Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13513 del 02/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 02/07/2020, (ud. 14/02/2020, dep. 02/07/2020), n.13513

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3330-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

UNIVERSAL AUTO SRL;

– intimato –

avverso la sentenza n. 74/2013 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

PESCARA, depositata il 21/01/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/02/2020 dal Consigliere Dott. GIULIO MAISANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

UMBERTO DE AUGUSTINIS che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato PUCCIARIELLO che ha chiesto

l’accoglimento.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 74/10/13 pubblicata il 21 gennaio 2013 la Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo sezione distaccata di Pescara ha confermato la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Chieti n. 43/3/10 con la quale era stato accolto il ricorso proposto dalla Universal Auto s.r.l. avverso l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) emesso nei suoi confronti dall’Agenzia delle Entrate e con il quale erano stati recuperati a tassazione costi indebitamente dedotti oltre IVA indebitamente detratta per l’anno di imposta 2003. In particolare tali recuperi traevano origine da rapporti commerciali intercorsi tra la società ricorrente esercente l’attività di commercio di autoveicoli, e ditte ritenute mere cartiere che emettevano fatture soggettivamente inesistenti e che si prestavano a dissimulare acquisti intracomunitari di autovetture e successive cessioni a vari operatori fra cui la Universal Auto s.r.l. La Commissione tributaria regionale ha ritenuto non probante della volontà di evadere l’IVA la canalizzazione di circa l’80% degli acquisti della Universal Auto dalle aziende ritenute cartiere, ed ha considerato la non rilevante differenza del prezzo di vendita delle autovetture rispetto a quelle ufficiali di listino, e la richiesta di archiviazione con la quale si era concluso il procedimento penale promosso nei confronti del legale rappresentante della Universal Auto s.r.l..

L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza affidato a tre motivi.

La Universal Auto s.r.l. è rimasta intimata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19 e 24, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 30. In particolare si deduce che la Commissione tributaria regionale non avrebbe considerato l’accertata natura di cartiera delle due società dalle quali la Universal Auto s.r.l. faceva figurare l’acquisto degli autoveicoli commercializzati.

Con il secondo motivo si assume omesso esame su un punto decisivo della controversia ex art. 360 c.p.c., n. 5, con riferimento alla buona fede della società Universal Auto s.r.l. evidentemente riconosciuta tacitamente mentre la sussistenza di indizi attestanti l’inesistenza soggettiva di operazioni imporrebbe l’accertamento della buona fede dell’acquirente sulla quale il giudice dell’appello non avrebbe affermato nulla. La stessa archiviazione del processo penale a carico del legale rappresentante della società non sarebbe probante in quanto l’esclusione del dolo non esclude la colpa consistente, nel caso specifico, nella mancanza di diligenza nell’accertare la regolarità delle operazioni di acquisto dei veicoli commercializzati.

Con il terzo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 991 del 1986, art. 109, ex art. 360 c.p.c., n. 3, con riferimento all’impossibilità di dedurre ai fini delle imposte dirette, costi relativi a fatture soggettivamente inesistenti.

Il secondo motivo è fondato. La giurisprudenza di questa Corte ha affermato che, in tema di IVA, ove l’Amministrazione finanziaria contesti che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, anche in via indiziaria, non solo l’inesistenza del fornitore, ma anche, sulla base di elementi oggettivi e specifici, che il cessionario sapeva (o avrebbe potuto sapere), con l’ordinaria diligenza ed alla luce della qualificata posizione professionale ricoperta, che l’operazione si inseriva in un’evasione dell’imposta; incombe sul contribuente la prova contraria di aver agito in assenza di detta consapevolezza e di aver adoperato la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità, in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, nè la regolarità della contabilità e dei pagamenti, nè la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi (per tutte Cass. 24 agosto 2018, n. 21104). Nel caso in esame, a fronte di indizi forniti dall’amministrazione finanziaria il giudicante avrebbe dovuto indicare la prova contraria fornita dal contribuente, e quindi verificare che questi abbia effettivamente agito in assenza della consapevolezza dell’inesistenza delle operazioni fatturate, e di aver adoperato la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità, in rapporto alle circostanze del caso concreto. La Commissione tributaria regionale, invece, si è limitata a generiche affermazioni relative alla percentuale di acquisto da parte delle aziende ritenute cartiere e sull’archiviazione del procedimento penale a carico del responsabile della Universal Auto s.r.l., circostanze che non rilevano ai fini della prova della diligenza della contribuente.

Gli altri due motivi restano assorbiti.

La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione al motivo accolto e rinviata alla Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, sezione distaccata di Pescara in diversa composizione, che provvederà anche al regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; Cassa la sentenza impugnata in reazione al motivo accolto e rinvia, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, sezione distaccata di Pescara in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 14 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2020

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