Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13502 del 02/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 02/07/2020, (ud. 27/01/2020, dep. 02/07/2020), n.13502

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7257-2012 proposto da:

D.A.M.L., rappresentato e difeso dall’Avv. CHIARA

BONAGUIDI ed elettivamente domiciliato in ROMA VIA FRANCESCO DENZA

15, presso lo studio dell’avvocato SUSANNA LOLLINI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, DIREZIONE PROVINCIALE DI PISA, in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 8/2011 della COMM. TRIB. REG. di FIRENZE,

depositata il 28/01/2011;

udita la relazione della causa Svolta nella camera di consiglio del

27/01/2020 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO.

Fatto

RILEVATO

che:

A seguito di processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza, notificato il 27 settembre 2002, l’Agenzia delle Entrate notificò al sig. D.A.M.L. il 24 novembre 2006 due avvisi di accertamento ai fini IRPEF, IVA ed IRAP per gli anni d’imposta 2000 e 2001, impugnati dal contribuente con separati ricorsi dinanzi alla Commissione tributaria provinciale (CTP) di Pisa.

Instauratosi regolarmente il contraddittorio con l’Ufficio, la CTP, previa riunione dei ricorsi – disattese le questioni preliminari di merito riferite alla dedotta preclusione di ciascun accertamento per l’adesione del contribuente al c.d. condono tombale ai sensi della L. 27 dicembre 2002, n. 289, ex art. 9 – accolse parzialmente i ricorsi limitatamente al contestato difetto d’inerenza dei costi per spese di viaggio ed acquisto di un macchinario.

Avverso la pronuncia di primo grado il contribuente propose appello dinanzi alla Commissione tributaria regionale (CTR) della Toscana, la quale, avendo l’Amministrazione prestato acquiescenza riguardo alle statuizioni della sentenza della CTP ad essa sfavorevole, chiedendo nel resto il rigetto dell’avverso gravame, respinse l’appello.

Avverso la sentenza della CTR il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a sei motivi, cui l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), artt. 53,54,55, secondo la numerazione applicabile ratione temporis, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentando l’erroneità della pronuncia impugnata nella parte in cui ha confermato, quanto all’anno d’imposta 2000, la legittimità della ripresa a tassazione di ricavi non dichiarati per Euro 53.411,00 con riferimento a versamenti effettuati in favore dell’impresa individuale da parte del titolare o comunque da soggetto interessato all’impresa, nella fattispecie il suocero, sig. L.M., qualificato dalla decisione impugnata come “socio occulto”.

Ciò, secondo parte ricorrente, si porrebbe in contrasto con le norme richiamate in rubrica, secondo cui detti versamenti non possono ritenersi imponibili, non trattandosi di ricavi, nè di plusvalenze patrimoniali, nè di sopravvenienze attive, rispettivamente in relazione agli artt. 53,54 e 55 del TUIR, secondo le relative disposizioni applicabili ratione temporis.

2. Con il secondo motivo il ricorrente, sviluppando ulteriormente la doglianza di cui alla precedente censura, lamenta violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, assumendo che, una volta negata, in forza delle considerazioni sopra espresse, natura di ricavi imponibili ai versamenti effettuati in favore della ditta individuale dal titolare o da persona interessata all’impresa, deve di conseguenza negarsi la legittimità dell’accertamento presuntivo ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, cit. art. 39.

3. Con il terzo motivo il contribuente denuncia violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR), art. 75, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui la sentenza impugnata ha negato la deducibilità degli interessi passivi in relazione agli accertamenti riferiti a ciascun anno d’imposta, atteso che l’art. 75 del TUIR, nella sua formulazione applicabile ratione temporis, non correla assolutamente la deducibilità degli interessi passivi al principio d’inerenza, anzi la esclude proprio.

4. Con il quarto motivo il ricorrente censura la sentenza impugnata per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo della controversia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, con riferimento, relativamente all’omessa dichiarazione di ricavi per Euro 53.411,00 (pari a lire 103.418.748), quanto alla mancata e/o erronea valutazione dei documenti prodotti dal ricorrente, che avrebbero comprovato che i versamenti effettuati dal suocero per gli anni in questione in favore della ditta individuale dell’attuale ricorrente dovevano intendersi come anticipazioni destinate a far fronte al pagamento di fornitori, in presenZa di una situazione di carenza di liquidità.

5. Con il quinto motivo il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, contraddittoria o insufficiente motivazione con riferimento alla ritenuta applicabilità della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 14, nella parte in cui la sentenza impugnata ha affermato la sussistenza di causa ostativa al condono, ai sensi della L. n. 289 del 2002, cit. art. 9, riguardo alla notifica, “con esito positivo”, anteriormente all’entrata in vigore della citata legge, di processo verbale di constatazione, in quanto a seguito dalla notifica, quantunque solo in data 24 novembre 2006, degli avvisi di accertamento poi impugnati dal contribuente, ritenendo quindi la CTR, secondo il contribuente, erroneamente non applicabile nella fattispecie in esame il disposto del D.L. 24 giugno 2003, n. 143, art. 1, comma 2 – terdecies, convertito, con modificazioni, nella L. 1 agosto 2003, n. 212.

6. Con il sesto motivo, infine, il ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione del D.L. 24 giugno 2003, n. 143, art. 1, comma 2 – terdecies, così come convertito dalla succitata L. n. 212 del 2003, nella parte in cui la sentenza impugnata ha escluso che nella fattispecie in esame potesse trovare applicazione l’efficacia preclusiva di ogni accertamento tributario per effetto della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 10, lett. a), non avendo la decisione impugnata rilevato l’ampliamento delle ipotesi di fruizione del condono per effetto della succitata disposizione innovativa di cui al D.L. n. 143 del 2003, art. 1, comma 2 – terdecies.

7. Devono essere trattati, in ordine logico, prioritariamente, il quinto ed il sesto motivo.

Essi, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto tra loro connessi, sono infondati.

7.1. La sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione dei principi affermati in materia da questa Corte secondo cui “In tema di condono fiscale, la notifica del verbale di constatazione costituisce causa ostativa al condono c.d. tombale per anni pregressi, a norma della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9, comma 14, anche per i contribuenti che non abbiano ancora ricevuto il conseguente avviso di accertamento alla data di entrata in vigore del D.L. 24 giugno 2003, n. 143, art. 1, comma 2 terdecies, introdotto dalla legge di conversione 1 agosto 2003, n. 212, poichè questa previsione ha la funzione di precisare la portata del principio, escludendo l’efficacia preclusiva del verbale previamente notificato laddove l’esito positivo dello stesso sia smentito da una contraria determinazione dell’ufficio impositore” (cfr. Cass. sez. 5, ord. 27 luglio 2012, n. 13442; Cass. sez. 6-5, ord. 7 gennaio 2015, n. 34).

7.2. La L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 14, stabilisce, per quanto qui interessa, che le disposizioni del detto articolo, segnatamente, ai fini di ciò che rileva in questa sede, dell’effetto preclusivo (L. n. 282 del 2002, art. 9, comma 10) di ogni accertamento tributario nei confronti del dichiarante che consegua al perfezionamento del c.d. condono tombale secondo la procedura prevista dal citato articolo nove, non si applicano qualora: lett. a), alla data di entrata in vigore della medesima legge, sia stato notificato processo verbale di constatazione con esito positivo, ovvero avviso di accertamento ai fini delle imposte dirette (…).

7.3. Il D.L. n. 143 del 2003, art. 1, comma 2 – terdecies, entrato in vigore il 12 agosto 2003 con la legge di conversione n. 212/2003, prevede che “Gli stessi effetti di cui alla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9, comma 10, sono altresì prodotti nel caso in cui, prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto” (12 agosto 2003) il processo verbale non abbia dato luogo ad avvio di accertamento o rettifica nei confronti di provvedimento dell’Amministrazione finanziaria ovvero nel caso in cui l’avviso di accertamento emesso dall’ufficio sia stato annullato per a utotutela “.

7.4. Tenuto conto anche del disposto della stessa L. n. 289 del 2002, art. 15, comma 1, secondo il quale, per quanto qui rileva, i processi verbali di constatazione relativamente ai quali, alla data di entrata in vigore della legge medesima, non è stato notificato avviso di accertamento, sono suscettibili di essere definiti secondo le modalità previste dallo stesso art. 15, ne deriva che, diversamente da quanto prospettato dal ricorrente, notificato, il processo verbale di constatazione il 27 settembre 2002, il fatto che gli avvisi di accertamento non siano stati notificati entro la data del 12 agosto 2003, non sortisce effetto preclusivo dell’accertamento, non essendo seguito alla notifica di detto pvc, prima dell’anzidetta data di entrata in vigore della L. n. 212 del 2003, un provvedimento di segno opposto dell’Amministrazione finanziaria, mentre l’esito positivo di cui all’art. 9, comma 14, del processo verbale di constatazione va riferito alla notifica degli avvisi di accertamento notificati in data 24 novembre 2006.

Il quinto ed il sesto motivo, in disparte anche ulteriori profili quanto all’inammissibilità del quinto, con il quale si deduce un vizio motivazionale afferente non ad accertamento di fatto ma a motivazione in diritto, vanno quindi rigettati.

8. Il primo, il secondo ed il quarto motivo possono a loro volta essere trattati congiuntamente, in quanto tra loro connessi.

8.1. Essi sono ugualmente infondati.

La sentenza impugnata ha dato atto della provenienza, quanto alle somme versate sul conto mastro del titolare della ditta individuale, per gli importi di lire 43.000.000 e di lire 5.000.000, della dedotta provenienza dal suocero del titolare della ditta medesima, spiegandone in maniera logica la riferibilità all’attività d’impresa in termini di ricavi in relazione al suo accertato ruolo di “socio occulto” e/o di “rappresentante informale” della stessa, neppure effettivamente contestato in sede di ricorso per cassazione da parte del ricorrente, non emergendo, di contro, alcuna giustificazione valida offerta dal contribuente circa la provenienza sia di dette somme trasferite dal conto del suocero, sia delle altre direttamente versate dal titolare della ditta, non risultando quest’ultimo svolgere altra attività d’impresa o lavoro dipendente da cui trarre risorse da immettere nell’impresa oggetto di accertamento.

8.2. A ciò consegue, pertanto, la legittimità dell’accertamento presuntivo delle somme succitate in termini di maggiori ricavi non dichiarati da parte del contribuente per entrambe le annualità in questione, in ragione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), non essendo stati superati gli elementi presuntivi, indicati dalla CTR, dotati dei requisiti di gravità, precisione e concordanza da idonea prova contraria atta a comprovare, quali finanziamenti alla ditta individuale, gli importi versati sul conto del titolare dell’impresa stessa.

9. E’ invece fondato e, come tale, va accolto, il terzo motivo.

L’art. 75, comma 5, del TUIR, nella formulazione applicabile ratione temporis, stabilisce che “Le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale, sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito; se si riferiscono indistintamente ad attività o beni produttivi di proventi computabili e ad attività o beni produttivi non computabili nella determinazione del reddito sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto di cui all’art. 63, commi 1, 2 e 3”. Questa Corte ha quindi chiarito che ai sensi della succitata disposizione, ai fini della determinazione del reddito d’impresa, ed a differenza della precedente normativa contenuta nel D.P.R. 20 settembre 1973, n. 597, art. 74, gli interessi passivi sono sempre deducibili, anche se nei limiti di cui al detto D.P.R. n. 917 del 1986, art. 63 (ora 96), che indica misura e calcolo degli interessi passivi deducibili in via generale, senza che sia necessario operare alcun giudizio di inerenza (cfr., più di recente, Cass. sez. 5, 14 maggio 2014, n. 10501, oltre a Cass. sez. 5, 3 febbraio 2010, n. 2440, citata da parte ricorrente; in senso conforme si veda già Cass. sez. 5, 21 novembre 2001, n. 14702).

La sentenza impugnata, che ha disconosciuto la deducibilità degli interessi passivi con riferimento ad entrambe le annualità in difetto di prova che afferissero a ricavi concorrenti a formare il reddito d’impresa, si pone dunque in contrasto con la norma in esame quale interpretata da questa Corte secondo il summenzionato indirizzo, cui va assicurata ulteriore continuità e va dunque in parte qua cassata. 10. La causa va dunque rimessa per nuovo esame alla Commissione tributaria regionale della Toscana, in diversa composizione, che, uniformandosi al principio di diritto trascritto nel paragrafo che precede, provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso in relazione al terzo motivo, rigettati gli altri.

Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Toscana, in diversa composizione, cui demanda anche di provvedere in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 27 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2020

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