, n. 3356 del 2019).

Il secondo motivo è inammissibile.

La difesa ha indicato fonti informative diverse da quelle allegate dal Tribunale le quali, secondo la lettura di parte ricorrente, porterebbero ad un giudizio sulla situazione del paese di origine del ricorrente contrapposto a quello del Tribunale Tuttavia, dall’esame comparativo delle due fonti si rileva una sostanziale coerenza di informazioni in relazione ai casi di violenza riscontrabili nell’Edo State essendo divergente soltanto la valutazione, attinente al merito, finale. Ciò determina l’inammissibilità della censura. (Cass., Sez. I, n. 26728/2019). In relazione alla domanda di protezione umanitaria si deve aggiungere che non risulta allegata alcuna situazione di vulnerabilità (Cass., Sez. III, n. 22528/2020). In conclusione il ricorso deve essere rigettato.

Le spese processuali non sono ripetibili perchè il controricorso non contiene difese pertinenti ai motivi di ricorso.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Dichiara non ripetibili spese processuali.

Sussistono i requisiti processuali per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2021

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