Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13511 del 02/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 02/07/2020, (ud. 14/02/2020, dep. 02/07/2020), n.13511

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3309-2014 proposto da:

IMMOBILIARE GENESI SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE PARIOLI 55, presso

lo studio dell’avvocato GIOVANNI CARTA, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato FABIO ALDO DONATO LORIA, giusta delega in

calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, DIREZIONE PROVINCIALE (OMISSIS) (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta i e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 118/2013 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 09/07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/02/2020 dal Consigliere Dott. GIULIO MAISANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

UMBERTO DE AUGUSTINIS che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato MORETTI per delega dell’Avvocato

CARTA che ha chiesto l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato PUCCIARIELLO che ha chiesto

il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 118/11/13 pubblicata il 9 luglio 2013 la Commissione tributaria regionale della Lombardia, in riforma della sentenza della Commissione tributaria provinciale di Milano n. 31/3/12 appellata dall’Agenzia delle Entrate, ha dichiarato la legittimità dell’avviso di accertamento n. (OMISSIS) emesso nei confronti della Immobiliare Genesi s.r.l. e con il quale l’Ufficio aveva rettificato in via induttiva ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 39 e 40, il reddito dichiarato per l’anno 2006 sulla base del rilievo dell’occultamento dei corrispettivi di ventitre vendite immobiliari. In particolare l’Agenzia delle Entrate aveva fondato l’accertamento sui valori di mercato degli immobili indicati nella banca dati OMI in mancanza della registrazione dei contratti preliminari di vendita, sui mutui erogati in misura superiore all’80% dei valori dichiarati e sulla prova testimoniale di alcuni degli acquirenti degli immobili in questione.

La Commissione tributaria regionale, pur affermando che ciascuno degli elementi posti a fondamento dell’accertamento impugnato non costituiscono prova, ha considerato che, nel complesso dell’accertamento, gli indizi considerati sono sufficienti a far ritenere provata la non correttezza del reddito dichiarato sulla base di quanto ricavato dalla vendita degli immobili nella misura considerata nell’avviso di accertamento impugnato.

La Immobiliare Genesi s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza articolato su tre motivi.

L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo si lamenta violazione di legge e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione all’art. 116 c.p.c., all’art. 2729 c.c., al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 ed al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54. In particolare si deduce che l’Agenzia delle Entrate non avrebbe fornito la prova della legittimità dell’accertamento in questione in quanto, come affermato dalla stessa sentenza impugnata, nessuno degli elementi considerati può assurgere a prova trattandosi di meri indizi peraltro non fondati.

Con il secondo motivo si assume violazione di legge e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, con riferimento all’utilizzo delle prove testimoniali precluse nel procedimento tributario.

Con il terzo motivo si lamenta omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, ancora con riferimento alla valutazione errata degli indizi, considerato che erroneamente la Commissione tributaria regionale li ha considerato prova sufficiente della legittimità dell’accertamento contestato.

Il primo ed il terzo motivo possono essere esaminati congiuntamente riferendosi entrambi alla valutazione di elementi di fatto che la Commissione tributaria regionale ha ritenuto, nel loro complesso, che costituiscono prova sufficiente da parte dell’Ufficio sulla fondatezza dell’accertamento impugnato. I motivi sono inammissibili riferendosi alla valutazione di elementi di fatto riservati al giudice del merito e che, nel caso in questione, ha motivato in modo logico e compiuto tale da sfuggire ad ogni censura di legittimità. Il giudice dell’appello, in particolare, ha considerato dettagliatamente gli elementi costituiti dai dati dei prezzi desunti dalla banca dati dell’osservatorio del mercato immobiliare (OMI), dall’ammontare dei mutui contratti dai clienti della società attuale ricorrente, dall’omessa registrazione dei contratti preliminari, e dalle prove testimoniali acquisite e, pur affermando che nessuno di tali elementi di per se soli considerati possa assurgere a prova, ha correttamente affermato che, nella valutazione complessiva dell’accertamento, assurgono a prova. Tale valutazione è coerente e logica e, come detto, sfugge ad ogni censura di legittimità, non potendosi, in questa sede, esaminare, come proposto dalla ricorrente, ciascuno degli elementi al fine di contestarli.

Il secondo motivo che riguarda l’utilizzo di prove testimoniali inibite nel processo tributario è parimente infondato. Come affermato da questa Corte (da ultimo Cass. 29757/18), fermo restando il divieto di ammissione della prova testimoniale nel processo tributario posto dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 7, sussiste la possibilità di introdurre nel processo dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale – con il valore probatorio “proprio degli elementi indiziari, i quali, mentre possono concorrere a formare il convincimento del giudice, non sono idonei a costituire, da soli, il fondamento della decisione” (cfr. Corte costituzionale, sent. n. 18 del 2000). Nel caso in esame, come correttamente affermato dal giudice dell’appello, le affermazioni di alcuni clienti dell’attuale ricorrente riguardanti l’ammontare dei prezzi effettivamente corrisposti, non costituisce prova ma indizio che, unitamente agli altri elementi considerati, contribuisce legittimamente alla formazione del convincimento del giudice, fermo restando che non può costituire, da solo, prova.

Il ricorso va conseguentemente rigettato.

Le spese del presente giudizio, liquidate in dispositiVo, e la condanna al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 131, comma 1 quater, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso; Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 10.000,00, oltre alle spese prenotate a debito; Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 14 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2020

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