Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13484 del 20/06/2011

Cassazione civile sez. III, 20/06/2011, (ud. 10/05/2011, dep. 20/06/2011), n.13484

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. LEVI Giulio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

SOCIETA’ COOPERATIVA AGRICOLA PIRAINO SRL IN LIQUIDAZIONE

(OMISSIS), nella qualità di cessionaria del credito da parte

della S.O.I.F.A. S.r.l., in persona del commissario liquidatore

L.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA

GIULIANA 32, presso lo studio dell’avvocato FISCHIONI GIUSEPPE, che

la rappresenta e difende, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

S.O.I.F.A. SRL IN LIQUIDAZIONE, GENERALI ASSICURAZIONI SPA

(OMISSIS);

– intimati –

nonchè da:

GENERALI ASSICURAZIONI SPA (OMISSIS), in persona dei legali

rappresentanti pro tempore, Dr. D.T.D. e Dr. B.

S., elettivamente domiciliata in ROMA, V. CICERONE 49, presso

lo studio dell’avvocato BERNARDINI SVEVA, rappresentata e difesa

dall’avvocato LA ROCCA GAETANO giusta delega a margine del

controricorso e ricorso incidentale condizionato;

– ricorrente incidentale –

contro

SOCIETA’ COOPERATIVA AGRICOLA PIRAINO SRL IN LIQUIDAZIONE

(OMISSIS), nella qualità di cessionaria del credito da parte

della S.O.I.F.A. S.r.l., in persona del commissario liquidatore

L.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA

GIULIANA 32, presso lo studio dell’avvocato FISCHIONI GIUSEPPE, che

la rappresenta e difende giusta mandato a margine del ricorso;

– controricorrente all’incidentale –

e contro

SOIFA SRL IN LIQUIDAZIONE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1695/2008 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

Sezione 14^ Civile, emessa il 19/03/2008, depositata il 29/12/2008;

R.G.N. 1333/2006.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/05/2011 dal Consigliere Dott. GIOVANNI GIACALONE;

udito l’Avvocato GUIDI ENRICO (per delega dell’Avvocato FISCHIONI

GIUSEPPE);

udito l’Avvocato PRASTARO ERMANNO (per delega Avvocato LA ROCCA

GAETANO);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato che ha concluso per l’inammissibilità o in

subordine il rigetto del ricorso principale, assorbito il ricorso

incidentale condizionato.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

1.1. Con atto di citazione notificato il 15.04.1992, la S.p.A. Assicurazioni Generali chiese al tribunale di Venezia l’accertamento negativo del diritto vantato della S.r.l. Soifa ad ottenere il risarcimento dei danni a seguito di uno spandimento verificatosi in una partita di vino ad opera di terzi ignoti ed in adempimento di una stipulata polizza assicurativa. La convenuta resistette alle domande chiedendo l’accertamento del suo diritto al risarcimento e la condanna della s.p.a. Assicurazioni Generali al risarcimento dei danni stessi, a seguito del sinistro del 19 luglio 1988 occorso ad essa convenuta, danni quantificati in L. 1.838.000.000. Con sentenza in data 18 aprile 1995, il giudice adito, accertata l’avvenuta prescrizione del credito vantato dalla S.r.l. Soifa, accolse la domanda della Compagnia. Contro la suindicata sentenza, interpose appello la Coop. Agricola Piraino s.r.l., quale cessionaria del credito della Soifa s.r.l.; si costituì in giudizio la s.p.a.

Assicurazioni Generali che, eccepì l’inammissibilità e/o improponibilità dell’appello, e nel merito, il rigetto del gravame.

Con sentenza depositata in data 13 febbraio 2001, la corte di appello di Venezia, disattese le eccezioni in rito dell’appellata, respinse, comunque, l’appello proposto, sul presupposto che non risultava provato in modo certo l’avvenuto inoltro, ad opera della società assicurata, della lettera interruttiva della prescrizione. Questa S.C., con sentenza n. 15208 del 2005, disponeva reintegrarsi il contraddittorio nei confronti della Soifa. Riassunto il giudizio di appello, questo si concludeva con la sentenza oggetto della presente impugnazione. La società Piraino in liquidazione impugna, sulla base di tre motivi, illustrati con memoria, la sentenza della Corte di Appello di Venezia, depositata il 29 dicembre 2008, la quale, per quanto qui rileva, ha confermato la sentenza di primo grado ed ha ritenuto a che non potevano essere superate le preclusioni già verificatesi nel precedente giudizio di appello, nel quale la società si era limitata a censurare l’esclusione dell’efficacia interruttiva della prescrizione della missiva datata 8.6.1990; b.

che, anche ove si fosse ritenuta esaminabile la diversa questione proposta nell’atto d’appello del 2006, la prescrizione del diritto dell’assicurata non potesse essere interrotta dalla perizia contrattuale avviata dalla compagnia per la quantificazione del danno, non avendo detta procedura a suo preciso presupposto l’ammissione totale o parziale della pretesa; c. la conferma dell’intervenuta prescrizione ex art. 2952 c.c., comma 2, del diritto azionato derivava dalla mancata prova dell’inoltro di un atto introduttivo avvenuto entro un anno dal primo atto avente il medesimo effetto; la mancanza di tale prova precludeva il ricorso a presunzioni di ricevimento, che si sarebbero dovute fondare sulla certezza della spedizione in una data determinata e sulla corrispondenza dell’indirizzo del destinatario alla realtà effettiva all’epoca della spedizione.

1.2. Le Assicurazioni Generali resistono con controricorso, illustrato con memoria, e chiedono dichiararsi inammissibile e, comunque, rigettarsi il ricorso; propongono contestualmente ricorso incidentale condizionato, basato su un motivo.

1.3. Diversamente da quanto sostenuto nella memoria delle Assicurazioni Generali, il ricorso deve ritenersi tempestivamente proposto, in quanto il principio di cui alla sentenza Corte cost. n. 477 del 2002 e di portata generale ed opera anche nelle notifiche eseguite a mezzo posta dal difensore L. n. 53 del 1994, ex art. 1, sempre che risulti (come nella specie a mezzo timbro tondo) l’attestazione della data di partenza da parte dell’Ufficio postale (Cass. N. 17748/09; 6402/04). Lo stesso dicasi per il controricorso menzionato alla fine di pag. 3 della memoria della predetta Compagnia.

2 La ricorrente principale, a conclusione di ciascuno dei motivi, chiede che la Corte l’accolga, quanto alle violazioni di legge ed affermi i principi secondo cui:

2.1. relativamente a censura di violazione degli artt. 2935, 2945 e 2952 c.c., formulata contestualmente a quella di contraddittorietà della motivazione su punto decisivo, “1.a. la prescrizione del diritto dell’assicurato all’indennità decorre dalla data in cui il diritto stesso può essere esercitato e, cioè, dal momento del verificarsi del fatto, ovvero, quando le parti abbiano previsto una procedura arbitrale per la quantificazione del danno, dal momento di conclusione della stessa, salvo che l’assicuratore abbia contestato l’operatività della garanzia; 1.b. in caso di affidamento ai periti della quantificazione del danno il diritto all’indennità non può essere esercitato finchè l’iter delle operazioni peritali non sia concluso a causa dell’inesigibilità della prestazione non ancora determinata nel quantum e, pertanto, neppure nel caso di perizia contrattuale il diritto all’indennità può essere esercitato fino a quando, a seguito dell’espletamento della perizia, l’indennità stessa non sia divenuta esigibile; solo se l’assicuratore contesta formalmente l’an, il diritto all’indennità resta svincolato dalla perizia ed è azionabile a prescindere da essa; 1.c. la sospensione del decorso del periodo di prescrizione del diritto dell’assicurato all’indennità applicabile, nel caso in cui le parti abbiano previsto una procedura arbitrale per la quantificazione del danno, si estende anche al caso in cui le parti abbiano previsto una perizia contrattuale a scopo meramente liquidatorio dell’indennizzo; 1.d. la procedura arbitrale per la quantificazione del danno – avviata dall’assicuratore con la nomina del proprio perito seguita dalla nomina di altro perito da parte dell’assicurata – anche se non comporta un riconoscimento del diritto ex art. 2944 c.c. e anche se interrotta da indagini penali relative ai fatti generatori del danno coperto da assicurazione ha effetto interruttivo della prescrizione;

solo se l’assicuratore contesta formalmente l’an, il diritto all’indennità rimane svincolato dalla perizia ed è azionabile a prescindere da essa; 1.e. la pendenza di un procedimento penale, in relazione ai fatti generatori del danno coperto da assicurazione, non costituisce condizione di esclusione della garanzia a meno che le parti non l’abbiano previsto e considerato come tale contrattualmente;

2.2. relativamente a censura di violazione degli artt. 2952 e 1219 c.c. e 115, 116 e 244 c.p.c., formulata contestualmente a quella di omessa considerazione di emergenze rilevanti e contraddittorietà della motivazione su punto decisivo, “2.a. la spedizione di una lettera raccomandata, attestata dall’Ufficio postale con il rilascio di ricevuta, è idonea anche in mancanza di avviso di ricevimento, a sorreggere la presunzione del suo arrivo a destinazione, in considerazione dei particolari doveri che la raccomandata impone al servizio postale, in ordine al suo inoltro e alla sua consegna, con la conseguente presunzione legale di conoscenza del contenuto dell’atto; 2.b. le dichiarazioni testimoniali rese in altro processo non sono utilizzabili dal giudice nel corso di altro procedimento con lo stesso valore probatorio;

2.3. relativamente a censura di violazione degli artt. 112, 91 e 92 c.p.c., formulata contestualmente a quella di carenza della motivazione: “se la sentenza è annullata con rinvio anche per la liquidazione delle spese del giudizio di Cassazione ad altra sezione della Corte d’Appello, il giudice del rinvio non può liquidare, in tale giudizio, le spese e competenze del primo giudizio d’appello annullato ed è tenuto a dare adeguata motivazione in ordine alle ragioni ed ai principi in base ai quali è adottata la decisione di condanna, anche per le spese di cassazione, ed in ordine alla circostanza che non ricorrono motivi per procedere alla compensazione in tutto o in parte delle stesse in presenza di reciproca soccombenza”.

3. Con il ricorso incidentale condizionato, proposto in data 6 maggio 2009, la compagnia assicuratrice deduce violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, in relazione all’art. 141 disp. att. c.p.c., comma 1, art. 276 c.p.c., comma 1, per omessa motivazione in ordine alla declaratoria d’inesistenza del giudizio per nomina del terzo arbitratore e chiede alla Corte di affermare il principio secondo cui l’interesse al ricorso sorge per il fatto stesso che la vittoria conseguita sul merito resa incerta dalla proposizione del ricorso principale, e non dalla sua eventuale fondatezza, sicchè l’omessa pronunzia su un punto della controversia, in questione preliminare di merito, viola la regola processuale sull’ordine logico delle questioni – La società Piraino resiste con controricorso, deducendo l’inammissibilità e, comunque, l’infondatezza del predetto ricorso incidentale.

4. I ricorsi vanno riuniti, essendo stati proposti avverso la medesima sentenza (art. 335 c.p.c.).

4.1. I motivi del ricorso principale della società Piraino si rivelano tutti inammissibili per mancanza del momento di sintesi nella parte dei motivi primo e secondo e terzo intestata a vizi motivazionali e per inidoneità dei quesiti formulati alla fine di tutti i tre motivi, nei quali non si da conto neppure sinteticamente della fattispecie come accertata dal giudicante nè delle regole applicate dal medesimo nella sentenza impugnata, con conseguente non conferenza del quesito alle questioni rispettivamente controverse.

4.2. I quesiti, come noto, non possono consistere in una domanda che si risolva in una mera richiesta di accoglimento del motivo o nell’interpello della Corte in ordine alla fondatezza della censura così come illustrata, ma deve costituire la chiave di lettura delle ragioni illustrate nel motivo e porre la Corte di cassazione in condizione di rispondere al quesito con l’enunciazione di una regula iuris (principio di diritto) che sia suscettibile di ricevere applicazione in casi ulteriori rispetto a quello sottoposto all’esame del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata. A titolo indicativo, si può delineare uno schema secondo il quale sinteticamente si domanda alla corte se, in una fattispecie quale quella contestualmente e sommariamente descritta nel quesito (fatto), si applichi la regola di diritto auspicata dal ricorrente in luogo di quella diversa adottata nella sentenza impugnata (Cass. S.U., ord. n 2658/08). E ciò quand’anche le ragioni dell’errore e della soluzione che si assume corretta siano invece – come prescritto dall’art. 366 c.p.c., n. 4, – adeguatamente indicate nell’illustrazione del motivo, non potendo la norma di cui all’art. 366 bis c.p.c., interpretarsi nel senso che il quesito di diritto possa desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo, poichè una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione (Cass. 20 giugno 2008 n. 16941). Una formulazione del quesito di diritto idonea alla sua funzione richiede, pertanto, che, con riferimento ad ogni punto della sentenza investito da motivo di ricorso la parte, dopo avere del medesimo riassunto gli aspetti di fatto rilevanti ed averne indicato il modo in cui il giudice lo ha deciso, esprima la diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso andrebbe viceversa risolto, formulato in modo tale da circoscrivere la pronunzia nei limiti del relativo accoglimento o rigetto (v. Cass., 17/7/2008 n. 19769; 26/3/2007, n. 7258). Occorre, insomma che la Corte, leggendo il solo quesito, possa comprendere l’errore di diritto che si assume compiuto dal giudice nel caso concreto e quale, secondo il ricorrente, sarebbe stata la regola da applicare.

4.3. Invece, nella specie, i tre motivi formulati a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 3, nel ricorso principale sono inammissibili, dato che, anzichè essere conclusi con idonei quesiti, terminano con la generica richiesta di conferma di un principio di diritto, senza indicazione nè degli esatti termini della fattispecie, nè di quale sia stato il divergente principio adottato dal giudice di secondo grado. Deve ribadirsi che, nel caso di violazioni denunciate – come nella specie – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3), il motivo deve concludersi con la separata e specifica formulazione di un esplicito quesito di diritto, che si risolva in una chiara sintesi logico- giuridica della questione sottoposta al vaglio del giudice di legittimità; non può, pertanto, ritenersi sufficiente che il quesito di diritto possa implicitamente desumersi dall’esposizione del motivo di ricorso nè che esso possa consistere o ricavarsi dalla formulazione del principio di diritto che il ricorrente ritiene corretto applicarsi alla specie, perchè anche una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma di cui all’art. 366 bis c.p.c., secondo cui è, invece, necessario che una parte specifica del ricorso sia destinata ad individuare in modo specifico e senza incertezze interpretative la questione di diritto che la Corte è chiamata a risolvere nell’esplicazione della funzione nomofilattica che la modifica di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006 ha inteso valorizzare (Cass., Sez. 2^, 20 giugno 2008 n. 16941).

Del resto, consistendo solo nell’indicazione del principio che si vorrebbe affermato o che si assume erroneamente applicato, essi non contengono – come si è sopra rilevato – gli altri requisiti ritenuti indispensabili per la formulazione di idonei quesiti di diritto, rappresentati dalla sintesi degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito e della sintetica indicazione della regola di diritto applicata da quel giudice (Cass., Sez. 3^, Ord. n. 197 69 del 17/07/2008, cit.), o, rispettivamente, della regola che si vorrebbe vedere applicata.

4.4. Peraltro, la prima censura, come rilevato in controricorso, si riferisce a questione ormai preclusa nel giudizio di rinvio, sicchè il suo esame da parte della Corte territoriale deve ritenersi avvenuto solo ad abundantiam, quale argomentazione meramente rafforzativa della pur affermata inammissibilità della censura, a norma degli artt. 329 e 342 c.p.c.. Si deve, infatti, ribadire che la riassunzione della causa dinanzi al giudice di rinvio (art. 392 c.p.c.) instaura un processo chiuso, nel quale – secondo l’orientamento giurisprudenziale consolidato di questa Corte (Cass., sez. un., 20 marzo 1992, n. 3520; cfr. anche Cass. 16 dicembre 2004, n. 23380; Cass. 14 giugno 2006 n. 13719; Cass. 21 febbraio 2007 n. 4096; Cass. 9 gennaio 2009 n. 391; Cass. 12 gennaio 2010 n. 327) – è alle parti preclusa (art. 394 c.p.c., u.c.), tra l’altro, ogni possibilità di proporre nuove domande, eccezioni, nonchè conclusioni diverse – salvo che queste, intese nell’ampio senso di qualsiasi attività assertiva o probatoria, siano rese necessarie da statuizioni della sentenza di Cassazione – ed il giudice di rinvio ha gli stessi poteri del giudice di merito che ha pronunciato la sentenza cassata. Quindi nel giudizio di rinvio non possono essere proposti dalle parti, nè presi in esame dal giudice, motivi d’impugnazione diversi da quelli che erano stati proposti nel giudizio d’appello conclusosi con la sentenza cassata e che continuano a delimitare, da un lato, l’effetto devolutivo dello stesso gravame e, dall’altro, la formazione del giudicato interno.

Pertanto, la censura di cui al primo motivo del ricorso principale introduce una questione (quella dell’efficacia sospensiva della perizia contrattuale) del tutto nuova e diversa rispetto a quella affrontata e risolta nel primo giudizio di appello (come s’è visto, l’efficacia interruttiva di una raccomandata). Il secondo motivo, invece, è privo di riferibilità all’effettiva ratio decidendi, perchè – e ciò comprova l’inidoneità dei relativi quesiti di diritto – insiste a censurare la mancata operatività della presunzione di ricevimento della raccomandata, senza tenere conto che i giudici di merito hanno in punto di fatto escluso che fosse provata la spedizione e la corretta destinazione della raccomandata stessa.

4.5. Inoltre, nel caso, con riferimento a parte del primo e del secondo motivo, con i quali vengono denunziati vizi di motivazione, il ricorrente non ha formulato i richiesti momenti di sintesi.

Difetta, pertanto, la “chiara indicazione” del “fatto controverso” e delle “ragioni” che rendono inidonea la motivazione a sorreggere la decisione, indicati dall’art. 366 bis c.p.c., che come da questa Corte precisato richiede un quid, pluris rispetto alla mera illustrazione del motivo, imponendo un contenuto specifico autonomamente ed immediatamente individuabile (v. Cass., 18/7/2007, n. 16002). L’individuazione dei denunziati vizi di motivazione risulta perciò impropriamente rimessa all’attività esegetica del motivo da parte di questa Corte, oltre che consistere in un’inammissibile “diversa lettura” delle risultanze probatorie, apprezzate con congrua motivazione nella sentenza impugnata.

4.6. I motivi si rivelano pertanto privi dei requisiti richiesti a pena di inammissibilità dai sopra richiamati articoli, nella specie applicantisi nel testo modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, essendo stata l’impugnata sentenza pubblicata successivamente alla data (2 marzo 2006) di entrata in vigore del medesimo.

5. Data l’inammissibilità del ricorso principale, resta assorbito il ricorso incidentale, esplicitamente condizionato.

6. Le spese del presente giudizio, nei rapporti tra le parti costituite, seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Riunisce i ricorsi. Dichiara inammissibile il ricorso principale, assorbito l’incidentale. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio in favore delle Assicurazioni Generali, che liquida in Euro 10.200=, di cui Euro 10.000= per onorario, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 10 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 giugno 2011

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