Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13516 del 03/06/2010

Cassazione civile sez. III, 03/06/2010, (ud. 06/05/2010, dep. 03/06/2010), n.13516

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

G.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA POMPEO TROGO

21, presso lo studio dell’avvocato CASANOVA STEFANIA, rappresentato e

difeso dagli avvocati ROSSO SEBASTIANO, PISCHEDDA ENNIO, giusta

mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

TORO ASSICURAZIONI SPA, nella qualita’ di impresa designata del Fondo

di Garanzia per le Vittime della Strada per la Liguria, in persona

del legale rappresentante Presidente ed Amministratore delegato,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUCREZIO CARO 62, presso lo

studio dell’avvocato FEDELI VALENTINO, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato CEINO GIANFRANCO, giusta mandato speciale in

calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 813/2008 del TRIBUNALE di GENOVA del 7/01/08,

depositata il 19/02/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/05/2010 dal Consigliere Relatore Dott. MASSERA Maurizio;

e’ presente il P.G. in persona del Dott. ANTONIETTA CARESTIA.

La Corte, letti gli atti depositati:

 

Fatto

OSSERVA

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Con ricorso notificato il 6 aprile 2009 C.C., in proprio e quale legale rappresentante della Gene S.r.l., ha chiesto la cassazione della sentenza, non notificata, depositata in data 19 febbraio 2008 dal Tribunale di Genova, confermativa della sentenza del Giudice di Pace che l’aveva condannato a rimborsare alla Toro Assicurazioni S.p.A., quale impresa designata F.G.V.S., la somma dalla societa’ pagata ai danneggiati in un sinistro stradale di cui egli era stato ritenuto responsabile esclusivo.

La societa’ intimata ha resistito con controricorso.

2 – I quattro motivi del ricorso risultano inammissibili, poiche’ la loro formulazione non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366 bis c.p.c..

Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360 c.p.c., per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.

Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, e’ ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che e’ inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6 il ricorso per Cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimita’, imponendo al patrocinante in cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico – giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione.

In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.

Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilita’, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilita’ (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).

3. – Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 331, 339 c.p.c. e concerne la declaratoria d’inammissibilita’ per tardivita’ dell’appello della Gene. A prescindere da ogni considerazione relativa all’interesse processuale alla censura (il Tribunale ha poi esaminato l’appello del C. e della Ge. anche nel merito rigettandolo) e’ determinante il rilievo che il quesito finale si rivela astratto e generico e non tratta il tema della possibilita’ di giudicati contrastanti.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta omessa motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio. Il motivo contiene una pluralita’ di censure, quindi si pone in contrasto con l’art. 366 c.p.c., n. 3 (rectius: 4) va ribadito, in proposito, che (Cass. Sez. 3^, n. 20652 del 2009) il ricorso per cassazione deve contenere, a pena d’inammissibilita’, i motivi per i quali si richiede la cassazione, aventi i caratteri di specificita’, completezza e riferibilita’ alla decisione impugnata, il che comporta la necessita’ dell’esatta individuazione del capo di pronunzia impugnata e dell’esposizione di ragioni che illustrino in modo intelligibile ed esauriente le dedotte violazioni di norme o principi di diritto, ovvero le carenze della motivazione. Le argomentazioni addotte a sostegno attengono al merito e anche i tre momenti di sintesi finale implicano esame delle risultanze processuali e valutazioni fattuali.

Anche il terzo motivo ipotizza insufficiente motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio e anch’esso presenta argomentazioni squisitamente di merito che investono e caratterizzano anche il quesito finale.

Il quarto motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione (non specificate come se si trattasse di sinonimi e non di due vizi concettualmente diversi) dell’art. 2054 c.c. e dell’art. 145 C.d.S. o, in subordine, omessa motivazione.

Anche questa censura, che si basa su argomentazioni che implicano esame delle risultanze processuali e valutazioni fattuali, concerne la ricostruzione della dinamica del sinistro e l’esclusione della responsabilita’ concorsuale e, quindi, si muove si un piano squisitamente di merito. Il quesito finale risulta generico poiche’ avulso dai necessari riferimenti al caso concreto e alla motivazione della sentenza impugnata.

4.- La relazione e’ stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

Non sono state presentate conclusioni scritte ne’ memorie ne’ alcuna delle parti ha chiesto d’essere ascoltata in camera di consiglio;

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;

che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile;

le spese seguono la soccombenza;

visti gli artt. 380 bis e 385 c.p.c..

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 1.200,00, di cui Euro 1.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 6 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 3 giugno 2010

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