Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13482 del 02/07/2020
Cassazione civile sez. trib., 02/07/2020, (ud. 15/10/2019, dep. 02/07/2020), n.13482
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –
Dott. ARMONE Giovanni Maria – rel. Consigliere –
Dott. NOVIK Adet Toni – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 27497-2015 proposto da:
P.P., PI.FR.PA., PI.PA.,
elettivamente domiciliati ROMA VIA DI MONSERRATO 35, presso lo
studio dell’avvocato DI FOGGIA VINCENZO, rappresentati e difesi
dall’avvocato PI.FR.PA.;
– ricorrenti –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, DIREZIONE PROVINCIALE (OMISSIS) DI NAPOLI in
persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA
VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che
lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza 4558/2015 della COMM. TRIB. REG. della Campania,
depositata il 14/05/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
15/10/2019 dal Consigliere Dott. ARMONE GIOVANNI MARIA.
Fatto
FATTI DI CAUSA
Rilevato che:
1. gli avvocati Parisi Pasquale, Pianese Pasquale e Pianese Francesco Paolo, in proprio e nella qualità di rappresentanti dell’associazione professionale denominata “Studio Avv. Pianese Attilio – Associazione Professionale tra gli Avvocati Parisi Pasquale, Pianese Pasquale e Pianese Francesco Paolo “, propongono ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale di Napoli, depositata il 14 maggio 2015, che ha confermato la sentenza di primo grado, con cui era stato rigettato l’originario ricorso dei contribuenti avverso un avviso di accertamento IVA notificato dall’Agenzia delle entrate;
2. il ricorso è affidato a tre motivi;
2.3. resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
Considerato che:
1. con il primo motivo, parte ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o la falsa applicazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7, per avere il giudice d’appello erroneamente negato la nullità dell’avviso di accertamento, notificato senza il rispetto del termine dilatorio di sessanta giorni, previsto dalla norma citata;
2. il motivo è ammissibile, in quanto parte ricorrente ha bensì riproposto – come osservato dall’Agenzia controricorrente – le ragioni di doglianza già disattese dai giudici di entrambi i gradi di merito, ma lo ha fatto invocando la violazione e/o la falsa applicazione di legge, facendo così valere uno dei vizi per i quali l’art. 348-ter c.p.c., comma 5, tuttora consente il ricorso per cassazione avverso la cd. “doppia conforme”;
3. il motivo è altresì fondato;
4. è incontroverso che, a fronte di un processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di finanza il 18 dicembre 2012, l’avviso di accertamento impugnato sia stato emesso dall’Agenzia delle entrate il 20 dicembre 2012 e notificato ai ricorrenti il 27 dicembre 2012, senza dunque il rispetto del termine dilatorio previsto dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7;
5. ora, in materia, la giurisprudenza di questa S.C. ha ormai consolidato i suoi orientamenti, che sono così riassumibili: a) l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento, decorrente dal rilascio al contribuente della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni, comporta l’illegittimità dell’atto impositivo emesso “ante tempus”, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza (Cass., Sez. Un., 29/07/2013, n. 18184); b) l’onere di dimostrare le ragioni dell’urgenza grava sull’Amministrazione finanziaria tenuta al rispetto di detto termine, secondo le regole generali del diritto delle obbligazioni (Cass., Sez. V, 30/10/2018, n. 27623); c) nell’assolvere a tale onere, l’Amministrazione non può limitarsi a enunciare nell’atto la sussistenza di dette ragioni, ma deve anche fornirne la prova; d) le specifiche ragioni di urgenza devono consistere in elementi di fatto che esulano dalla sfera dell’ente impositore e fuoriescono dalla sua diretta responsabilità (Cass., Sez. VI, 25/07/2018, n. 19789, in un caso riguardante la medesima associazione professionale odierna ricorrente) e non possono identificarsi con l’imminente spirare del termine di decadenza per l’accertamento, giacchè è dovere dell’amministrazione attivarsi tempestivamente per consentire il dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, venendosi, altrimenti, a convalidare, in via generalizzata, tutti gli atti in scadenza, in contrasto col principio secondo cui il requisito dell’urgenza deve essere riferito alla concreta fattispecie e, cioè, al singolo rapporto tributario controverso (Cass., Sez. VI, 10/04/2018, n. 8749; Cass., Sez. V, 16/03/2016, n. 5149); e) la regola si applica anche nel caso di accessi brevi finalizzati all’acquisizione di documentazione, sia perchè la disposizione di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, non prevede alcuna distinzione in ordine alla durata dell’accesso, in esito al quale comunque deve essere redatto un verbale di chiusura delle operazioni, sia perchè, anche in caso di accesso breve, si verifica l’intromissione autoritativa dell’amministrazione nei luoghi di pertinenza del contribuente, che deve essere controbilanciata dalle garanzie di cui al citato art. 12 (Cass., Sez. VI, 12/04/2019, n. 10388; Cass., Sez. V, 21/11/2018, n. 30026);
6. nella specie, la CTR, ricollegandosi a un orientamento ormai superato, ha ritenuto invece sufficiente, ai fini della dimostrazione dell’urgenza, l’esigenza di evitare la decadenza dal potere di accertare eventuali violazioni da parte del contribuente, esigenza solo enunciata nell’avviso di accertamento;
7. in tal modo, tuttavia, la sentenza impugnata ha violato l’art. 12, comma 7, così come costantemente interpretato da questa S.C., omettendo di dichiarare l’illegittimità dell’atto impositivo;
8. l’accoglimento del primo motivo di ricorso rende superfluo l’esame dei successivi, che restano assorbiti;
9. la sentenza impugnata va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito con accoglimento dell’originario ricorso del contribuente;
10. le spese processuali del presente giudizio di legittimità e dei giudizi di merito vanno compensate, in quanto l’orientamento della giurisprudenza di legittimità qui seguito si è consolidato in epoca successiva alle decisioni di merito e al deposito del ricorso per cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso del contribuente. Compensa le spese.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 15 ottobre 2019.
Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2020