Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13478 del 03/06/2010

Cassazione civile sez. I, 03/06/2010, (ud. 06/05/2010, dep. 03/06/2010), n.13478

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

S.A. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE MICHELANGELO 9, presso lo STUDIO

MANFREDONIA & ASSOCIATI, rappresentato e difeso

dall’avvocato

SUCAPANE GIORGIO, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

D.G.I.M., S.G., S.C.,

SA.AN., S.T., D.T.E.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 336/2004 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 21/05/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/05/2010 dal Consigliere Dott. CULTRERA Maria Rosaria;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CICCOLO Pasquale Paolo Maria che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione 17.5.1989 S.G. convenne innanzi al Tribunale di Avezzano il fratello A. ed il dott. D.T. E., quest’ultimo nominato dal Presidente del Tribunale liquidatore della societa’ Edil Costruzioni di Giuseppe ed Antonio Sabatino s.n.c., ed espose che nel 1973 aveva costituito col fratello la s.n.c. Edil Costruzioni, conferendo in essa i beni di precedente societa’ di fatto, e che la societa’, amministrata dal predetto, era stata sciolta il 25.5.1988 con atto per notaio Di Giovanni con nomina del liquidatore nella persona del dott. T.S..

Date le gravi carenze riscontrate sia nella situazione patrimoniale, prontamente contestata, che S.A. aveva consegnato al liquidatore, indi sostituito nell’incarico dal dott. D.T. nominato dal Presidente del Tribunale, sia nel bilancio redatto da quest’ultimo, si rendeva necessario ordinare all’amministratore S.A. la produzione di tutta la documentazione in suo possesso, anche per accertarne eventuali responsabilita’. Chiese pertanto che al predetto venisse ordinato il rendiconto completo dei documenti giustificativi, e che lo stesso fosse condannato a reintegrare il patrimonio societario mediante pagamento di quanto risultasse dovuto, previo riconoscimento a suo favore della somma di L. 5.000.000; a risarcire i danni arrecati alla societa’;

infine a dividere secondo i rispettivi diritti il residuo patrimonio della s.d.f., previa restituzione del maggior versamento di L. 2.430.000.

S.A. si costitui’ contestando la legittimazione attiva dell’attore, spettando essa al solo liquidatore, e nel merito la fondatezza dell’avversa domanda, rilevando peraltro che i bilanci relativi agli anni controversi erano stati approvati dal fratello, che aveva percio’ consumato il suo diritto a chiedere il rendiconto.

Il liquidatore dott. D.T. chiese condannarsi il convenuto ai danni subiti dalla societa’.

In corso di trattazione, a seguito del decesso dell’attore, si costituirono i suoi eredi D.G.M. ed i figli G., C., T. ed An..

Con sentenza depositata il 30 gennaio 2001, il Tribunale adotto’ le seguenti statuizioni:

dichiaro’ il difetto di legittimazione attiva dell’attore e per esso dei suoi eredi in ordine alla domanda di ristoro dei danni subiti dalla societa’ Edil Costruzioni; respinse la domanda di divisione della societa’ di fatto; accerto’ che S.A. aveva prelevato senza titolo la somma di L. 70.660.761 e lo condanno’ per l’effetto al relativo pagamento in favore della snc Edil Costruzioni in liquidazione a titolo di danni, oltre rivalutazione ed interessi, da ripartire sulla base del bilancio finale di liquidazione secondo le disposizioni del liquidatore in conformita’ con le risultanze della c.t.u. espletata in corso di causa.

La decisione venne impugnata innanzi alla Corte d’appello dell’Aquila da S.A. che la censuro’ deducendone erroneita’:

1.- per aver il primo giudice affermato la legittimazione attiva degli eredi S. ad impugnare il rendiconto finale ex art. 2311 c.c. nonostante la rappresentanza della societa’ spettasse al solo liquidatore;

2.- per aver affermato l’esistenza di un rendiconto del liquidatore che era invece inesistente;

3.- per aver disposto la sua condanna al risarcimento danni nonostante la genericita’ della relativa domanda;

4.- per aver nominato il c.t.u. per il riesame dei bilanci, pur in presenza di liquidatore di nomina pretoria.

La Corte abruzzese con sentenza n. 336 depositata il 21.5.2004 ha respinto il gravame sostenendo che: il difetto di legittimazione attiva degli eredi S. era riferito alla domanda di risarcimento danni in favore della societa’, con la quale non avevano fatto valere un loro diritto ma il diritto spettante alla societa’ di cui non avevano la rappresentanza, non poteva dirsi altrettanto invece in ordine alla domanda di rendiconto e di riparto dei beni donde la correttezza della condanna del convenuto al risarcimento dei danni formulata ai sensi dell’art. 2311 c.c.. Circa la determinazione del quantum ha rinviato alle risultanze della c.t.u..

S.A. ha infine impugnato anche questa sentenza col presente ricorso per Cassazione articolato in tre motivi non resistiti da alcuno degli intimati.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo, articolato in triplice profilo, denuncia:

a.- violazione e falsa applicazione degli artt. 2310 e 2311 c.c. e correlato vizio d’insufficiente motivazione su punto decisivo della controversia, ed ascrive al giudice d’appello d’aver reiterato l’errore del primo giudice, avendo individuato nell’originaria citazione due azioni, di cui l’una spiegata dall’attore per conto della societa’ e l’altra in proprio, laddove le richieste tutte si riferivano invece all’interesse del solo ente;

b.- che il dictum comunque poggia sul presupposto che la domanda di rendiconto ex art. 2311 c.c. traesse titolo dall’impugnazione del bilancio di liquidazione, asseritamente comunicato all’originario attore il 22.11.88 e non approvato, laddove e’ invece pacifico che il liquidatore non lo ha ancora presentato. La domanda non ebbe ad oggetto l’impugnazione del bilancio di liquidazione, ma la richiesta di rendiconto, priva d’indicazione di specifico addebito, ne’ esprimeva con specificita’ intenzione di voler agire in proprio da parte dell’originario attore. La legittimazione attiva spettava comunque al solo liquidatore. Nulla infine si dice in sentenza in ordine alla dedotta approvazione annuale dei bilanci della societa’, che aveva consumato il diritto al rendiconto da parte dell’organo di gestione;

c.- che e’ stata accolta la domanda di condanna alla restituzione in favore della societa’ della somma di L. 70.660.761 formulata dal liquidatore, stravolgendo le regole processuali, atteso che questi aveva chiesto genericamente condanna della parte che riuscira’ soccombente illegittimamente sostituendosi all’attore.

Il motivo e’ infondato.

a.- l’interpretazione della domanda da luogo ad un giudizio di fatto che compete al solo giudice del merito, e non e’ sindacabile in questa sede tranne che nel caso in cui si assuma che tale interpretazione abbia dato luogo ad un vizio di omessa pronuncia, ovvero che la sentenza palesi un vizio di motivazione- cfr. Cass. n. 21228/2008, n. 17109/2009 -. Nessuna di queste due ipotesi e’ stata dedotta nel motivo.

b.- la censura e’ irrilevante poiche’ la sentenza impugnata non si fonda sull’impugnazione del bilancio di liquidazione. Effettivamente la legittimazione alla richiesta del rendiconto compete al liquidatore, in quanto l’autonomia patrimoniale delle societa’ di persone non consente al socio di agire in giudizio, uti singulus.Questa questione tuttavia non rappresenta l’oggetto del contendere. L’indagine a tal riguardo non assume alcun valore nell’economia della presente decisione.

c.- l’ammissibilita’ della domanda formulata dal D.T. in primo grado andava contestata in quella sede, o quanto meno con l’atto d’appello. Non avendo l’odierno ricorrente a tanto provveduto, si configura riguardo ad essa acquiescenza determinata dall’accettazione del contraddittorio.

Col secondo motivo il ricorrente denuncia violazione degli artt. 112.

163 e 164 c.p.c., ed ancora vizio di motivazione, ed ascrive alla Corte di merito di non aver rilevato l’indeterminatezza delle domande di danni che, fondate su mero sospetto, erano rimaste imprecisate anche in sede di conclusioni in ordine ai fatti addebitatigli, nonche’ in ordine alla misura del danno richiesto. In base a tale prospettazione il giudice del merito si sarebbe dovuto limitare ad ordinare la produzione della documentazione richiesta, astenendosi dal pronunciare condanna. Il motivo e’ inammissibile.

La motivazione della sentenza impugnata si risolve nell’affermazione che l’eccezione di nullita’ della domanda e’ infondata perche’ basta leggere l’atto di citazione. A tale argomentazione, in realta’ molto stringata, il ricorrente replica con pari genericita’, in quanto ne critica la correttezza senza riprodurre le parti conclusive dell’atto di citazione che asserisce esser state formulate con genericita’ ed indeterminatezza. La censura e’ insomma esposta senza la necessaria autosufficienza che deve sorreggere la denuncia anche dell’error in procedendo, benche’ questa Corte sia in ordine a tale vizio giudice anche del fatto processuale. Il potere – dovere di questa Corte di esaminare direttamente gli atti processuali non ne importa infatti la ricerca autonoma, sicche’ e’ onere del ricorrente riprodurre il testo degli atti cui ancora il vizio processuale, nelle parti rilevanti ai fini della decisione – cfr. per tutte Cass. 978/2008 -.

Col terzo motivo, con cui denuncia vizio di omessa motivazione, il ricorrente lamenta disparita’ di trattamento per aver la Corte di merito pronunciato condanna a restituire alla societa’ le somme indebitamente prelevare dalle casse sociali solo nei suoi confronti, omettendo di adottare analoga statuizione nei confronti di S. G., limitandosi a rinviare alle risultanze dell’indagine svolta dal C.T.U. dott. S.F..

Anche questo motivo e’ inammissibile.

La censura omette il necessario riferimento alla formulazione di domanda tesa al recupero di quelle somme, asseritamente indebitamente prelevate dal fratello del ricorrente. E’ dunque anch’essa non autosufficiente, rimettendo in sostanza a questa Corte la ricerca degli atti e delle fasi in cui siffatta domanda sarebbe stata eventualmente avanzata.

Tutto cio’ premesso, il ricorso deve essere respinto. Non vi e’ luogo a provvedere sul governo delle spese del presente giudizio in assenza d’attivita’ difensiva degli intimati.

PQM

LA CORTE rigetta il ricorso.

Cosi’ deciso in Roma, il 6 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 3 giugno 2010

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