Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13500 del 29/05/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 13500 Anno 2013
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: MAROTTA CATERINA

ORDINANZA
sul ricorso 7452-2012 proposto da:
MAGAZZINO

ANNUNZIATA

MGZNNZ67S63E205S,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 183,
presso lo studio dell’avvocato URSULA BENINCAMPI,
rappresentata e difesa dall’avvocato D’ADDARIO FILOMENA,
giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE 80078750587 in persona del Direttore Centrale Prestazioni
a sostengo del reddito, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati
ANTONIETTA CORETTI, VINCENZO TRIOLO, EMANUELE
DE ROSE, VINCENZO STUMPO, giusta procura speciale in calce al
ricorso notificato;

Data pubblicazione: 29/05/2013

- resistente avverso la sentenza n. 56/2011 della CORTE D’APPELLO di
LECCE – Sezione Distaccata di TARANTO del 26.1.2011, depositata
il 15/09/2011;

dell’11/04/2013 dal Consigliere Relatore Dott. CATERINA
MAROTTA.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott.
COSTANTINO FUCCI.
1 – Considerato che è stata depositata relazione del seguente
contenuto:
“Con ricorso al Tribunale, giudice del lavoro, di Taranto, l’I.N.P.S.
proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo ottenuto da
Annunziata Magazzino, operaia agricola a tempo determinato, avente
ad oggetto differente a titolo di adeguamento dell’indennità di
disoccupazione agricola per gli anni dal 1987 al 1992. L’adito Tribunale
accoglieva l’opposizione e revocava il decreto ingiuntivo sul rilievo
dell’intervenuta decadenza annuale del diritto ritenendo applicabile,
anche all’ipotesi di riliquidazione dell’indennità di disoccupazione nel
settore agricolo, il termine annuale di decadenza di cui all’art. 47 del
d.P.R. n. 639 del 1970 e successive modifiche. A seguito dell’appello
proposto dalla parte privata la Corte di Appello di Lecce – sezione
distaccata di Taranto – con sentenza n. 56/2011 confermava la
decisione di primo grado.
Contro la sentenza di appello ricorre l’interessata deducendo: 1) e
2) violazione e falsa applicazione dell’art. 47 del d.P.R. n. 639 del 1970
(art. 360, n. 4, cod. proc. civ.) nonché 3) omessa motivazione circa un
punto decisivo della controversia (art. 360, n. 5 cod. proc. civ.) e

Ric. 2012 n. 07452 sez. ML – ud. 11-04-2013
-2-

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio

violazione e falsa applicazione della legge n. 639 del 1970, art. 47,
commi 2 e 3 (come modificato dalla legge n. 438 del 1992, art. 4),
dell’art. 77 del 1989, artt. 45 e 46 (così nel ricorso) e della legge n. 160
del 1988, art. 7, comma 3 (art. 360 n. 4, cod. proc. civ.), per avere la
Corte territoriale affermato che il termine di decadenza di cui al citato

cui la domanda giudiziale sia volta ad ottenere solo l’adeguamento di
una prestazione previdenziale già riconosciuta e comunque per non
aver correttamente applicato il suddetto art. 47 considerato che il
termine per impugnare la decisione è di un anno e 180 giorni dal
pagamento parziale, nella specie non decorso.
L’Ente è rimasto solo intimato.
Il ricorso appare qualificabile come manifestamente fondato e,
pertanto, va trattato in camera di consiglio per essere accolto.
Secondo l’orientamento prevalente di questa Corte, consolidatosi
con la pronuncia delle Sezioni unite 29 maggio 2009 n. 12720 – che
conferma le tesi della precedente Cass. Sez. un. n. 6491 del 1996 – , la
decadenza di cui all’art. 47 del d.P.R. n. 639 del 1970, all’art. 6 del dl. n.
103 del 1991, convertito dalla legge n. 166 del 1991 e all’art. 4 del d.l. n.
384 del 1992 convertito dalla legge n. 438 del 1992, non trova
applicazione in tutti quei casi in cui la domanda giudiziale sia intesa
non già al riconoscimento del diritto alla prestazione previdenziale in
sé considerata, ma solo all’adeguamento della prestazione già ottenuta,
perché riconosciuta solo in parte e liquidata in un importo inferiore a
quello dovuto. La correttezza della ricostruzione del quadro normativo
di riferimento nei termini sopra richiamati, risulta indirettamente
avvalorata dall’art. 38, primo comma, lett. d) del d. 1. n. 98 del 2011,
convertito in legge n. 111 del 2011, intervenuto nelle more del presente
giudizio ed interpretato da questa Corte (vedi Cass. n. 6959 del 2012 e
Ric. 2012 n. 07452 sez. ML – ud. 11-04-2013
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art. 47 trovi applicazione nell’ipotesi, come quella del caso di specie, in

numerose successive conformi) nei sensi di cui al seguente principio di
diritto: “In tema di decadenza delle azioni giudiziarie volte ad ottenere
la riliquidazione di una prestazione parzialmente riconosciuta, la
novella dell’art. 38 lett. d) del d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv. in 1. n. 111
del 2011 – che prevede l’applicazione del termine decadenziale di cui

oggetto l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il
pagamento di accessori del credito -, detta una disciplina innovativa
con efficacia retroattiva limitata ai giudizi pendenti in primo grado alla
data di entrata in vigore delle nuove disposizioni, con la conseguenza
che, ove la nuova disciplina non trovi applicazione, come nel caso di
giudizi pendenti in appello, o in cassazione alla data predetta, vale il
generale principio dell’inapplicabilità del termine decadenziale”.
2 – Ritiene questa Corte che, fatta eccezione per l’erroneo
riferimento alla posizione dell’I.N.P.S. quale mero intimato (avendo
l’Ente resistito con controricorso), le osservazioni in fatto e le
argomentazioni e conclusioni in diritto svolte dal relatore siano del
tutto condivisibili, siccome coerenti alla consolidata giurisprudenza di
legittimità in materia. Ricorre con ogni evidenza il presupposto dell’art.
375, n. 5, cod. proc. civ. per la definizione camerale del processo,
soluzione non contrastata dalle parti – che non hanno depositato
memorie – e condivisa dal Procuratore generale, che ha aderito alla
relazione.
3 – Non essendosi il giudice di merito – che ha applicato alla
fattispecie in esame la decadenza di cui all’art. 47 del d.P.R. n. 639/70 e
successive modificazioni ed integrazioni -, attenuto all’indicato
principio, la sentenza impugnata deve essere cassata rinviandosi, anche
per le spese, alla Corte di appello di Lecce.

P.Q.M.
Ric. 2012 n. 07452 sez. ML – ud. 11-04-2013
-4-

all’art. 47 del d.P.R. 30 aprile 1970 n. 639, anche alle azioni aventi ad

LA CORTE accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, 1’11 aprile 2013.

yt

rinvia anche per le spese alla Corte di appello di Lecce.

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