Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13513 del 03/06/2010

Cassazione civile sez. I, 03/06/2010, (ud. 27/01/2010, dep. 03/06/2010), n.13513

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

Dott. SALVATO Luigi – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

I.C., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria della Corte di cassazione, rappresentato e difeso

dall’Avv. Marra Alfonso Luigi giusta procura in atti;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente pro

tempore;

– intimata –

e sul ricorso n. 8443/08 proposto da:

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente pro

tempore, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura generale dello Stato, che la rappresenta e difende per

legge;

– ricorrente incidentale –

contro

I.C., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria della Corte di cassazione, rappresentato e difeso

dall’avv. Marra Alfonso Luigi giusta procura in atti;

– controricorrente –

avverso il decreto della Corte d’appello di Napoli, cron. n. 617/07,

in data 1 febbraio 2007, nel procedimento n. 2893/06 V.G.;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27 gennaio 2010 dal relatore, cons. Dott. Schiro’ Stefano;

alla presenza del Pubblico ministero, in persona del sostituto

procuratore generale, dott. GOLIA Aurelio, che nulla ha osservato.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

LA CORTE:

A) rilevato che e’ stata depositata in cancelleria, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione, comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti:

“IL CONSIGLIERE RELATORE, letti gli atti depositati;

RITENUTO CHE:

1. I.C. ha proposto ricorso per Cassazione avverso il decreto in data 1 febbraio 2007, con il quale la Corte di appello di Napoli ha condannato la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento in favore del menzionato ricorrente della somma di Euro 6.200,00, a titolo di indennizzo per il superamento del termine di ragionevole durata di un processo instaurato davanti al Tar Campania il 28.11.1996, per impugnare una graduatoria comunale in materia di diritto al livello economico differenziato e definito in data 8 febbraio 2006;

1.1. la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha resistito con controricorso e ricorso incidentale;

OSSERVA:

2. la Corte di appello di Napoli ha accolto la domanda nella misura di Euro 6.200,00, a titolo di indennizzo del solo danno non patrimoniale, avendo accertato una durata del processo superiore di sei anni e due mesi al termine ragionevole e determinato l’equo indennizzo nella misura di Euro 1000,00 per anno di ritardo;

3. il ricorrente principale censura il decreto impugnato, proponendo quattordici motivi di ricorso, con i quali lamenta:

3.1. la mancata applicazione della normativa comunitaria alla stregua dell’interpretazione fornita dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo (primo motivo); l’inosservanza, ancora sulla base di carente motivazione, dei parametri europei in ordine alla quantificazione per anno del danno non patrimoniale (secondo e terzo motivo);

3.2. il mancato riconoscimento, con vizio di motivazione e in violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, del bonus di Euro 2.000,00, trattandosi di controversia in materia di lavoro (quarto, quinto e sesto motivo);

3.3. l’insufficiente liquidazione delle spese processuali, senza specifica motivazione e in violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, con erronea applicazione delle tariffe professionali vigenti riguardanti i procedimenti di volontaria giurisdizione, anziche’ i giudizi ordinari dinanzi alla Corte d’appello, senza tener conto dei parametri europei e disattendendo i minimi tariffar e la nota spese depositata, (motivi da sette a quattordici);

4. i motivi di cui al punto 3.1 appaiono manifestamente infondati; in tema di equa riparazione ai sensi della L. n. 89 del 2001, nella liquidazione del danno non patrimoniale, il giudice nazionale, pur non potendo ignorare i criteri applicati in casi simili dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, ha pur sempre facolta’ di apportare, motivatamente e non irragionevolmente, le deroghe giustificate dalle circostanze concrete della singola vicenda, le quali, peraltro, non possono fondare la decisione di liquidare somme che non siano in relazione ragionevole con quella – tra i 1000,00 e i 1500,00 Euro – accordata dalla predetta Corte negli affari consimili (Cass. 2006/24356; 2007/2254); nella specie, la Corte di appello si e’ attenuta a tali principi, facendo riferimento ai parametri CEDU sia pure nella misura minima;

4.1. appaiono manifestamente infondate anche le censure di cui al punto 3.2., in quanto non puo’ ravvisarsi un obbligo di diretta applicazione dell’orientamento della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, secondo cui va riconosciuta una somma forfetaria nel caso di violazione del termine nei giudizi aventi particolare importanza, fra cui anche la materia del lavoro; da tale principio, infatti, non puo’ derivare automaticamente che tutte le controversie di tal genere debbano considerarsi di particolare importanza, spettando al giudice del merito valutare se, in concreto, la causa di lavoro abbia avuto una particolare incidenza sulla componente non patrimoniale del danno, con una valutazione discrezionale che non implica un obbligo di motivazione specifica, essendo sufficiente, nel caso di diniego di tale attribuzione, una motivazione implicita (Cass. 2006/9411; 2008/6898);

4.2. appaiono infine manifestamente infondate le censure di cui al punto 3.3., in quanto non risulta dal decreto impugnato l’applicazione della tariffa relativa alla volontaria giurisdizione, anziche’ di quella attinente al contenzioso, mentre parte ricorrente non ha specificamente e analiticamente indicato, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione, le voci e gli importi richiesti e a lei spettanti (Cass. 2005/21325;

2006/9082), ne’ ha dimostrato specificamente l’attribuzione di importi inferiori ai minimi inderogabili (Cass. 2007/5318), ma si e’ limitata alla generica denuncia dell’inosservanza delle tariffe professionali vigenti, nonche’ delle voci e degli importi indicati nella nota spese, fermo restando che in tema di spese processuali possono essere denunciate in sede di legittimita’ solo violazioni del criterio della soccombenza o liquidazioni che non rispettino le tariffe professionali (Cass. 1999/4347; 2000/4818; 2001/1485) e che nei giudizi di equa riparazione la liquidazione delle spese processuali della fase davanti alla Corte di appello deve essere effettuata in base alle tariffe professionali previste dall’ordinamento italiano, senza tener conto degli onorari liquidati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (Cass. 2008/23397);

5. la ricorrente incidentale censura il decreto impugnato con un motivo, con il quale si duole di essere stata condannata alle spese, pur non avendo resistito al ricorso di controparte;

5.1. il ricorso incidentale appare manifestamente infondato, in quanto la Presidenza del Consiglio dei Ministri e’ rimasta soccombente nel giudizio di equa riparazione per violazione del termine ragionevole di durata del processo, in relazione al quale non ricorre un generale esonero dall’onere delle spese a carico del soccombente, trovando applicazione le norme del codice di rito, in virtu’ del richiamo operato dalla L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 4 (Cass. 2004/23789; 2007/14053);

6. alla stregua delle considerazioni che precedono e qualora il collegio condivida i rilevi formulati ai punti 4., 4.1., 4.2. e 5.1., si ritiene che il ricorso possa essere trattato in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c.”;

B) osservato che il ricorso principale e quello incidentale vanno riuniti, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., riguardando l’impugnazione del medesimo decreto; rilevato che non sono state depositate conclusioni scritte o memorie ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. e che, a seguito della discussione sui ricorsi tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso le considerazioni esposte nella relazione;

ritenuto in particolare che, con riferimento al ricorso incidentale e ai fini della liquidazione delle spese processuali, il procedimento camerale per equa riparazione ex L. n. 89 del 2001 va considerato quale procedimento avente natura contenziosa, nel quale trova applicazione la disciplina della responsabilita’ delle parti per le spese processuali e della condanna alle spese (Cass. 2009/16542;

2009/21371), con la conseguenza che l’individuazione del soccombente si compie in base al principio di causalita’ e che parte obbligata a rimborsare all’altra le spese anticipate nel processo e’ quella che, anche col comportamento assunto fuori dal processo stesso, vi abbia comunque dato causa (Cass. 2004/20335; 2006/25141), tenuto anche conto che la mancata opposizione alla domanda, cosi’ come la contumacia, non costituiscono valida ragione di compensazione delle spese o di esonero della parte soccombente dall’obbligo di rifondere alla controparte le spese processuali e che, nella specie, nulla avrebbe impedito all’Amministrazione di adempiere spontaneamente all’obbligo di indennizzo su di essa gravante;

B1) rilevato che le osservazioni che precedono conducono al rigetto del ricorso principale e di quello incidentale e che l’esito del giudizio giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

LA CORTE riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

Cosi’ deciso in Roma, il 27 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 3 giugno 2010

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