Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13487 del 02/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 02/07/2020, (ud. 06/11/2019, dep. 02/07/2020), n.13487

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – rel. Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 27170/13 R.G. proposto da:

ISTITUTO DI VIGILANZA LA FOLGORE S.R.L., in persona del legale

rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura a margine del

ricorso, dall’avv. Finocchiaro Piergiorgio, unitamente all’avv.

Paternò Raddusa Pietro, con domicilio eletto presso lo studio di

quest’ultimo, in Roma, via della Giuliana, n. 66;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i

cui uffici è domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria regionale della

Sicilia n. 103/16/13 depositata in data 9 aprile 2013

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6 novembre

2019 dal Consigliere Dott.ssa Condello Pasqualina Anna Piera.

Fatto

RILEVATO

Che:

L’Istituto di Vigilanza La Folgore s.r.l. impugnava tre avvisi di recupero di credito d’imposta previsto per l’incremento occupazionale, utilizzato per gli anni d’imposta 2003, 2004 e 2005, deducendo la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12 e della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1, nonchè l’inesistenza giuridica dell’atto impugnato, in quanto l’Agenzia delle Entrate avrebbe dovuto effettuare il recupero ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-ter.

La Commissione tributaria provinciale rigettava il ricorso e avverso la sentenza proponeva appello la contribuente, reiterando le eccezioni già in precedenza formulate ed evidenziando che dal libro matricola e dalle denunce contributive si evinceva che nel 2004 aveva proceduto all’assunzione di sedici nuove assunzioni.

I giudici d’appello confermavano la sentenza di primo grado.

Rilevavano, in particolare, che la L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 421, della consentiva all’Agenzia delle Entrate, ai fini della riscossione di crediti indebitamente utilizzati, di emanare apposito atto di recupero motivato da notificare al contribuente e che, nel caso di specie, la motivazione dell’atto di recupero risultava del tutto esaustiva, tanto che la contribuente aveva potuto svolgere articolate difese.

Richiamando le condizioni previste dalla L. n. 388 del 2000, art. 7 istitutiva del credito d’imposta per l’incremento di occupazione, prorogato sino al 31 dicembre 2006 dalla L. n. 289 del 2002, art. 63 per usufruire del beneficio, riteneva che la contribuente, producendo i libri matricola e la documentazione contributiva, non avesse dimostrato se le sedici nuove assunzioni fossero state effettuate a tempo indeterminato e avessero dato luogo a rapporti protrattisi nel tempo, in quale misura avessero inciso sulla base occupazionale e se i nuovi assunti avessero o meno svolto attività di lavoro dipendente a tempo indeterminato nei 24 mesi precedenti.

Ricorre per la cassazione della suddetta decisione l’Istituto di Vigilanza La Folgore s.r.l., con quattro motivi, cui resiste l’Agenzia delle Entrate con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo la contribuente, deducendo violazione della L. n. 241 del 1990, artt. 7 e 3, lamenta che la Commissione regionale ha erroneamente ritenuto che gli atti di recupero fossero adeguatamente motivati.

Anche se le disposizioni normative richiamate in rubrica imponevano all’Amministrazione finanziaria di indicare espressamente negli atti di recupero i presupposti di fatto del mancato mantenimento dell’incremento occupazionale, soltanto con le controdeduzioni prodotte dall’Agenzia delle Entrate in primo grado erano stati specificati tali presupposti rappresentati dalla mancanza del “requisito del mantenimento del livello occupazionale per le interruzioni di rapporto di lavoro dei dipendenti elencati alla pagina n. 1 dell’allegato foglio di calcolo excel”; nelle medesime controdeduzioni l’Ufficio aveva accennato al preventivo invito alla produzione dei documenti, osservando che non risultava mantenuto il livello occupazionale nei periodi oggetto di accertamento.

A seguito dell’invito aveva prodotto i libri matricola e le denunce contributive relative alle posizioni Inps aperte a fronte delle tre diverse unità operative, facendo presente che, avendo assunto nel 2004 sedici nuovi dipendenti, non si era verificata alcuna riduzione del livello occupazionale; aveva inoltre fatto presente che i dipendenti che l’Ufficio aveva considerato licenziati erano stati, in realtà, trasferiti da un’unità operativa all’altra, ma tali osservazioni non erano state prese in considerazione.

2. Con il secondo motivo censura la sentenza per insufficiente e contraddittoria motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, sia nella parte in cui i giudici regionali affermano che l’Agenzia avrebbe indicato puntualmente le norme di riferimento, atteso che non vengono menzionati gli articolati asseritamente indicati, sia nella parte in cui si osserva che la contribuente nulla aveva rappresentato all’Amministrazione in sede procedimentale, considerato che aveva prodotto copiosa documentazione a seguito dell’invito richiamato nelle controdeduzioni dallo stesso Ufficio.

2.1. Le censure, vertendo sulla medesima questione, possono essere trattate congiuntamente e sono infondate.

2.2. In base alla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 421, l’Amministrazione finanziaria può procedere alla riscossione dei crediti indebitamente utilizzati in tutto o in parte, anche in compensazione, nonchè delle relative sanzioni e interessi, mediante l’emanazione di un apposito “atto di recupero motivato da notificare al contribuente con le modalità previste dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60”.

L’adozione di questo provvedimento ha natura prodromica, e non consequenziale, all’avviso di accertamento e, per tale ragione, esso deve essere motivato con riferimento alle ragioni giuridiche ed ai presupposti di fatto dell’azione di recupero, assumendo, al pari dell’avviso di accertamento, valenza di atto impositivo autonomamente impugnabile D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 19 (Cass. n. 4687 del 23/3/2012; Cass., ord. n. 8429 del 31/3/2017).

2.3. Posto ciò, non ricorre il denunciato vizio di violazione di legge, atteso che la Commissione regionale, con accertamento di fatto, ha ritenuto assolto l’obbligo di motivazione che la L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 421, della impone all’Amministrazione finanziaria.

I giudici regionali, in particolare, hanno osservato che l’atto di recupero adottato dall’Ufficio risulta “adeguatamente motivato”, avendo l’Agenzia richiamato in modo puntuale le norme di riferimento e chiarito che il recupero trova giustificazione nel mancato mantenimento dell’incremento occupazionale, condizione espressamente richiesta dalla legge per usufruire del beneficio fiscale e mancante nel caso di specie a decorrere dal mese di maggio 2004.

Hanno, pure, sottolineato che i presupposti di fatto che giustificavano l’adozione degli avvisi di recupero trovavano puntuale riscontro nei prospetti di calcolo, allegati agli stessi avvisi e parte integrante degli stessi, dai quali si evinceva che non era stato mantenuto il livello occupazionale.

L’apprezzamento svolto dai giudici di appello, attenendo al merito della controversia, non è sindacabile in questa sede se non sotto il profilo motivazionale, ma anche sotto tale profilo la decisione impugnata non incorre nel vizio lamentato.

La nuova formulazione del vizio di legittimità, introdotta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito con modificazioni nella L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporis, ha infatti limitato l’impugnazione alla sola ipotesi di “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, con la conseguenza che, al di fuori dell’indicata omissione, il controllo del vizio di legittimità rimane circoscritto alla sola verifica della esistenza del requisito motivazionale nel suo contenuto “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6.

Pertanto, laddove non si contesti l’inesistenza del requisito motivazionale, il vizio può essere dedotto soltanto in caso di omesso esame di un “fatto storico” controverso, che sia stato oggetto di discussione ed appaia “decisivo” ai fini di una diversa decisione, non essendo, invece, consentito censurare la sentenza per criticare la sufficienza del percorso argomentativo giustificativo della decisione adottata sulla base di elementi fattuali ritenuti dal giudice di merito determinanti oppure scartati in quanto non pertinenti o recessivi (Cass. Sez. U, n. 8053 del 7/4/2014; Cass. n. 19881 del 22/9/2014; Cass. n. 11892 del 10/6/2016; Cass. n. 23940 del 12/10/2017).

Ne discende che rimane estranea al vizio di legittimità di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, qualsiasi contestazione che sia soltanto finalizzata a criticare il convincimento che il giudice si è formato in esito all’esame del materiale probatorio sulla base di una valutazione di maggiore o minore attendibilità delle fonti di prova.

Poichè la ricorrente non ha neppure dedotto il “fatto storico” controverso e “decisivo”, pretermesso dai giudici di merito e che avrebbe potuto condurre ad una diversa decisione, ma ha piuttosto contestato che la Commissione regionale non avrebbe preso in esame la documentazione dalla stessa depositata a seguito di invito rivoltole dall’Ufficio, risulta evidente che la doglianza si pone al di fuori del paradigma del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

3. Con il terzo motivo la ricorrente, denunciando violazione degli artt. 7 della L. n. 388 del 2000 e 63 della L. n. 289 del 2002, si duole del fatto che, ai fini della verifica del mantenimento del livello occupazionale, le disposizioni normative richiamate in rubrica non richiedono la sussistenza dei presupposti indicati dalla Commissione regionale.

Rileva, al riguardo, che il citato art. 7, comma 2, dopo avere stabilito che per usufruire del credito di imposta è necessario eseguire una verifica con cadenza mensile ed una con cadenza annuale, dispone che “il credito d’imposta decade se, su base annuale, il numero complessivo dei lavoratori dipendenti, a tempo indeterminato e a tempo determinato, compresi i lavoratori con contratti di lavoro con contenuto formativo, risulta inferiore o pari al numero complessivo dei lavoratori dipendenti mediamente occupati nel periodo compreso tra il 1 ottobre 1999 ed il 30 settembre 2000”; anche la legge finanziaria L. n. 289 del 2002, art. 63, ha esteso il credito d’imposta per le nuove assunzioni fino a tutto il 31 dicembre 2006, richiama la disciplina di cui al citato art. 7, per cui la verifica del mantenimento dell’incremento occupazionale deve essere effettuata secondo i criteri dettati dallo stesso L. n. 388 del 2000, art. 7.

3.1. La censura è fondata.

3.2. La Commissione regionale, premettendo che per usufruire del beneficio di cui si discute occorre incrementare il numero dei lavoratori dipendenti a tempo indeterminato, effettuare il calcolo dell’incremento occupazionale secondo particolari criteri e verificare che i nuovi assunti non abbiano svolto attività di lavoro dipendente a tempo indeterminato per almeno 24 mesi, ha ritenuto non dimostrate, da parte della ricorrente, le predette condizioni con riguardo alle sedici assunzioni, avvenute nell’anno 2004, cui la stessa aveva fatto riferimento in sede di appello, e del tutto legittimi gli avvisi di recupero.

3.3. In realtà, i giudici di merito, in relazione ai sedici dipendenti assunti dalla contribuente, ai fini della verifica del mantenimento dell’incremento del livello occupazionale, hanno fatto riferimento a presupposti – quali la sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, il protrarsi nel tempo dello stesso rapporto, il mancato svolgimento di attività di lavoro dipendente a tempo indeterminato nei 24 mesi precedenti da parte dei nuovi assunti – che non sono richiesti dalla L. n. 388 del 2000, art. 7, comma 2.

Infatti, la norma da ultimo citata subordina la decadenza dal beneficio fiscale alla verifica annuale che il numero complessivo dei lavoratori dipendenti, comprensivo sia di quelli assunti a tempo determinato che di quelli assunti a tempo indeterminato, risulti inferiore o pari al numero complessivo dei dipendenti mediamente occupati nel periodo compreso tra il 1 ottobre 1999 ed il 30 settembre 2000.

La verifica non è dunque limitata alla sola categoria dei lavoratori a tempo indeterminato, ma deve essere effettuata con riguardo a tutti i lavoratori dipendenti occupati, ed i criteri ai quali deve essere improntata la verifica sono rimasti inalterati anche a seguito dell’entrata in vigore della L. n. 289 del 2002, art. 63, che impone ai datori di lavoro che vogliano usufrire del credito d’imposta di confrontare, alla data del 31 luglio di ogni anno, il numero complessivo di lavoratori occupati alle proprie dipendenze sia a tempo determinato che a tempo indeterminato – con il numero complessivo dei lavoratori dipendenti mediamente occupati nel periodo compreso tra il 1 agosto 2001 ed il 31 luglio 2002.

La decisione impugnata, affermando che la verifica annuale da effettuare ai fini del controllo del livello occupazionale debba prendere in considerazione esclusivamente le assunzioni a tempo indeterminato, non ha fatto corretta applicazione dei criteri dettati dalla L. n. 388 del 2000, art. 7, comma 2, e va, pertanto, sul punto cassata.

4. L’accoglimento del terzo motivo consente di ritenere assorbito il quarto motivo di ricorso, con il quale la ricorrente, deducendo nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, lamenta che la sentenza gravata sia incorsa nel vizio di ultrapetizione, laddove la Commissione regionale, con riguardo alle sedici assunzioni effettuate nell’anno 2004, andando oltre i rilievi contenuti negli atti di recupero impugnati, ai fini del controllo sul mantenimento dell’incremento occupazionale ha rilevato d’ufficio contestazioni mai sollevate dall’Agenzia delle Entrate.

5. In conclusione, rigettati il primo ed il secondo motivo, va accolto il terzo motivo e dichiarato assorbito il quarto motivo, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, in diversa composizione, per nuovo esame, oltre che per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo ed il secondo motivo di ricorso, accoglie il terzo motivo e dichiara assorbito il quarto motivo; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 6 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2020

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