Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13513 del 01/07/2016

Cassazione civile sez. lav., 01/07/2016, (ud. 17/03/2016, dep. 01/07/2016), n.13513

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4510/2011 proposto da:

C.D., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA CIPRO 77, presso lo studio dell’avvocato GERARDO

RUSSILLO, che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, V.LE

MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato LUIGI FIORILLO, che la

rappresenta e difende giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7042/2009 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 11/02/2010 R.G.N. 10792/07;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/03/2016 dal Consigliere Dott. PAOLO NEGRI DELLA TORRE;

udito l’Avvocato RUSSILLO GERARDO;

udito l’Avvocato BONFRATE FRANCESCA per delega verbale Avvocato

FIORILLO LUIGI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Giovanni, che ha concluso per l’accoglimento per quanto di

ragione.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 7042/2009, depositata l’11 febbraio 2010, la Corte di appello di Roma rigettava il gravame di C.D. e confermava la sentenza del Tribunale dl Roma, che ne aveva respinto il ricorso diretto alla declaratoria della nullità del termine apposto al contratto a tempo determinato, per il periodo dall’1/7/2000 al 30/9/2000, stipulato dallo stesso e dalla S.p.A. Poste Italiane ai sensi dell’art. 8, comma 2, CCNL 26/11/1994 a fronte della necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno-settembre.

La Corte osservava che la L. n. 56 del 1987, nel cui vigore il contratto In questione era stato stipulato, aveva concesso alle organizzazioni sindacali, come più volte ricordato dalla giurisprudenza di legittimità, una “delega in bianco” per definire nuovi casi dl assunzione a termine, senza alcuna limitazione dl ipotesi omologhe a quelle previste dalla L. n. 230 del 1962, così escludendo la necessità di individuare forme di collegamento fra singoli contratti ed esigenze aziendali o di riferimenti a specifiche condizioni (oggettive o soggettive) dei lavoratori nonchè la necessità di indicare il nominativo del lavoratore sostituito.

La Corte osservava inoltre, con riguardo alla clausola di contingentamento, che, a fronte della deduzione della società di avere osservato la percentuale prevista, non risultavano formulate contestazioni puntuali e specifiche, essendosi l’appellante richiamato in modo generico alle difese svolte sul punto nel giudizio dl primo grado.

Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza il C. con due motivi, Illustrati da memoria; la S.p.A. Poste Italiane ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La presente motivazione è redatta in forma semplificata, previa deliberazione in tal senso del Collegio.

Con il primo motivo il ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione della L. n. 230 del 1962, artt. 1 e 2 e L. n. 56 del 1987, art. 23, censura la sentenza impugnata per avere la Corte erroneamente ritenuto che tale ultima disposizione avesse previsto una vera e propria “delega in bianco” a favore dei sindacati, quando invece la L. n. 56 del 1987, pur avendo introdotto una delegificazione del rapporto a termine, dando ampia delega all’autonomia collettiva, doveva tuttavia porsi sempre in una linea di sostanziale continuità con l’Impianto normativo preesistente, con la conseguenza che, ove la contrattazione aveva previsto, come nella fattispecie in esame, l’assunzione a termine per Ipotesi di assenza dal lavoro con diritto alla conservazione del posto, dovevano in ogni caso rispettarsi le disposizioni della L. n. 230 del 1962, riguardanti il requisito della indicazione del nome del lavoratore sostituito e della causa della sua sostituzione.

Il motivo deve essere respinto.

E’, infatti, consolidato nella giurisprudenza di questa Corte di legittimità il principio, secondo il quale “in tema di assunzione a termine dei lavoratori subordinati, l’interpretazione della L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23, nel senso dell’estensione dei contratti a termine “autorizzati”, consentendo alla contrattazione collettiva, con una sorta di “delega in bianco”, di individuare nuove ipotesi di legittima apposizione di un termine al contratto dl lavoro, e affidando, adeguatamente, la tutela del lavoratore allo strumento negoziale collettivo, non rappresenta un capovolgimento del rapporto di regola-eccezione tra contratto di lavoro a tempo indeterminato e lavoro temporaneo, nè una “liberalizzazione” dell’assunzione a termine (ritenuta inammissibile da Corte Cost. n. 41 del 2000, in forza dell’obbligo dell’Italia di rispettare la direttiva 1999/70/Ce del Consiglio dell’unione europea del 28 giugno 1999), (Nell’applicare il principio di cui in massima, la S.C. ha confermato la decisione di merito che, in fattispecie concernente l’assunzione a tempo determinato prevista dall’art. 8 del CCNL per i dipendenti postali, 26 novembre 1994, per necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno-

settembre, aveva ritenuto l’ipotesi di contratto a termine introdotta dalla contrattazione collettiva del tutto autonoma rispetto alla previsione legale del termine apposto per sostituire dipendenti assenti per ferie e interpretato l’autorizzazione conferita dal contratto collettivo nel senso che l’unico presupposto per la sua operatività fosse costituito dall’assunzione nel periodo in cui, di norma, i dipendenti fruiscono delle ferie: Cass. 6 dicembre 2005 n. 26678; conformi, fra le molte altre, Cass. 9 giugno 2006 n. 13457 e Cass. 20 marzo 2009 n. 6913).

Con il secondo motivo il ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 8 del CCNL 26/11/1994, censura la sentenza impugnata per avere la Corte di appello ritenuto dimostrato il rispetto della percentuale stabilita per le assunzioni a termine dalla “clausola dl contingentamento” di cui allo stesso art. 8 cit. e ciò sul mero rilievo della mancata formulazione di contestazioni puntuali e specifiche, da parte del lavoratore, in replica alla deduzione della datrice di lavoro, secondo cui la clausola in questione era stata invece osservata.

Il motivo è fondato e deve essere accolto.

Con la motivazione adottata la Corte non si è, infatti, attenuta al principio di diritto, anch’esso consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, per il quale “nel regime di cui alla L. 28 febbraio 1987, n. 56, la facoltà delle organizzazioni sindacali di individuare ulteriori ipotesi di legittima apposizione del termine al contratto di lavoro è subordinata dall’art. 23 alla determinazione delle percentuali di lavoratori che possono essere assunti con contratto a termine sul totale dei dipendenti; pertanto, non è sufficiente l’indicazione del numero massimo di contratti a termine, occorrendo altresì, a garanzia di trasparenza ed a pena di invalidità dell’apposizione del termine nei contratti stipulati in base all’ipotesi individuata ex art. 23 citato, l’indicazione del numero dei lavoratori assunti a tempo indeterminato, sì da potersi verificare il rapporto percentuale tra lavoratori stabili e a termine. L’onere della prova dell’osservanza di detto rapporto è a carico del datore di lavoro, in base alle regole di cui alla L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 3, secondo cui incombe al datore di lavoro dimostrare l’obiettiva esistenza delle condizioni che giustificano l’apposizione di un termine al contratto di lavoro” (Cass. 19 gennaio 2010 n. 839).

La sentenza deve, pertanto, essere cassata in relazione a tale secondo motivo e la causa rinviata, anche per le spese, alla Corte di appello di Roma in diversa composizione, la quale procederà a nuovo esame della “clausola di contingentamento” uniformandosi al principio di diritto sopra richiamato.

PQM

la Corte accoglie il secondo motivo di ricorso; rigetta il primo motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 1 luglio 2016

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