Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13507 del 18/05/2021

Cassazione civile sez. I, 18/05/2021, (ud. 10/02/2021, dep. 18/05/2021), n.13507

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) s.r.l., in persona di L.W., legale

rappresentante, rappresentato e difeso dall’avv. Nicola Gargano,

nicgar.legalmai.it, elett. dom. presso il suo studio, in Roma, via

Laura Mantegazza n. 24, presso il Dott. Marco Gardin, come da

procura allegata all’atto di costituzione di nuovo difensore del

18.3.2020;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) s.r.l., in persona del cur. fall. p.t.;

A.G., C.V., F.G.,

G.A., LE.FR., M.C., MA.GI.,

MA.MA.;

– intimati –

per la cassazione della sentenza Appello Bari 20.11.2014, n. 1850,

nel procedimento R.G. 1303/2014;

udita la relazione della causa svolta dal Consigliere relatore Dott.

Massimo Ferro alla Camera di consiglio del 10 febbraio 2021.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. (OMISSIS) s.r.l. impugna la sentenza Appello Bari 20.11.2014, n. 1850, in R.G. 1303/2014, che ha rigettato il suo reclamo avverso la sentenza dichiarativa del fallimento della società stessa, pronunciata da Trib. Bari 18 luglio 2014, n. 142 sui ricorsi dei creditori A.G., C.V., F.G., G.A., Le.Fr., M.C., Ma.Gi., Ma.Ma.;

2. ha premesso la corte che il reclamo contestava la sentenza dichiarativa di fallimento invocando la nullità ovvero l’annullabilità della notifica dell’istanza, con la conseguenza che il L. (legale rappresentante) non aveva mai avuto conoscenza della pendenza del relativo giudizio, per non aver ricevuto comunicazione alcuna, dunque impossibilitato a svolgere valida attività di difesa;

3. secondo la sentenza ora impugnata: a) l’istanza di fallimento, con il pedissequo decreto di comparizione, risulta ritualmente notificata in base alla sequenza, prevista per i ricorsi successivi al 31.12.2013 e iniziata con l’adempimento in via telematica della cancelleria del tribunale a (OMISSIS) s.r.l. all’indirizzo PEC (OMISSIS), risultante dal Registro delle Imprese; b) all’esito negativo, posto che la ricevuta telematica segnava l’avviso di mancata consegna, seguiva l’iniziativa dei ricorrenti, che vi addivenivano secondo la disciplina speciale e dunque con notifica “esclusivamente di persona” a norma del D.P.R. n. 1959 del 1229, art. 107, comma 1, cioè a mani proprie, nel caso mediante accesso diretto dell’ufficiale giudiziario alla sede dell’impresa risultante dal Registro delle Imprese ((OMISSIS)); c) a fronte dell’ulteriore esito negativo, per l’irreperibilità dell’impresa all’indirizzo indicato, l’ufficiale giudiziario eseguiva il deposito dell’atto alla casa comunale in Bari; d) non essendo previsto l’invio di altra comunicazione e al debitore solo competendo curare con diligenza il funzionamento della propria PEC, la notifica si doveva ritenere effettivamente perfezionata nel momento dell’ultimo deposito, risultando rispettate tutte le formalità imposte dalla L. Fall., art. 15, nè ricorrendo i presupposti per un dubbio di costituzionalità della norma; e) nel merito, il debitore solo genericamente aveva contestato i requisiti di fallibilità, senza idonea documentazione;

4. la società ha proposto ricorso su tre motivi.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. con il primo motivo, si censura la violazione o falsa applicazione di legge in relazione alla L. Fall., art. 15 (come novellato dal D.Lgs. n. 169 del 2007, art. 2 e dal D.L. n. 179 del 2012) e al D.P.R. n. 1229 del 1959, art. 107. “Ordinamento degli ufficiali giudiziari e degli aiutanti ufficiali giudiziari”, per non aver ricevuto la notifica a mezzo posta, con conseguente nullità della sentenza dichiarativa di fallimento, ciò imponendo la norma, unitamente alla espressa richiesta scritta della parte, dopo il riscontro dell’effettivo insuccesso della notifica telematica affidata al cancelliere presso la PEC del debitore, adempimento non verificato in giudizio per omessa acquisizione del fascicolo telematico e dunque delle ragioni del non perfezionamento dell’attività tentata; tanto più dopo che alla PEC della società erano pervenuti due atti, uno anteriore alla sentenza di fallimento (7 luglio 2014, ancorchè incomprensibile) e altro successivo (21 luglio 2014, la comunicazione della sentenza stessa);

2. con il secondo motivo, si contesta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) con riferimento alla possibilità di accedere alla notificazione D.P.R. n. 1229 del 1959, ex art. 107 e, in caso negativo, alla notificazione mediante deposito presso la casa comunale, anche ove l’esito negativo della comunicazione per via telematica fosse indipendente da responsabilità del debitore;

3. il terzo motivo lamenta l’erroneo rigetto, da parte della corte territoriale, dell’eccezione di non manifesta incostituzionalità della L. Fall., art. 15, così come novellato dal D.L. n. 179 del 2012, nella parte in cui, legittimando la notifica della convocazione del debitore innanzi al tribunale in sede prefallimentare, con il solo deposito presso la casa comunale ovvero con la notificazione D.P.R. n. 1229 del 1959, ex art. 107, allorquando la convocazione in via telematica non si perfezioni per fatto non imputabile al debitore, realizzi una irragionevole disparità di trattamento in violazione dell’art. 3 Cost., tra il debitore cui pervenga la PEC e quello che non possa prendere cognizione della comunicazione elettronica senza sua colpa, equiparato a colui che si sottragga colpevolmente alla notificazione telematica o vi frapponga ostacoli;

4. ragioni di priorità logica e argomentativa impongono di esaminare dapprima il terzo motivo, che può ritenersi inammissibile; non solo invero la questione è già stata affrontata da Corte Cost. n. 146/2016 (e poi 162/2017), con pronunce che hanno respinto il dubbio di legittimità costituzionale della L. Fall., art. 15, comma 3, come sostituito dal D.L. n. 179 del 2012, sollevata con riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., ribadendo la specialità e la complessità degli interessi (comuni ad una pluralità di operatori economici, ed anche di natura pubblica in ragione delle connotazioni soggettive del debitore e della dimensione oggettiva del debito), che il legislatore del 2012 ha inteso tutelare, con ciò segnando l’innegabile diversità tra il descritto procedimento speciale semplificato e quello ordinario di notifica (secondo un insegnamento poi ripreso da Cass. 2633/2016, 10132/2017, 23728/2017); si è precisato infatti ricostruendo e così validando l’istituto – che la norma denunciata garantisce adeguatamente il diritto di difesa, nella sua declinazione di conoscibilità, da parte del debitore, dell’attivazione del procedimento fallimentare a suo carico, proprio in ragione del predisposto duplice meccanismo di ricerca del debitore che, ai fini della sua partecipazione al giudizio, viene notiziato prima presso l’indirizzo PEC, del quale è obbligato a dotarsi e che è tenuto a mantenere attivo durante la vita dell’impresa, in forza di un sistema che presuppone il corretto operare della disciplina delle comunicazioni telematiche dell’ufficio giudiziario e che consente di giungere ad una conoscibilità effettiva dell’atto da notificare equipollente a quella conseguibile con i meccanismi ordinari (ufficiale giudiziario e agente postale); solo a fronte della non utile attivazione di tale primo meccanismo segue la notificazione presso l’indirizzo della sede legale, da indicare obbligatoriamente nel registro delle imprese, la cui funzione è assicurare un sistema organico di pubblicità legale che renda conoscibili ed opponibili ai terzi i dati concernenti l’impresa e le sue principali vicende; in caso di esito negativo del duplice meccanismo di notifica, il deposito dell’atto introduttivo della procedura fallimentare presso la casa comunale ragionevolmente si pone come conseguenza immediata e diretta della violazione, da parte dell’imprenditore collettivo, di obblighi impostigli per legge (Cass. 5311/2020);

5. va in questa sede aggiunto, con riguardo alla fattispecie, che la deduzione delle cause non imputabili alla parte, ed all’origine della dedotta questione, non si accompagna affatto ad una loro rappresentazione specifica nel ricorso, nè si indica dove e come se ne sia dibattuto avanti al giudice del merito; l’impugnazione reitera un’asserzione pregiudiziale di astratta irresponsabilità (del debitore) nella mancata presa di conoscenza della notifica, limitandosi a sollevare il dubbio che l’insuccesso della notifica effettuata via PEC dal cancelliere del tribunale, benchè culminata appunto in un “esito negativo”, avesse una causa più specifica ma non resa nota in giudizio oppure dipendesse da fattori estranei alla parte, sul punto osservando che due notifiche rispettivamente di data anteriore al fallimento, afferenti all’istruttoria e, poi, alla sentenza,erano arrivate nella casella di posta elettronica della società stessa; si tratta di circostanze e limiti che incidono escludendola – sulla rilevanza della questione sollecitata, anche a volerne assumere tratti di originalità rispetto alle fattispecie tratte dalle ordinanze di rimessione già affrontate e respinte dal Giudice delle leggi;

6. i primi due motivi, in ragione del rapporto di connessione e parziale sovrapponibilità tra loro esistente, possono essere esaminati congiuntamente; il ricorrente si duole, in primo luogo, dell’omesso passaggio, da parte dell’ufficiale giudiziario, alla notificazione a mezzo posta e al contempo invoca un’interpretazione della L. Fall., art. 15, comma 3, secondo un significato dell’espressione “per qualsiasi ragione” da riferire esclusivamente alle ipotesi di impossibilità di notificazione via PEC per causa imputabile al debitore;

7. le critiche sono infondate; la norma, applicabile per i procedimenti introdotti dopo il 31.12.2013, stabilisce che quando, per qualsiasi ragione, la notificazione via PEC a cura del cancelliere “non risulta possibile o non ha esito positivo”, opera l’onere di notifica a cura del ricorrente, che “si esegue esclusivamente di persona a norma del D.P.R. 15 dicembre 1959, n. 1229, art. 107, comma 1, presso la sede risultante dal registro delle imprese” ed infine che allorchè la notificazione “non può essere compiuta con queste modalità, si esegue con il deposito dell’atto nella casa comunale della sede che risulta iscritta nel registro delle imprese e si perfeziona nel momento del deposito stesso”; la disposizione ha dunque introdotto, all’esito oggettivamente negativo della notifica via PEC affidata in prima battuta al cancelliere, una rigida sequenza procedimentale, scandita da modalità di notificazione alternative e tra loro gradate, secondo uno scopo – riassunto anche dal citato indirizzo costituzionale – evidentemente sia acceleratorio dei tempi per la definizione del procedimento sia responsabilizzante le condotte degli imprenditori, che devono dotarsi di PEC curandone la manutenzione e così concorrere all’affidabilità delle comunicazioni del sistema così congegnato; il contenuto sanzionatorio della norma emerge dunque solo in via indiretta, laddove – quanto all’instaurazione del contraddittorio prima dell’udienza e con l’obiettivo pubblicistico della celerità del procedimento – l’imprenditore sia venuto meno al suo dovere di munirsi dell’indirizzo PEC e si sia reso irreperibile, anche momentaneamente, all’indirizzo della sede dell’impresa ovvero non abbia verificato l’esatto funzionamento della casella di posta elettronica;

8. il testo vigente ha, perciò, esteso la notificazione a mezzo posta elettronica certificata, secondo uno schema già previsto dall’art. 149-bis c.p.c., per l’atto introduttivo del processo civile, adattando la norma alla forma dell’atto introduttivo dell’istruttoria prefallimentare, che si avvia con il ricorso, già nella diretta disponibilità della cancelleria (Cass. 16864/2018); è a carico dell’ufficio la comunicazione a mezzo posta certificata, in replica ad un’esperienza praticata nei procedimenti di opposizione a sanzione amministrativa (L. n. 689 del 1981, art. 23, comma 2; ora, del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 6, comma 8), una modalità applicata a tutti i debitori-imprenditori (sia individuali che societari), atteso che ogni imprenditore, individuale o collettivo, iscritto al registro delle imprese è tenuto a dotarsi di indirizzo di posta elettronica certificata, del D.L. n. 185 del 2008, ex art. 16, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 2 del 2009 (come novellata dalla L. n. 35 del 2012; per quelli individuali analogo obbligo è stato introdotto dal D.L. n. 179 del 2012, art. 5, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 221 del 2012); tale dato costituisce l’indirizzo “pubblico informatico” che i predetti hanno l’onere di attivare, tenere operativo e rinnovare nel tempo sin dalla fase di iscrizione nel registro delle imprese ed altresì per i dodici mesi successivi alla eventuale cancellazione da esso, con una responsabilità, sia nella fase di iscrizione che successivamente, gravante sul legale rappresentante della società (o il titolare), non avendo al riguardo alcun compito di verifica l’ufficio camerale (Cass. 31/2017);

9. nel caso di specie, l’impossibilità da parte della cancelleria di portare a compimento la notificazione via PEC risulta dall’emissione, da parte del sistema ed in maniera automatica, dell’avviso di mancata consegna, secondo una descrizione, proveniente dalla concomitante attestazione del cancelliere, da cui non risulta alcuna disfunzione dell’ufficio mittente; tanto basta perchè prenda avvio il descritto procedimento notificatorio con i passaggi subordinati posti dalla L. Fall., art. 15, comma 3, su iniziativa dei creditori istanti “senza che debba essere preceduta da un nuovo tentativo di notificazione a cura della cancelleria all’indirizzo di posta elettronica certificata del debitore” (Cass. 10511/2020);

10. non merita infatti accoglimento l’assunto del ricorrente, secondo il quale l’impossibilità di eseguire la notificazione a mezzo PEC avrebbe comportato l’obbligo della cancelleria di indagare le ragioni di tale inconveniente, se imputabili a comportamenti o fatti ascrivibili al destinatario; la norma, nel disporre l’operatività della citata sequenza “quando, per qualsiasi ragione, la notificazione non risulta possibile o non ha esito positivo” già secondo Cass. 8014/2017 “non prevede particolari modalità attestative circa l’impossibilità di eseguire la notifica a mezzo PEC, nè richiede la specifica allegazione del messaggio ritrasmesso dal gestore della posta elettronica certificata attestante l’esito negativo dell’invio, ben potendo l’esito della notifica essere attestato dal cancelliere al quale sia stato affidato il compito di procedere alla notifica in via telematica”; nella specie, con “attestazione telematica”, secondo i dati desunti dal registro di cancelleria riferiti al procedimento n. 390/2014, in data 11 giugno 2014 il cancelliere ha dato appunto atto che, reperito l’indirizzo INIPEC della debitrice ((OMISSIS)), il messaggio inviato (con l’allegato ricorso e decreto di convocazione) era oggetto di “mancata consegna rilasciata dal gestore di posta elettronica certificata del destinatario”, con la dicitura causale, riferita al citato indirizzo, “user unknown”, fatto su cui il ricorso non si è esercitato, reclamando, del tutto impropriamente, un’inversione dell’onere di provare l’alternativa ragione di insuccesso dell’adempimento, all’evidenza non riconducibile a disfunzioni del sistema di messaggistica pubblica; tale riscontro provoca il superamento altresì della censura inerente alla mancata acquisizione del fascicolo fallimentare telematico, posto che la segnalazione del relativo asserito vizio era inerente ad una lacuna informativa inconsistente e non diversamente apprezzabile ai fini del riscontro di conformità alla L. Fall., art. 15, comma 3, dell’istruttoria condotta dal tribunale; in ogni caso, non solo è stato acquisito il fascicolo di prime cure (come si desume dall’inciso contenuto a pag. 2 della sentenza impugnata) ma, per quanto questa Corte ha già affermato, la doglianza relativa alla mancata acquisizione del fascicolo prefallimentare non integra di per sè un error in procedendo tale da ridondare in nullità della decisione, potendo semmai riflettersi in carenze motivazionali, nella misura in cui si ometta l’esame di fatti decisivi che siano stati oggetto di discussione tra le parti (Cass. 10088/2019, n. m.);

11. le riferite circostanze di un avviso di cancelleria pervenuto alla società prima della sentenza di fallimento e al proprio indirizzo INIPEC (in data 9 luglio 2014) – oltre ad altro successivo (con oggetto la sentenza di fallimento) – semmai inducono a non escludere che il cattivo funzionamento della casella postale elettronica fosse inerente, almeno per la data e ora considerata, alla società debitrice (con propria responsabilità), con evidenziazione nel primo – tra l’altro – di una traccia comunicativa indiziante del procedimento (“rimessione al collegio per la decisione”, “rito: pre-fallimentare”), viziata per incompletezza suscettibile di nullità e non inesistenza e pervenuta quando era ancora organizzabile un’attività difensiva (la sentenza di fallimento è del 18 luglio 2018);

12. quanto al secondo punto, è la legge speciale fallimentare stessa ad imporre che la notifica ai sensi del D.P.R. n. 1229 del 1959, art. 107, comma 1, sia eseguita “di persona” e pertanto, in presenza del precetto legislativo, nessuna istanza particolare deve essere avanzata dal ricorrente, perchè l’ufficiale giudiziario vi è già obbligato per legge; appare così errata un’interpretazione della norma che vincoli tale soggetto al citato adempimento secondo le prescrizioni imposte alla comune parte dal secondo periodo del citato comma e ciò sia per il più limitato richiamo operato dalla L. Fall., art. 15, comma 3, solo alla notifica appunto di persona, così selettivamente individuato l’istituto, sia in quanto la modalità dell’istanza scritta di parte risulta dalla norma quale evidente condizione per dar corso all’alternativa del ministero, cui è tenuto di regola l’ufficiale giudiziario nei casi ordinari, di ricorso al servizio postale;

13. si aggiunge in tema che la locuzione “di persona” contenuta nella L. Fall., art. 15, comma 3, si riferisce appunto all’ufficiale giudiziario, il quale – come detto – deve procedere personalmente alla notifica e non può avvalersi del servizio postale, ma non ha riguardo anche al destinatario, al quale l’atto potrà essere notificato dall’ufficiale giudiziario a mani proprie o mediante consegna a soggetto idoneo a riceverlo, nelle forme del codice di rito; così per Cass. 30453/2019 (n. m.) si è precisato che la citata notificazione “non riveste carattere di esclusività per cui la notifica eseguita a mezzo posta al titolare dell’impresa debitrice, in assenza di indirizzo di posta certificata, perfezionatasi tramite la consegna alla segretaria presso la sede dell’impresa stessa, è mezzo idoneo a portare a conoscenza dell’imprenditore fallendo dell’esistenza di un procedimento prefallimentare a suo carico e del contenuto dello stesso”

14. la sentenza, nel dar conto degli adempimenti seguiti, appare pertanto conforme al costante orientamento di questa Corte (così Cass. 22352/2015) secondo cui in tema di procedimento per la dichiarazione di fallimento, ai fini del perfezionamento della notifica telematica del ricorso, prevista dalla L. Fall., art. 15, comma 3, occorre aver riguardo unicamente alla scandita e gerarchica sequenza procedimentale stabilita dalla legge che risulta ritualmente rispettata; il tribunale, pur essendo tenuto a disporre la previa comparizione in Camera di consiglio del debitore fallendo e ad effettuare, a tal fine, ogni ricerca per provvedere alla notificazione dell’avviso di convocazione, è infatti esonerato dal compimento di ulteriori formalità allorchè la situazione di irreperibilità di questi debba imputarsi alla sua stessa negligenza ovvero ad una condotta non conforme ai menzionati obblighi di correttezza di un operatore economico (Cass. 602/2017, 23728/2017 e 6836/2018, oltre che Cass. 10511/2020);

il ricorso va dunque rigettato; sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato (Cass. s.u. 4315/2020).

PQM

la Corte rigetta il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2021

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