Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13491 del 03/06/2010

Cassazione civile sez. lav., 03/06/2010, (ud. 28/04/2010, dep. 03/06/2010), n.13491

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA

CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, PULLI CLEMENTINA, giusta procura speciale

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

A.M.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 409/2009 della CORTE D’APPELLO di LECCE del

19.2.09, depositata il 02/03/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/04/2010 dal Consigliere Relatore Dott. D’AGOSTINO Giancarlo;

E’ presente il P.G. in persona del Dott. FINOCCHI GHERSI Renato.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

A.M., bracciante agricola, con ricorso del 11.9.2003 al Tribunale di Brindisi, ha chiesto l’accertamento del suo diritto all’assegno ordinario di invalidita’ a decorrere dalla data della domanda amministrativa (31.10.2002). Il Tribunale, disposta una CTU, ha respinto la domanda. La Corte di Appello di Lecce, con sentenza depositata il 2.3.2009, in riforma della decisione di primo grado, ha dichiarato il diritto della lavoratrice alla prestazione richiesta a decorrere dal 1 gennaio 2008, poiche’ dalla CTU e dalla documentazione medica prodotta e’ risultato che il requisito sanitario si e’ perfezionato nel gennaio 2008.

Avverso detta sentenza l’INPS ha proposto ricorso con un motivo con il quale, denunciando violazione del D.P.R. n. 488 del 1968, art. 18 e della L. n. 222 del 1984, art. 12 ha sostenuto che qualora i requisiti cui e’ subordinato il diritto alla prestazione previdenziale non siano presenti al momento della presentazione della domanda e maturino in epoca successiva ad essa, il diritto alla prestazione inizia a decorrere non dal momento della accertata insorgenza dello stato invalidante, bensi’ dal primo giorno del mese successivo a quello in cui si sono perfezionati tutti i requisiti.

L’intimato non si e’ costituito. Il ricorso e’ infondato.

Le Sezioni Unite della Cassazione, con sentenza n. 12270/2004, in tema di prestazioni assistenziali, hanno affermato che, ove il requisito sanitario non sussista al momento della domanda amministrativa ma si perfezioni nel corso del procedimento giurisdizionale, i benefici decorrono dalla data di insorgenza dello stato invalidante, atteso che gli artt. 12 (pensione di inabilita’) e 13 (assegno mensile) della L. n. 118 del 1971, nel disporre che la prestazione ha decorrenza “dal primo giorno del mese successivo a quello della presentazione della domanda per l’accertamento dell’inabilita’”, si riferiscono al procedimento amministrativo, nel quale non e’ operante il principio della perpetuato actionis, per cui la durata del processo non deve danneggiare chi ha ragione, non gia’ al procedimento giudiziario. La successiva giurisprudenza della Corte (vedi Cass. n. 14516/2007, n. 22412/2009), modificando il precedente orientamento, ha ritenuto tale principio applicabile, oltre che in materia di benefici assistenziali, anche ai procedimenti giudiziali per il conseguimento di prestazioni previdenziali. Cio’ perche’ il D.P.R. n. 488 del 1968, art. 18 il quale fissa la decorrenza del beneficio previdenziale dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda amministrativa nel caso di sopravvenienza del requisito sanitario nel corso del procedimento, si riferisce al procedimento amministrativo, nel quale non opera il principio della perpetuatio actionis, e non al procedimento giudiziario.

A tale orientamento giurisprudenziale, cui si e’ attenuta anche la sentenza impugnata, il Collegio intende dare continuita’.

Il ricorso, di conseguenza, deve essere respinto. Nulla per le spese di questo giudizio poiche’ l’intimato non ha svolto attivita’ difensiva.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Cosi’ deciso in Roma, il 28 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 3 giugno 2010

 

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