Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13514 del 02/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 02/07/2020, (ud. 28/01/2020, dep. 02/07/2020), n.13514

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. SAIEVA Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23766/2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro-tempore,

rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato,

presso i cui uffici è domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, n.

12;

– ricorrente –

contro

CIARDIELLO MARMI S.r.l.;

– intimata –

Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Campania n. 2450/17/2016, pronunciata il 19.2.2016 e depositata

l’11.3.2016;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28 gennaio 2020 dal Consigliere Giuseppe Saieva.

Fatto

RILEVATO

Che:

1. La Ciardiello Marmi s.r.l. impugnava dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Caserta l’atto con cui l’Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Caserta, recuperava il credito d’imposta di Euro 4.329,18, oltre interessi e sanzioni, contestando il diritto della società al credito d’imposta per nuove assunzioni nelle aree svantaggiate, utilizzato in compensazione ai sensi del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, art. 17, non avendo la società medesima presentato la comunicazione C/IAL, attestante il mantenimento del livello occupazionale per l’anno 2010, richiesta a pena di decadenza.

2. Avverso la sentenza con cui la C.T.P. rigettava il ricorso della contribuente, quest’ultima proponeva appello dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Campania che con sentenza n. 2450/17/2016, pronunciata il 19.2.2016 e depositata l’11.3.2016, accoglieva il gravame, ritenendo che il datore di lavoro che avesse mantenuto il livello occupazionale ben avrebbe potuto continuare a fruire del credito d’imposta, mentre la mancata comunicazione C/IAL costituiva un mero adempimento alla cui inosservanza non era riconducibile alcuna decadenza di legge.

3. Avverso tale decisione l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, cui la società contribuente non ha contrapposto alcuna difesa.

4. Il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 28 gennaio 2020, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e dell’art. 380 bis 1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con un unico motivo l’Agenzia delle Entrate deduce “violazione e falsa applicazione della L. n. 244 del 2007, art. 2, commi da 539 a 547 (legge finanziaria 2008) nonchè del D.M. ministero dell’economia 12 marzo 2008, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, assumendo che, ai sensi della citata normativa, al fine di fruire della quota di credito prenotata, i soggetti interessati dovevano presentare all’Agenzia delle Entrate entro il 31 marzo di ciascuno degli anni 2009 e 2010, un’apposita comunicazione, modello IAL, attestante il rispetto delle condizioni di cui al cit. D.M., art. 7, comma 1, lett. a), che valeva come prenotazione dell’ammontare complessivo del credito di imposta, mentre il mancato invio della comunicazione in parola comportava la decadenza dal beneficio e l’impossibilità di fruire della quota di credito in precedenza prenotata.

2. Priva di pregio si appalesa pertanto la tesi della C.T.R. che ha attribuito all’onere prescritto per la comunicazione (mod. IAL) e al relativo termine decadenziale la rilevanza di un semplice adempimento ultroneo rispetto all’effettivo mantenimento dei livelli occupazionali previsti, atteso che la procedura di acquisizione dei dati ed il relativo obbligo informativo a carico delle imprese risulta finalizzato ad effettuare con maggiore tempestività e minori oneri per l’Amministrazione Finanziaria le verifiche sulla spettanza delle agevolazioni previste.

3. Invero, come già affermato dalla Corte costituzionale, con riferimento ad analoga agevolazione prevista dal L. n. 289 del 2002, art. 62, risulta non irragionevole che la decadenza dal contributo automaticamente conseguito sia prevista tanto per l’ipotesi del mancato rispetto del termine fissato per la comunicazione dei dati stessi, quanto per quella della riscontrata insussistenza dei requisiti per fruire dell’agevolazione (v. Corte Costituzionale, ordinanza n. 124 del 2006, nonchè in conformità a tale orientamento Cass. n. 13077/2015; n. 25684/2013; n. 19127/2010; n. 16642/2009; n. 3578/2009;).

4. Il ricorso dell’ufficio va pertanto accolto. La sentenza impugnata va per l’effetto cassata e, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito ex art. 384 c.p.c., con il rigetto dell’originario ricorso della contribuente. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e decidendo la causa nel merito rigetta il ricorso introduttivo della società contribuente che condanna al rimborso delle spese del presente giudizio in favore dell’Agenzia delle Entrate che liquida in complessivi 1.500,00 Euro, oltre spese prenotate a debito. Compensa le spese di giudizio dei due gradi di merito.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 28 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2020

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