Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13491 del 30/06/2016

Cassazione civile sez. VI, 30/06/2016, (ud. 18/05/2016, dep. 30/06/2016), n.13491

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12522-2015 proposto da:

T.M., T.F., elettivamente domiciliati in ROMA,

PIAZZA CAVOUR presso la CASSAZIONE, rappresentati e difesi dagli

avvocati GIOVANNI LO BELLO, TERESA TORNAMBE’ giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA SALUTE (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 206/2015 della CORTE D’APPELLO di PALERMO del

17/12/2014, depositata l’11/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/05/2016 dal Consigliere Relatore Dott. LINA RUBINO;

udito l’Avvocato Giovanni Lo Bello difensore dei ricorrenti che si

riporta ai motivi scritti.

Fatto

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

” T.F. e M. propongono ricorso per cassazione articolato in tre motivi avverso la sentenza n. 206/2014, depositata l’11 febbraio 2015 dalla Corte d’Appello di Palermo, con la quale si confermava il rigetto delle domande proposte dagli odierni ricorrenti nei confronti del Ministero della Salute, volte ad ottenere il risarcimento del danno subito per aver contratto un danno permanente alla salute a seguito di una trasfusione di sangue infetto eseguita alla nascita, nel 1978, in quanto gemelli nati prematuramente, per intervenuta prescrizione.

Sostengono che, contrariamente a quanto affermato dalla corte d’appello, il dies a quo della prescrizione dovrebbe essere collocato alla data della percezione della gravità del danno, che sarebbe avvenuta solo con la comunicazione del verbale della Commissione medico – ospedaliera alla quale avevano presentato domanda volta all’ottenimento dell’indennizzo di cui alla L. n. 201 del 1992, che per la prima volta certificò la sussistenza del nesso causale tra la trasfusione e il danno da essi riportato, ovvero nel 2005.

Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 cod. proc. civ., in quanto appare manifestamente infondato.

La corte d’appello nella sentenza impugnata si è attenuta ai principi di diritto affermati nel 2008 dalle Sezioni Unite di questa Corte ed ormai ampiamente consolidati in tema di decorrenza della prescrizione del danno da emotrasfusione, nè i ricorrenti offrono alcun argomento che possa indurre a discostarsene.

“La responsabilità del Ministero della salute per i danni conseguenti ad infezioni da virus HBV, HIV e HCV contratte da soggetti emotrasfusi è di natura extracontrattuale, nè sono ipotizzabili, al riguardo, figure di reato tali da innalzare i termini di prescrizione (epidemia colposa o lesioni colpose pianure);

ne consegue che il diritto al risarcimento del danno da parte di chi assume di aver contratto tali patologie per fatto doloso o colposo di un terzo è soggetto al termine di prescrizione quinquennale che decorre, a norma dell’art. 2935 c.c. e art. 2947 c.c., comma 1, non dal giorno in cui il terzo determina la modificazione causativa del danno o dal momento in cui la malattia si manifesta all’esterno, bensì da quello in cui tale malattia viene percepita o può essere percepita, quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo, usando l’ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche, da ritenersi coincidente non con la comunicazione del responso della Commissione medica ospedaliera di cui alla L. 25 febbraio 1992, n. 210, art. 4 ma con la proposizione della relativa domanda amministrativa, che attesta l’esistenza, in capo all’interessato, di una sufficiente ed adeguata percezione della malattia” (Cass. n. 28464 del 2013; Cass. S.U. n. 576 del 2008).

Si propone pertanto che il ricorso sia dichiarato manifestamente infondato”.

I ricorrenti hanno depositato memoria.

A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il Collegio, esaminate le osservazioni dei ricorrenti sviluppate nella memoria, ha ritenuto di condividere pienamente le conclusioni in fatto e in diritto cui è prevenuta la relazione.

Il ricorso proposto va pertanto rigettato.

Le spese seguono la soccombenza, e si liquidano come al dispositivo.

Infine, il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 18, pertanto deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla citata L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Liquida le spese legali in Euro 2.000,00, oltre spese prenotate a debito, oltre accessori e contributo spese generali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 18 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2016

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