Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13518 del 03/06/2010

Cassazione civile sez. III, 03/06/2010, (ud. 06/05/2010, dep. 03/06/2010), n.13518

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

G.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA

MELORIA 52, presso lo studio degli avvocati IMPROTA VINCENZO, IMPROTA

GENNARO, MANCUSI LUCIA, che lo rappresentano e difendono, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

D.R., D.E., elettivamente domiciliati in

ROMA, PIAZZA AUGUSTO IMPERATORE 22, presso lo studio dell’avvocato

ANDREA CUCCIA, rappresentati e difesi dall’avvocato BOCCHINI ROBERTO,

giusta mandato a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2978/2008 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del

2.6.08, depositata l’1/09/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/05/2010 dal Consigliere Relatore Dott. MASSERA Maurizio;

udito per il ricorrente l’Avvocato Vincenzo Improta che si riporta ai

motivi di ricorso;

udito per i controricorrente l’Avvocato Andrea Cuccia (per delega

avv. Roberto Bocchini) che si riporta ai motivi del controricorso;

E’ presente il P.G. in persona del Dott. ANTONIETTA CARESTIA che

nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

La Corte, letti gli atti depositati:

 

Fatto

OSSERVA

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Con ricorso notificato il 19 giugno 2009 G.L. ha chiesto la cassazione della sentenza, notificata il 27 aprile 2009, depositata in data 1 settembre 2008 dalla Corte d’Appello di Napoli, confermativa della sentenza del Tribunale di Torre Annunziata, che aveva rigettato la domanda di condanna di D.E. e D.R. a restituirgli L. 80.873.000.

Gli intimati hanno resistito con controricorso.

2 – I due motivi del ricorso risultano inammissibili, poiche’ la loro formulazione non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366 bis c.p.c.. Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360, per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.

Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, e’ ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che e’ inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c, introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6 il ricorso per Cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimita’, imponendo al patrocinante in cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico – giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione.

In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.

Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilita’, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilita’ (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).

3. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 2697 c.c., degli artt. 115 e 116 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3.

La censura, che contiene ampi riferimenti alle risultanze processuali, in ordine alle quali al giudice di legittimita’ e’ inibito esprimere valutazioni, chiede alla Corte di stabilire se il giudice d’appello, nella sua parziale valutazione delle risultanze istruttorie, abbia correttamente applicato le norme indicate o se avesse, invece, l’obbligo di valutare le deposizioni in unico contesto e senza escluderne alcuna.

Un quesito siffatto non postula l’enunciazione di un principio di diritto decisivo per la controversia e di applicabilita’ generalizzata, ma si sostanzia nella richiesta di verifica delle scelte tra le risultanze processuali effettuate dalla Corte territoriale e sulla valutazione delle medesime. Si tratta, dunque, di una critica che riguarda, piuttosto che la violazione delle norme indicate, la motivazione della sentenza impugnata che, in quanto tale, non e’ censurabile sotto il profilo dell’art. 360 c.p.c., n. 3 e che non puo’ essere risolta senza esaminare gli atti, cui la Corte non ha accesso diretto.

Con il secondo motivo il G. lamenta omesso esame di un punto decisivo della controversia in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5.

Anche questa censura rende indispensabile l’esame degli atti di causa (si veda il riferimento alla comparsa di costituzione di primo grado) e delle risultanze processuali (si veda il riferimento a deposizioni testimoniali). Il momento di sintesi finale non circoscrive il fatto controverso per poi specificare le ragioni dell’asserito omesso esame, ma si limita a chiedere alla Corte di compierne la verifica.

4.- La relazione e’ stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

Entrambe le parti hanno presentato memorie e chiesto d’essere ascoltate in camera di consiglio;

Le argomentazioni addotte dal ricorrente con la memoria non inducono a diversa statuizione; in particolare si osserva che non viene contrastato il rilevato carattere fattuale delle censure; va confermata l’inadeguatezza del quesito relativo al primo motivo mentre, con riferimento al secondo, va ulteriormente rilevato che esso e’ stata proposto con esclusivo riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5 per cui non e’ stato denunciato l’error in procedendo ai sensi del precedente n. 4; la persistente applicazione dell’art. 366 bis c.p.c. e’ determinata dal noto principio tempus regit actum; detta norma non viola ne’ norme costituzionali (confronta, al riguardo, le sentenze 30 dicembre 2009 n. 27680, 26 dicembre 2009 n. 26364, Cass. 7 aprile 2008 n. 8897, Cass. 4 febbraio 2008 n. 2652), ne’ la Convenzione dei Diritto dell’Uomo; tutti gli ordinamenti moderni limitano l’accessibilita’ alla Corte Suprema; il relativo giudizio e’ eminentemente tecnico e per questa ragione e’ riservato agli avvocati abilitati a patrocinare avanti alle giurisdizioni superiori;

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;

che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile; le spese seguono la soccombenza;

visti gli artt. 380 bis e 385 c.p.c..

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 3.000,00 per onorati, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 6 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 3 giugno 2010

 

 

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