Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13480 del 29/05/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 29/05/2017, (ud. 08/03/2017, dep.29/05/2017),  n. 13480

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. MANNA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2946/2011 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIALE

MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato LUIGI FIORILLO, che la

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

M.G.S.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 590/2009 della CORTE D’APPELLO DI CAGLIARI

SEZ. DIST. DI SASSARI, depositata il 20/01/2010 R.G.N. 215/2007.

Fatto

RILEVATO

che con sentenza pubblicata il 20.1.10 la Corte d’appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, rigettava il gravame di Poste Italiane S.p.A. contro la sentenza n. 113/06 con cui il Tribunale di Tempio Pausania, dichiarato nullo il termine apposto al contratto di lavoro subordinato stipulato con M.G.S. ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 per esigenze sostitutive di personale assente addetto al servizio recapito presso la filiale di Sassari per il periodo 13.9.04 – 13.12.04, aveva accertato la sussistenza d’un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato fra le parti, con condanna della società a pagare al lavoratore le retribuzioni maturate dal 7.3.05 (detratte quelle dal 7.6. al 15.11.05);

che per la cassazione della sentenza ricorre Poste Italiane S.p.A. affidandosi a quattro motivi;

che l’intimato non ha svolto attività difensiva;

che l’udienza originariamente fissata per il 14.1.16 è stata rinviata a nuovo ruolo in attesa della decisione delle S.U. sulle ordinanze di rimessione n. 14340/15 e n. 15705/15;

Diritto

CONSIDERATO

che il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, dell’art. 1362 c.c. e vizio di motivazione, per avere la sentenza ritenuto insufficiente la causale del contratto, che non riferiva la specifica causa di assenza dei lavoratori da sostituire nonostante che il contratto stipulato fra le parti indicasse l’ufficio postale di appartenenza, le mansioni e l’esigenza di sostituire personale assente con diritto alla conservazione del posto;

che tale motivo è inammissibile perchè investe solo la prima, ma non anche la seconda ratio decidendi della sentenza impugnata, che ha considerato comunque surrettizia la causale che faceva riferimento ad esigenze sostitutive di personale assente giacchè dal 1.10.04, ossia dopo appena pochi giorni di servizio ad Olbia, M.G.S. era stato destinato ad altra sede (diversa da quella prevista nel contratto di assunzione) rimasta priva non temporaneamente, ma definitivamente, del portalettere (per pensionamento del precedente titolare);

che per costante giurisprudenza di questa S.C., allorquando la sentenza di merito si basi su una pluralità di autonome ragioni, ciascuna di per sè sufficiente a giustificare la decisione (poco importa se esatta o meno), la parte soccombente ha l’onere di censurare e confutare ognuna di esse con apposite argomentazioni, non potendo il giudice dell’impugnazione estendere il proprio esame a punti non compresi neppure per implicito nei termini prospettati dal gravame, senza violare il principio della corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato (cfr., ex aliis, Cass. nn. 18310/07, 7809/01 e 7675/95);

che il secondo motivo, che denuncia vizio di motivazione in ordine all’ammissibilità e rilevanza dei capitoli di prova testimoniale mirante a dimostrare la necessità di sostituire personale assente, è inammissibile vuoi per difetto di autosufficienza (non trascrivendo il ricorso i capitoli di prova testimoniale nè indicando dove e come la relativa istanza sia stata ritualmente coltivata), vuoi perchè non spiega perchè la prova (che pur risulta essere stata espletata in sede di merito) sarebbe stata incompleta;

che il terzo motivo denuncia vizio di motivazione nonchè violazione e falsa applicazione dell’art. 12 disp. prel. c.c., art. 1419 c.c., D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 e art. 115 c.p.c., perchè, pur risultando la natura essenziale della clausola relativa al termine, la Corte territoriale ha ritenuto comunque costituito un valido rapporto a tempo indeterminato senza rilevare la nullità dell’intero contratto;

che tale motivo è infondato: invero, quanto alla contestata conseguenza della conversione a tempo indeterminato del contratto a termine nullo perchè concluso in violazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 questa Corte ha già avuto occasione di chiarire (cfr., ad esempio, Cass. n. 7244/14) che tale norma ha confermato il principio generale secondo cui il rapporto di lavoro subordinato è normalmente a tempo indeterminato, costituendo l’apposizione del termine un’ipotesi derogatoria anche nel sistema, del tutto nuovo, della previsione di una clausola generale legittimante l’apposizione del termine per ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo; ne deriva che, in caso di insussistenza delle ragioni giustificative, e pur in assenza di una norma che ne sanzioni espressamente la mancanza, in base ai principi generali in materia di nullità parziale del contratto e di eterointegrazione della disciplina contrattuale, all’illegittimità del termine e alla nullità della clausola di apposizione dello stesso consegue l’invalidità parziale relativa alla sola clausola (pur se eventualmente dichiarata essenziale) e l’instaurarsi di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato (in tal senso v. altresì Cass. n. 4760/15 e Cass. n. 12985/08);

che il quarto motivo deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1206, 1207, 1217, 1218, 1219, 2094, 2099 e 2697 c.c., nella parte in cui la gravata pronuncia non ha affermato che al lavoratore spettano le retribuzioni solo a decorrere dal momento dell’effettiva ripresa del servizio e che comunque in tal caso andrebbe applicato lo ius superveniens di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32);

che tale motivo è fondato nella parte in cui invoca l’applicazione dello ius superveniens di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32 (il che assorbe ogni ulteriore censura in esso contenuta), dovendosi a riguardo seguire la sentenza n. 21691/16 delle S.U. di questa S.C., che ha statuito che una censura ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, può riguardare anche la violazione di disposizioni emanate dopo la pubblicazione della sentenza impugnata, ove retroattivamente applicabili anche ai giudizi in corso (come l’art. 32 cit.: cfr., per tutte, Cass. n. 6735/14), atteso che il ricorso per cassazione ha ad oggetto non l’operato del giudice, ma la conformità della decisione adottata all’ordinamento giuridico;

che, dunque, ben può chiedersi l’applicazione anche in sede di legittimità dello ius superveniens intervenuto, come nel caso di specie, dopo la sentenza impugnata e prima,della proposizione del ricorso per cassazione, con l’unico limite, non verificatosi nel caso di specie, di intervenuto passaggio in giudicato della statuizione relativa alle conseguenze economiche dell’accertata nullità della clausola di apposizione del termine (passaggio in giudicato da escludersi al momento del ricorso per cassazione, essendo ancora sub iudice la questione relativa alla validità del termine);

che, in conclusione, accolto nei sensi di cui sopra il quarto motivo e disattesi tutti gli altri, la sentenza va cassata in relazione al motivo accolto con rinvio, anche per le spese, alla Corte d’appello di Cagliari in diversa composizione, che dovrà limitarsi a quantificare l’indennità spettante all’odierno intimato ex art. 32 cit. per il periodo compreso fra la scadenza del termine e la pronuncia del provvedimento con il quale il giudice ha ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro (cfr., per tutte, Cass. n. 14461/15), con interessi e rivalutazione su detta indennità da calcolarsi a decorrere dalla data della pronuncia giudiziaria dichiarativa dell’illegittimità della clausola appositiva del termine al contratto di lavoro subordinato (cfr., per tutte, Cass. n. 3062/16).

PQM

 

accoglie il motivo concernente l’applicazione della L. n. 183 del 2010, art. 32 rigetta gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Cagliari in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 8 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 29 maggio 2017

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