Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13479 del 03/06/2010

Cassazione civile sez. I, 03/06/2010, (ud. 06/05/2010, dep. 03/06/2010), n.13479

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. RORDORF Renato – Consiglie – –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

A.P.M. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, PIAZZA GENTILE DA FABRIANO 3, presso l’avvocato

CAVALIERE RAFFAELE, che lo rappresenta e difende, giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

INTESA SAN PAOLO S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 3965/2008 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 09/10/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/05/2010 dal Consigliere Dott. CULTRERA Maria Rosaria;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato R. CAVALIERE che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CICCOLO Pasquale Paolo Maria che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione 9.6.1987 A.P.M. ha adito il Tribunale di Roma per ottenere la condanna del Banco di Napoli s.p.a al risarcimento dei danni per la vendita non autorizzata di 10.000 azioni ordinarie FIAT, avvenuta nel settembre del 1984, fatto di cui era venuto a conoscenza solo nel 1987, allorche’ aveva dato ordine di vendere i titoli a condizioni in quel momento vantaggiose. Ha chiesto determinarsi il pregiudizio patito nella perdita subita tenendo conto del minor valore dei titoli al tempo della vendita.

Nel contraddittorio della Banca, che si e’ difesa eccependo d’aver operato su ordine del cliente, il Tribunale ha respinto la domanda.

L Avv. P. ha proposto gravame innanzi alla Corte d’appello di Roma, lamentando l’equivocita’ degli elementi presuntivi valorizzati dal primo giudice in ordine all’avvenuto conferimento da parte sua dell’ordine di vendita delle azioni.

La Corte territoriale con sentenza n. 3985 depositata il 2 luglio 2008 ha confermato la precedente statuizione. Avverso quest’ultima decisione il P. ha infine proposto il presente ricorso per Cassazione affidato a cinque mezzi non resistiti dall’intimato ed ulteriormente illustrato con memoria depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorrente denuncia:

1.- violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c. in relazione agli artt. 1838, 1852, 1856, 1710 e 2049 c.c. Con precisi richiami alle risultanze istruttorie, lamenta che la Corte territoriale, ritenendo provato in via presuntiva che egli avesse conferito ordine verbale di vendita delle azioni, ha fatto malgoverno del principio regolatore dell’onere probatorio. Sussistendo agli atti la prova del mancato previo conferimento dell’ordine di vendita, la Corte di merito non poteva decidere la causa su base indiziaria, peraltro non univoca.

Chiede con conclusivo quesito di diritto se la banca possa andare esente da responsabilita’ pur non avendo assolto all’onere di dimostrare l’avvenuta ricezione dell’ordine anzidetto.

2.- violazione degli artt. 1366 e 1856 c.c., e lamenta che la Corte di merito non abbia dato rilevanza a tutti i fatti accertati.

Segnatamente si duole della ritenuta irrilevanza del documento rappresentato dal mod. 5/109, che dimostrava l’esistenza dei titoli alla data del 1 aprile 1985, a causa di asserita lacunosita’ non ascrivile ad esso mandante. Chiede con quesito di diritto se le conseguenze dannose derivante a carico del depositante dalla vendita delle azioni eseguita dalla banca depositarla, possa ricadere a suo carico nonostante risulti provato che la banca gesti’ i titoli in maniera non conforme a legge ed alle regola di trasparenza.

3.- vizio di motivazione in ordine alle risultanze delle prove raccolte, desumibili in particolare dalle deposizioni dei funzionari della banca dott. P. e dott. F., che ebbero ad ammettere che le azioni vennero vendute senza preventivo ordine del correntista, svuotate di significato dal giudice d’appello sull’assunto che l’ordine ben avrebbe potuto esser stato impartito ad altro dipendente.

4.- violazione degli artt. 2696, 2727 e 2729 c.c. in relazione agli artt. 1832 e 1838 c.c. lamentando l’erroneita’ della conclusione cui e’ pervenuta la Corte di merito sull’assunto che, accreditato sul conto il controvalore dei titoli venduti, esso ricorrente non mosse alcuna contestazione, ne’ richiese alcun chiarimento.

Si chiede col quesito di diritto se, in applicazione di presunzione priva dei requisiti di legge, sia corretto qualificare come acquiescenza e ratifica dell’operato della banca, l’omesso addebito di contestazioni, e l’aver mantenuto sul conto l’importo delle somme realizzate dalla vendita dei titoli.

5.- in relazione al passaggio logico oggetto della precedente censura, vizio di erronea e contraddittoria motivazione.

La decisione impugnata risolve la controversia in duplice chiave:

a.- attribuisce tenore non univoco alle dichiarazioni dei funzionari P. e F. con i quali l’Avv. A.P. era solito relazionarsi, i quali hanno riferito di non aver ricevuto l’ordine di vendere le 10.000 azioni Fiat nel 1984, non potendo escludere che il correntista avesse avuto contatti con altri operatori del medesimo istituto bancario. Rileva, a conferma, che l’espletata c.t.u. aveva del resto accertato un modus operandi da cui era ragionevole dedurre la prassi d’impartire gli ordini di vendita verbalmente.

b.- rilevando assenza di contestazione del saldo del conto corrente, che riportava l’accredito in L. 45.340.000, corrispondente al valore delle azioni vendute a termine nel mese borsistico settembre 1984, qualifica il comportamento del correntista acquiescente, con valore di ratifica dell’atto posto in essere dalla banca nonostante le sue iniziali proteste, riferite anche dai testi escussi. La percezione dell’accredito da parte dell’attore, esperto operatore di borsa, smentisce l’affermazione secondo cui le azioni sarebbero rimaste depositate. Tale fatto, coniugato all’assenza di contestazioni in relazione alle liquidazioni del conto, rappresenta comportamento concludente del correntista, al di la’ della confusa gestione dei titoli da parte della banca.

Appare dunque evidente che la Corte territoriale ha affidato il suo giudizio conclusivo al suddetto rilievo, che il ricorrente ha ora censurato negli ultimi due motivi i quali meritano esame congiunto perche’ logicamente connessi, in ragione del suo carattere assorbente, percio’ decisivo nell’economia della decisione. La mancata tempestiva contestazione dell’estratto conto rende inoppugnabili le appostazioni contabili relative agli accrediti ed agli addebiti, ma non preclude al correntista le contestazioni sulla validita’ della movimentazione- cfr. Cass. n. – 6514/2007 -. Di tale consolidato enunciato la Corte di merito ha tenuto conto e ne ha fatto buon governo.

Il vizio di violazione di legge ascritto nel terzo motivo non e’ percio’ ravvisabile.

Lungi dall’attribuire all’omessa contestazione dell’accredito del controvalore dei titoli il valore di ammissione dell’ordine di vendita, e distribuendo l’onere della prova esattamente nei termini invocati dal ricorrente reputando la banca gravata della dimostrazione della ricezione dell’ordine di vendita dei titoli, e cio’ correttamente siccome la relativa gestione non era certo affidata alla sua discrezionalita’, l’organo d’appello ha piuttosto ritenuto che, non potendo escludere che l’ordine di borsa fosse stato impartito verbalmente e dunque potesse ritenersi che l’operazione fosse stata autorizzata, comunque della sua esecuzione il correntista avesse avuto effettiva percezione e contezza.

Il principio cui la Corte territoriale si e’ attenuta e’ gia’ stato sostenuto nella giurisprudenza di questa Corte che ha ritenuto in un caso analogo, che l’omessa contestazione dell’annotazione dell’estratto conto riguardante il controvalore dei titoli ceduti puo’ avere valore di conferma dell’ordine di vendita, ancorche’ esso sia preventivamente mancante, e di ratifica dell’operato del mandatario, ancorche’ abbia operato privo di preventiva autorizzazione – cfr. Cass. n. 10236/1995, n. 1088/2000 -.

L’ordine di borsa, all’epoca dei fatti per cui e’ causa, non era ancora soggetto ai requisiti di forma imposti dalla L. n. 1 del 1991;

percio’ avrebbe potuto essere dato oralmente, e, analogamente, senza necessita’ di formule sacramentali essere convalidato dal cliente, titolare delle azioni, attraverso un comportamento concludente, successivo all’esecuzione dell’operazione, che manifestasse ragionevolmente l’accettazione del risultato, per l’effetto l’acquiescenza. Il dato di fatto e’ stato valorizzato dalla Corte territoriale in questa cornice di riferimento, per il suo significato indiziario, quale elemento significativo della conoscenza da parte dell’Avv. P. dell’avvenuta movimentazione dei titoli, nel complesso dei plurimi elementi dotati di rilevanza presuntiva ai fini della formazione del suo convincimento. In questa prospettiva, la prassi instauratasi tra il correntista e gli operatori bancari, la competenza dell’attore in materia di borsa, il fatto che il mod. n. 5/109 che riportava le azioni non fosse con certezza riconducibile alla banca, nonche’ che i funzionari, suoi abituali interlocutori, non avessero escluso un contatto con altri dipendenti, fatti tutti singolarmente irrilevanti, valutati nella loro sintesi hanno legittimato il convincimento del giudice di merito di una ragionevole probabilita’ che l’ordine di vendita fosse stato impartito, o quanto meno che la sua vendita dei titolo, a cose fatte, fosse stata da lui accettata e ratificata.

Il carattere complessivo dell’apprezzamento della Corte territoriale in ordine al valore grave, preciso e concordante di tali indizi, esclude il vizio di motivazione dedotto nei primi tre e nel quinto motivo con atomistico riferimento ad alcune delle circostanze apprezzate.

In conclusione, la sintesi cui e’ pervenuta la Corte di merito ne esprime l’apprezzamento delle risultanze della complessa istruttoria espletata, e non puo’ essere scrutinata nel merito, non certo in chiave motivazionale, data l’esaustivita’ e la chiarezza dei passaggi argomentativi che l’esprimono, ne’ infine sotto il profilo della violazione di legge. Il principio di diritto che deve affermarsi e’ percio’ che nel vigore del regime anteriore alla L. n. 1 del 1991 che ne ha prescritto requisito formale, l’ordine di borsa, pur in assenza della prova, incombente sul mandatario, della sua preventiva formulazione da parte del correntista, devesi ritenere ratificato se il successivo sintomatico e concludente comportamento di quest’ultimo manifesti acquiescenza all’intervenuta operazione avendone accettato il risultato.

Tutto cio’ premesso, il ricorso deve essere respinto. Non vi e’ luogo a provvedere sul governo delle spese del presente giudizio in assenza d’attivita’ difensiva degli intimati.

PQM

LA CORTE rigetta il ricorso.

Cosi’ deciso in Roma, il 6 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 3 giugno 2010

 

 

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