Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13487 del 29/05/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 29/05/2017, (ud. 06/04/2017, dep.29/05/2017),  n. 13487

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARIENZO Rosa – Presidente –

Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22875-2015 proposto da:

G.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CAVOUR 71,

presso lo studio dell’avvocato LILIANA BELLECCA, che lo rappresenta

e difende giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

SRL CONSULGEST ITALIA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

VINCENZO EMILIO giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 539/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 23/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 06/04/2017 dal Consigliere Dott. GIULIO FERNANDES.

Fatto

RILEVATO

che, con sentenza del 23 marzo 2015, la Corte di Appello di Napoli confermava la decisione del Tribunale in sede di rigetto della domanda proposta da G.S. nei confronti della Consulgest Italia s.r.l. ed intesa all’accertamento del rapporto di lavoro subordinato nel periodo dal 1.1.2002 al 31.3.2009 con inquadramento nel livello 1S del CCNL di settore con condanna della società al pagamento in suo favore delle differenze retributive e TFR (per complessivi Euro 193.546,50);

che per la cassazione di tale decisione propone ricorso il G. affidato ad un unico motivo cui la Consulgest Italia s.r.l. resiste con controricorso;

che è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;

che il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata;

Diritto

CONSIDERATO

che con l’unico motivo di ricorso si deduce omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) per non avere la Corte di Appello adeguatamente valutato le risultanze istruttorie, ritenendo attendibili i testi indotti dalla società e giudicando “neutra” la documentazione prodotta dal G. dalla quale, invece, emergevano elementi tali da suffragarne gli assunti;

che il motivo è inammissibile in quanto il dedotto vizio di motivazione non presenta alcuno dei requisiti di ammissibilità richiesti dall’art. 360, comma 1, n. 5 – così come novellato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b) conv. con modifiche in L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile all’impugnata sentenza, pubblicata dopo 11 settembre 2012 (ai sensi dell’art. 54, comma 3 D.L. cit.) – nella interpretazione fornitane dalle Sezioni Unite di questa Corte (SU n. 8053 del 7 aprile 2014); ed infatti, la censura finisce con il lamentare una errata valutazione del materiale probatorio e sollecita una rivisitazione del merito non ammissibile in questa sede in quanto, come è stato in più occasioni affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, la valutazione delle emergenze probatorie, come la scelta, tra le varie risultanze, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive (cfr, e plurimis, Cass. n. 17097 del 21/07/2010; Cass. n. 12362 del 24/05/2006; Cass. n. 11933 del 07/08/2003);

che, peraltro, l’impugnata sentenza con una motivazione ampia ed esaustiva ha scrutinato le risultanze della espletata istruttoria (orale e documentale) evidenziando come non era emersa la prova degli elementi tipici della subordinazione quali lo stabile inserimento del G. nell’organizzazione di recupero dei crediti con il rispetto di un rigido e eterodeterminato orario di lavoro, la presenza di precise direttive e la sottoposizione del predetto alla potestà disciplinare della compagine sociale;

che, pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile;

che le spese del presente giudizio, per il principio della soccombenza, sono poste a carico del ricorrente e vengono liquidate come da dispositivo;

che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (legge di stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame (Cass. n. 22035 del 17/10/2014; Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014 e numerose successive conformi).

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio liquidate in Euro 200.00 per esborsi, Euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 6 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 29 maggio 2017

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