Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13504 del 20/05/2019

Cassazione civile sez. II, 20/05/2019, (ud. 29/01/2019, dep. 20/05/2019), n.13504

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – rel. est. Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

T.S., rappresentato e difeso per procura alle liti in calce

al ricorso dagli Avvocati Maria Assunta Giusti, Chiara Gasparini e

Calogero Agozzino, elettivamente domiciliato presso lo studio

dell’Avvocato Elena Contini in Roma, piazza Irnerio n. 29.

– ricorrente –

contro

Fallimento (OMISSIS) in liquidazione, con sede in (OMISSIS), in

persona del curatore Dott. C.S., rappresentato e difeso

per procura alle liti a margine del controricorso dagli Avvocati

Enrico Almici e Luca Zitiello, elettivamente domiciliato presso lo

studio di quest’ultimo in Roma, via Nazionale n. 204.

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3088 della Corte di appello di Milano,

depositata il 5 agosto 2014.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

T.S. convenne dinanzi al Tribunale di Busto Arsizio, sezione distaccata di Saronno, la s.r.l. Aster chiedendo che fosse dichiarato risolto per inadempimento della convenuta il contratto per la fornitura e posa in opera di serramenti blindati presso la sua abitazione concluso nel 2007 o, in via subordinata, la riduzione del prezzo convenuto, assumendo che l’opera realizzata presentava vizi e difetti che la rendevano inidonea all’uso.

La società Aster contestò la domanda e chiese in via riconvenzionale il pagamento del saldo prezzo anche per i lavori aggiuntivi, di cui alla fattura n. (OMISSIS) di Euro 9.451,20.

All’esito dell’istruttoria, in cui venne svolta anche consulenza tecnica d’ufficio, il Tribunale con sentenza n. 72 del 2009 rigettò la domanda di risoluzione del contratto e condannò il T. al pagamento della somma di Euro 12.229,20, oltre interessi.

Proposto appello principale da parte della società (OMISSIS), già Aster, e incidentale da parte del T., la Corte di appello di Milano con sentenza n. 3088 del 5 agosto 2014 riformò in parte la decisione impugnata, condannando il T. al pagamento in favore della (OMISSIS) s.r.l. nel frattempo dichiarata fallita e quindi del suo Fallimento dell’ulteriore importo di Euro 9.451,20. In particolare la Corte territoriale rigettò l’appello incidentale con cui il committente aveva insistito per la declaratoria di risoluzione del contratto rilevando che sulla scorta delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio la posa in opera dei serramenti presentava solo difetti marginali, rimediabili con una spesa già considerata dal giudice di primo grado in sede di riduzione del prezzo convenuto; accolse invece l’appello principale affermando che il giudice di primo grado era incorso in un palese errore laddove aveva decurtato dal prezzo l’importo di cui alla fattura n. (OMISSIS), che invece riguardava i lavori aggiuntivi relativi alla smaltatura dei serramenti ed un costo per la maggiore mano d’opera impiegata, importo che invece andava riconosciuto all’impresa risultando tali voci provate. Con successiva ordinanza del 6.12.2014, su istanza del Fallimento (OMISSIS), la Corte di Milano corresse il dispositivo della pronuncia, indicando nell’importo 18.902,40 quanto ulteriormente dovuto dal T..

Con atto notificato il 14.1.2015 T.S. ricorre per la cassazione di questa sentenza, sulla base di quattro motivi.

Resiste con controricorso e successiva memoria il Fallimento s.r.l. (OMISSIS) in liquidazione.

La causa è stata avviata in decisione in adunanza camerale non partecipata. Il primo motivo di ricorso denunzia violazione degli artt. 61,115 e 116 c.p.c., lamentando che la sentenza impugnata abbia accolto acriticamente le risultanze della consulenza tecnica d’ufficio, senza esaminare le numerose critiche che a tali accertamenti erano state rivolte dal consulente di parte dinanzi al Tribunale, compiutamente reiterate nella comparsa di costituzione ed appello incidentale, ed altresì disatteso la propria richiesta di rinnovo della consulenza.

Il mezzo appare inammissibile e comunque infondato.

Sotto il primo profilo in quanto per orientamento consolidato di questa Corte in tema di valutazione delle risultanze probatorie in base al principio del libero convincimento del giudice, la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., è apprezzabile, in sede di giudizio di legittimità, nei limiti del vizio di motivazione, sicchè la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, bensì un errore di fatto, che deve essere censurato nei limiti consentiti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54,convertito dalla L. n. 134 del 2012 (Cass. n. 23940; Cass. n. 24434 del 2016; Cass. n. 14267 del 2006), vizio che invece non è stato sollevato.

Si osserva inoltre che nel caso di specie la parte ricorrente non ha anche dedotto che le critiche rivolte alla consulenza tecnica d’ufficio non siano state esaminate e quindi confutate dal consulente nella propria relazione, condizione a cui la giurisprudenza di questa Corte ricollega uno specifico obbligo di motivazione da parte del giudice di merito (Cass. n. 15147 del 2018) inoltre la sentenza impugnata ha esaminato l’istanza di rinnovazione della consulenza avanzata dall’odierno ricorrente ed esposto le ragioni del suo mancato accoglimento.

Con il secondo motivo il ricorrente, denunziando violazione degli artt. 1453 e 1668 c.c., censura la sentenza impugnata la Corte territoriale per avere respinto la propria domanda di risoluzione del contratto per inadempimento pur avendo accertato la inidoneità dei vecchi falsi telai in legno a supportare il notevole peso dei nuovi serramenti blindati e quindi il pregiudizio conseguente all’utilizzazione degli stessi.

Il mezzo è infondato, atteso che esso muove da un presupposto di fatto, vale a dire che la mancata sostituzione dei falsi telai avrebbe compromesso la stabilità e funzionalità dei nuovi serramenti, che non solo costituisce il risultato di una valutazione di fatto sottratta al sindacato di legittimità di questa Corte, ma che appare smentito dalla sentenza laddove ha affermato, richiamando le conclusioni della consulenza tecnica d’ufficio, che i manufatti installati presentavano soltanto difetti marginali e che essi non ne compromettevano la funzionalità.

Il terzo motivo di ricorso, che denunzia violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e degli artt. 2697, 1661 e 2727 c.c., censura la statuizione di secondo grado che ha accolto la richiesta della società convenuta di pagamento del prezzo dei lavori fuori contratto, nonostante che tale importo fosse stato contestato e non fosse stata fornita la prova che essi erano stati ordinati, nè potendo la stessa trarsi dal mero svolgimento del lavoro e dalla mancata opposizione sul punto del committente.

Il motivo è fondato.

La Corte di merito ha riconosciuto il credito della impresa appaltatrice in ordine ai lavori di smaltatura in bianco dei serramenti, che pacificamente non erano stati previsti in contratto, reputando che essi, per la loro vistosità, non potevano essere frutto di una scelta unilaterale dell’esecutore e che non era credibile che non fossero stati accettati dal committente, che nulla aveva obiettato circa la loro esecuzione nè aveva mai sollevato critiche, pur nell’ambito delle suo numerose contestazioni, in ordine al fatto che il materiale fornito fosse di colore diverso. La motivazione appare pertanto incentrarsi sulla affermazione che l’opera, una volta eseguita, sia stata tacitamente accettata dal committente, non già sul fatto che questi l’avesse ordinata.

Questa argomentazione non può essere condivisa atteso che, muovendo dal duplice presupposto di fatto che il lavoro in questione era nuovo rispetto alle previsioni del contratto e che esso non era stato ordinato dal committente, ha disapplicato la regola posta dall’art. 1559 c.c., che condiziona il riconoscimento del credito dell’appaltatore alle variazioni al progetto da lui eseguite all’autorizzazione del committente, che deve essere provata per iscritto. Questa Corte ha avuto modo di precisare che il regime probatorio delle variazioni dell’opera in materia di appalto muta a seconda che queste siano dovute all’iniziativa dell’appaltatore o a quella del committente, atteso che, nel primo caso, l’art. 1659 c.c., richiede che le modifiche siano autorizzate dal committente e che l’autorizzazione risulti da atto scritto, mentre nel secondo, invece, l’art. 1661 c.c., consente, secondo i principi generali, all’appaltatore di provare con tutti i mezzi consentiti, ivi comprese le presunzioni, che le variazioni sono state richieste dal committente (Cass. n. 19099 del 2011). Ne discende che il mero fatto che il lavoro extracontratto di cui si discute sia stato accettato in modo tacito dal committente non è sufficiente a ritenere sussistente la condizione prevista dalla legge ai fini del riconoscimento del compenso all’appaltatore, in quanto, se si muove dal presupposto, accolto dalla Corte territoriale, che la variazione non era stata ordinata e dipendeva quindi da una iniziativa dell’appaltatore, questi avrebbe dovuto provare che essa era stata autorizzata per iscritto dall’altra parte.

Il quarto motivo di ricorso denunzia violazione degli artt. 277 e 112 c.p.c., lamentando che la Corte territoriale non abbia esaminato il motivo di appello che chiedeva la riforma della sentenza di primo grado nella parte in cui aveva respinto la sua domanda di risarcimento del danno causato dal non aver potuto il committente usufruire, per fatto della controparte ella detrazione fiscale sull’importo di Euro 10.200,00 versato a titolo di acconto in data 12.7.2007.

Anche questo motivo è fondato.

Dalla lettura della comparsa di risposta ed appello incidentale depositata dal T. in secondo grado, consentito a questa Corte in ragione della natura processuale del vizio denunziato, emerge che la parte aveva con specifico motivo impugnato il capo della sentenza del Tribunale che aveva rigettato, per difetto di prova, la sua domanda di risarcimento del danno per non avere potuto usufruire, per fatto della controparte, della detrazione fiscale prevista dalla legge. Poichè tale motivo di impugnazione non è stato esaminato dalla Corte di appello, è evidente il vizio di omessa pronuncia da parte della sentenza impugnata.

In conclusione vanno accolti il terzo ed il quarto motivo di ricorso, mentre sono respinti il primo ed il secondo. La sentenza impugnata va quindi cassata in relazione ai motivi accolti e la causa rinviata ad altra Sezione della Corte di appello di Milano, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il terzo e quarto motivo di ricorso, respinti il primo ed il secondo; cassa in relazione ai motivi accolti la sentenza impugnata e rinvia la causa ad altra Sezione della Corte di appello di Milano, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 maggio 2019

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