Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1351 del 19/01/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 19/01/2017, (ud. 05/10/2016, dep.19/01/2017),  n. 1351

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4493-2015 proposto da:

C.P., nella qualità di unico erede del Sig.

C.F., elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la

CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ISABELLA

CASALES MANGANO, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso il decreto n. 765/2014 della CORTE D’APPELLO di CALTANISSETTA

emesso il 19/05/2014 e depositato il 26/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ELISA PICARONI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che la Corte d’appello di Caltanissetta, con decreto depositato il 26 giugno 2014, ha rigettato il ricorso proposto da C.F. in data 13 febbraio 2012 per la condanna del Ministero dell’economia e delle finanze al pagamento dell’indennizzo per la durata non ragionevole del giudizio svoltosi dinanzi alla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione siciliana, introdotto in data 13 dicembre 2006 e dichiarato interrotto all’udienza del 25 gennaio 2012, fissata per l’eventuale prosecuzione a seguito di morte del procuratore;

che la Corte d’appello ha ritenuto sussistente l’interesse della parte al giudizio presupposto soltanto fino alla data del decesso del procuratore, avvenuto il (OMISSIS), mentre non vi era prova della permanenza dell’interesse a coltivare il giudizio nella fase successiva, a fronte della dichiarata interruzione;

che pertanto il giudizio presupposto non aveva superato il termine di ragionevole durata, fissato in tre anni dalla giurisprudenza sovranazionale e nazionale con riferimento al giudizio di primo grado, e non sussisteva il presupposto del diritto all’equa riparazione;

che, per la cassazione del decreto, ha proposto ricorso C.P., nella qualità di unico erede di C.F., sulla base di un motivo;

che il Ministero dell’economia e delle finanze ha depositato atto per l’eventuale partecipazione all’udienza;

che il ricorrente ha depositato memoria.

Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione in forma semplificata;

che con l’unico motivo è denunciata violazione e falsa applicazione dell’art. 6, par. 1, della Convenzione EDU, della L. n. 89 del 2001, art. 2 nonchè omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio e violazione del principio secondo il quale la contumacia non esclude il diritto all’equa riparazione;

che il ricorrente contesta che il presunto disinteresse alla prosecuzione del giudizio presupposto, manifestato con la mancata riassunzione dello stesso a seguito di interruzione, costituisca elemento idoneo ad escludere l’obiettiva violazione del termine di ragionevole durata, e richiama a sostegno la giurisprudenza di questa Corte, che riconosce il diritto all’indennizzo a tutte le parti coinvolte nel procedimento giurisdizionale, ivi compresa la parte rimasta contumace (Cass., Sez U, sentenza n. 585 del 2014);

che la doglianza è fondata;

che va esclusa la pertinenza del richiamo alla fattispecie della contumacia, che riguarda la posizione della parte che subisce l’altrui iniziativa giudiziaria, mentre nel caso in esame si discute del comportamento processuale della parte che ha azionato il giudizio contabile, senza coltivarlo con la riassunzione a seguito di interruzione;

che, a tale proposito, si deve richiamare la giurisprudenza consolidata di questa Corte secondo cui, la dichiarazione di estinzione del giudizio contabile presupposto per mancata riassunzione in esito all’interruzione per decesso della parte o del difensore non esclude la sussistenza del danno non patrimoniale in quanto, diversamente, verrebbe attribuita rilevanza ad una circostanza sopravvenuta, quale l’estinzione, sorta successivamente al superamento del limite di durata ragionevole del processo (ex plurimis, e da ultimo, Cass., sez. 6-2, sent. n. 18333 del 2016);

che, pertanto, risulta erronea la decisione della Corte d’appello di escludere l’esistenza del danno non patrimoniale, a fronte dell’avvenuto superamento del termine di ragionevole durata (tre anni) del giudizio contabile – introdotto nel dicembre del 2006 – alla data dell’25 gennaio 2012, in cui è stata fissata l’udienza per l’eventuale prosecuzione del giudizio, contestualmente dichiarato interrotto per morte del difensore;

che era priva di significato, ai fini che qui rilevano, la circostanza che la morte del difensore fosse avvenuta in data antecedente ((OMISSIS)), poichè il termine per la riassunzione decorreva dalla dichiarazione di interruzione effettuata dal giudice in data 25 gennaio 2012;

che all’accoglimento del ricorso segue la cassazione del decreto impugnato, con rinvio al giudice indicato in dispositivo, il quale provvederà anche a regolare le spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d’appello di Caltanissetta.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta civile – 2 della Corte suprema di Cassazione, il 5 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2017

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