Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13486 del 02/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 02/07/2020, (ud. 06/11/2019, dep. 02/07/2020), n.13486

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – rel. Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 24062/13 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i

cui uffici è domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12

– ricorrente –

contro

F.M.L.;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria regionale del Lazio

n. 156/35/12 depositata in data 24 luglio 2012

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6 novembre

2019 dal Consigliere Dott.ssa Condello Pasqualina Anna Piera.

Fatto

RILEVATO

Che:

C.A. e F.M.L. ricorrevano avverso la cartella di pagamento n. 096 2006 00127190 07, recante iscrizione a ruolo per un importo di Euro 19.310,99 dovuto in forza della sentenza della Commissione tributaria provinciale di Rieti n. 332/01/01, divenuta definitiva per omessa impugnazione, pronunciata in relazione al ricorso avverso l’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate; chiedevano l’annullamento della cartella deducendo di avere provveduto alla definizione della lite pendente L. n. 289 del 2002, ex artt. 12 e 16.

L’Agenzia delle Entrate, costituendosi in giudizio, replicava che l’importo versato era insufficiente ai fini della definizione della lite pendente e che, avendo inutilmente invitato i contribuenti ad integrare il versamento, aveva notificato provvedimento di diniego della definizione della lite.

L’adita Commissione provinciale riteneva valida ed efficace l’istanza di condono predetta legge, ex art. 16 e dichiarava nulla la iscrizione a ruolo e sussistente un credito d’imposta in favore dell’Erario pari ad Euro 9.192,42 alla data del 22 maggio 2003.

In esito all’appello proposto dall’Ufficio, la Commissione regionale del Lazio respingeva l’impugnazione.

Rilevava, in particolare, che con la richiesta di condono ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 16 e con il versamento, sia pure insufficiente, delle rate previste, i contribuenti avevano posto efficacemente in essere la procedura di definizione della lite pendente, tenuto conto che lo stesso articolo, comma 2 prevedeva che l’omesso versamento delle rate successive alla prima non pregiudicava l’efficacia della definizione, che si era già perfezionata con la presentazione dell’istanza ed il pagamento della prima rata; riteneva, quindi, che l’Ufficio, come riconosciuto dai giudici di primo grado, potesse recuperare il nuovo e distinto credito d’imposta con apposita iscrizione a ruolo, ma non negare la definizione della lite fiscale pendente.

L’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza di secondo grado, con due motivi.

La contribuente, sebbene intimata, non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo la difesa erariale denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 16 e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21.

Nell’atto di appello aveva lamentato che la Commissione provinciale si era pronunciata erroneamente sulla validità del condono ex art. 16 citato e che tale pronuncia era preclusa dal consolidamento del diniego di condono per mancata impugnazione nel termine di 60 giorni.

La definitività del diniego di condono impediva, infatti, il riesame della regolarità della domanda avanzata ai sensi della L. n. 289 del 2002, che risultava ormai definitivamente non perfezionata, e la definitività dell’avviso di accertamento prodromico alla iscrizione a ruolo precludeva il condono stesso.

La contribuente aveva omesso di pagare integralmente la prima rata, sicchè, a norma del citato art. 116, commi 8 e 9, mancava la condizione necessaria per la definizione della lite.

2. Con il secondo motivo la difesa erariale deduce insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, per avere i giudici di appello in modo apodittico affermato che la sanatoria L. n. 289 del 2002, ex art. 16 si era perfezionata.

3. I motivi, strettamente connessi, possono essere trattati congiuntamente e sono fondati.

3.1. La L. n. 289 del 2002, art. 16 della disciplina espressamente le modalità per il versamento delle somme dovute per la chiusura della lite fiscale, prevedendo la possibilità di rateizzazione del dovuto.

L’art. 16, comma 2, citato, dispone, nel caso di pagamento rateale, che l’omesso versamento delle rate successive alla prima non determina l’inefficacia della definizione, in quanto dalla L. n. 289 del 2002 emerge un sistema che condiziona l’insorgere della situazione “premiale” all’impegno assunto dal contribuente con la relativa istanza di versare l’importo determinato dalla legge, asseverato, nel caso di rateizzazione del medesimo importo, dal versamento della prima rata: tanto è sufficiente perchè il condono diventi irrevocabile sia per il contribuente, che resta obbligato al pagamento di quanto si è impegnato a corrispondere, sia per l’amministrazione finanziaria, che potrà limitare la propria azione al solo recupero delle rate successive alla prima che siano state eventualmente non corrisposte nei termini (Cass., ord. n. 6370 del 22/3/2006; Cass. n. 16400 del 5/8/2015).

3.2. Dalla medesima disposizione emerge tuttavia che tale ipotesi deve essere tenuta distinta da quella del mancato integrale versamento della prima rata che comporta, invece, l’inefficacia della definizione della lite, ovvero la perdita della possibilità di avvalersi della stessa, a differenza del caso di omesso o insufficiente versamento delle rate successive alla prima, in relazione al quale, essendo già avvenuta la definitiva sostituzione dell’obbligazione assunta dal contribuente con la presentazione di una domanda di condono implicitamente accettata all’obbligazione tributaria oggetto della lite pendente, può procedersi, per il recupero delle somme non corrisposte alle scadenze, a iscrizione a ruolo (a titolo definitivo) ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 14 (Cass. n. 6370 del 22/3/2006; Cass. n. 22788 del 23/10/2006; Cass. n. 5867 del 8/3/2013; Cass. 24144 del 13/10/2017).

4. Nel caso in esame, risulta dalla stessa sentenza impugnata che la contribuente non ha provveduto all’integrale pagamento della prima rata, nè ha aderito all’invito rivoltole dall’Ufficio che, ritenendo scusabile l’errore commesso, l’aveva sollecitata a sanarlo con un versamento integrativo, prima di emettere diniego espresso di validità del condono.

E’ pure incontroversa la definitività del provvedimento di diniego di condono adottato dall’Agenzia delle Entrate e notificato alla contribuente, in ragione della sua mancata impugnazione nei termini previsti dalla stessa L. n. 289 del 2002, art. 16, comma 8.

Ne discende che la decisione della Commissione regionale, che ha considerato valida ed efficace la procedura di definizione della lite pendente per effetto della presentazione dell’istanza stessa e del pagamento parziale della prima rata, risulta viziata, posto che l’Ufficio, a seguito di omesso pagamento integrale della prima rata, ha proceduto alla notifica di provvedimento di diniego di condono, non impugnato nei termini e ormai consolidatosi.

La incontroversa definitività del diniego di condono impone, dunque, di ritenere che la domanda di definizione della lite avanzata ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 16, non si sia perfezionata.

5. In conclusione, in accoglimento del ricorso, la sentenza va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa puà essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, con il rigetto dell’originario ricorso della contribuente.

Le spese dei gradi del giudizio di merito vanno integralmente compensate, avuto riguardo allo svolgimento del processo, mentre le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso della contribuente.

Compensa integralmente tra le parti le spese dei gradi del giudizio di merito e condanna la controricorrente al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.300,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 6 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2020

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