Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13494 del 02/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 02/07/2020, (ud. 19/11/2019, dep. 02/07/2020), n.13494

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 17792/2012 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio

legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato.

– ricorrente –

contro

M.R.A., rappresentato e difeso dall’avv. Mario

Mattei, elettivamente domiciliato in Roma, via del Circo Massimo, n.

9, presso lo studio dell’avv. Francesco Innocenti.

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

dell’Umbria, sezione n. 1, n. 69/01/12, pronunciata il 18/01/2012,

depositata il 02/05/2012.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19 novembre

2019 dal Consigliere Riccardo Guida.

Fatto

RILEVATO

che:

l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti di M.R.A., che resiste con controricorso, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Umbria, menzionata in epigrafe, che – in controversia concernente l’impugnazione di un avviso di accertamento che recuperava a tassazione, ai fini IRPEF, IRAP e IVA, per il periodo d’imposta 2004, il reddito derivante da un contratto tra la casa di moda Celine e la M. Studio Srl (società partecipata dal contribuente), riguardante la creazione di capi donna della linea Celine prèt-à-porter, sul presupposto che effettivo beneficiario dei compensi erogati dalla maison francese fosse lo stilista M. – ha confermato la sentenza di primo grado, che aveva accolto il ricorso del contribuente;

la commissione umbra, per quanto ancora rileva, ha premesso che, secondo la giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 12788/2011), l’interposizione fittizia di persona ha come necessario presupposto giuridico la partecipazione, all’accordo simulatorio, non solo dell’interponente e dell’interposto, ma anche del terzo contraente, per giungere alla conclusione che una simile consapevolezza non era desumibile: “dal contenuto del contratto che legò Celine alla s.r.l. e M. personalmente, posto che esso fu preceduto dal contratto di esclusiva – cui Celine non partecipò nè si sostiene fosse stato con essa concertato – che legando M. alla s.r.l. imponeva a Celine di contrattare con la s.r.l. al fine di ottenere le prestazioni dello stilista.” (cfr. pag. 2 della sentenza impugnata);

a giudizio della CTR, inoltre: (a) l’ufficio neppure aveva sostenuto che C. avesse versato i compensi pattuiti a M., anzichè alla M. Studio Srl; (b) quest’ultima società, nonostante il ruolo centrale di M., non era uno schermo fittizio, per essere dotata di concreti mezzi di produzione (per es. numerosi dipendenti) e di un rilevante capitale (Euro 5.410.000); (c) la stessa società, seppure partecipata in prevalenza da M., era anche nella titolarità di Gepafin (una società riconducibile alla Regione Umbria).

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo del ricorso, denunciando, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio, l’Agenzia censura il vizio dell’apparato argomentavo della sentenza impugnata che, limitando le proprie considerazioni alla (erroneamente ritenuta) estraneità della casa di moda francese al congegno simulatorio, non ha colto che il contratto tra Celine e M. Studio Srl realizzava proprio un’interposizione fittizia in quanto, in sostanza, quest’ultima società non assumeva alcuna concreta obbligazione, mentre tutti gli obblighi di prestazioni creative erano esclusivamente posti a carico dello stilista M., “autentico e unico perno della causa negoziale.” (cfr. pag. 22 del ricorso per cassazione);

1.1. il motivo è fondato;

l’affermazione della commissione regionale, secondo cui mancherebbe la necessaria consapevolezza, da parte di Celine, dell’interposizione soggettiva pattuita tra M. Studio Srl (soggetto interposto) e M. (soggetto interponente), è carente, sotto il profilo dello sviluppo argomentativo, in quanto essa non tiene conto, per un verso, del fatto che il contratto in esame ha (pacificamente) una struttura trilaterale, per altro verso, della circostanza che tale negozio ha per oggetto le prestazioni del solo stilista M., mentre la M. Studio Srl assume esclusivamente il ruolo di ente destinatario del pagamento dei compensi erogati dalla casa di moda francese;

2. con il secondo motivo, denunciando, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 37, l’Agenzia censura la sentenza impugnata per non avere fatto corretta applicazione del “penetrante meccanismo accertativo” (cfr. pag. 26 del ricorso per cassazione) di cui al cit. art. 37, comma 3, e per avere quasi lasciato intendere che il recupero fiscale sarebbe stato fondato sull’inesistenza soggettiva dell’operazione, desumibile dall’inconsistenza aziendale della M. Studio Srl, quale aspetto che, in realtà, l’Amministrazione finanziaria non aveva mai nemmeno supposto, avendo focalizzato (piuttosto) la verifica sulla corretta imputazione degli effetti economico-reddituali del contratto, dei quali, secondo la prospettazione erariale, aveva fruito direttamente lo stilista M.;

2.1. il motivo è fondato;

in tema di accertamento rettificativo dei redditi, la disciplina antielusiva dell’interposizione, prevista dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 37, comma 3, non presuppone necessariamente un comportamento fraudolento da parte del contribuente, essendo sufficiente un uso improprio, ingiustificato o deviante di un legittimo strumento giuridico, che consenta di eludere l’applicazione del regime fiscale che costituisce il presupposto d’imposta; ne deriva che il fenomeno della simulazione relativa, nell’ambito della quale può ricomprendersi l’interposizione fittizia di persona, non esaurisce il campo di applicazione della norma, ben potendo attuarsi lo scopo elusivo anche mediante operazioni effettive e reali (Cass. 15/10/2014, n. 21794; conf.: 28/10/2015, n. 21952);

nella fattispecie, la sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione dell’art. 37, cit., che (come precisato) costituisce uno strumento di contrasto a comportamenti di elusione fiscale consistenti nell’imputazione di un reddito ad un soggetto diverso dall’effettivo beneficiario, per ragioni di convenienza fiscale;

al riguardo, la commissione umbra ha trascurato che, nel contratto di creazione di capi di moda in esame, è previsto il pagamento dei compensi alla M. Studio Srl (in perdita), anzichè allo stilista M., il quale, in effetti, era l’unico contraente obbligato, personalmente, alla prestazione di lavoro autonomo;

3. ne consegue che, accolti il primo e il secondo motivo, la sentenza è cassata, con rinvio alla CTR dell’Umbria, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale dell’Umbria, alla quale demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 19 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2020

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