Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13475 del 30/06/2016

Cassazione civile sez. lav., 30/06/2016, (ud. 13/04/2016, dep. 30/06/2016), n.13475

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTOPNIO Annalisa – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28762-2012 proposto da:

ZAFFIRO HOLDING S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del suo

amministratore pro tempore, D.S.R. C.f.

(OMISSIS), in proprio, elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA CRESCENZIO 58, presso lo studio dell’avvocato BRUNO COSSU, che

li rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIOVANNI PAOLO

BUSINELLO, giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore

pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE ANCONA;

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE REGIONALE MARCHE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 727/2012 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 11/07/2012 R.G.N. 133/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/04/2016 dal Consigliere Dott. ANNALISA DI PAOLANTONIO;

udito l’Avvocato BUSINELLO GIOVANNI PAOLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELENTANO Carmelo, che ha concluso per l’accoglimento del secondo

motivo del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1 – La Corte di Appello di Ancona, in parziale riforma della sentenza resa dal locale Tribunale, ha integralmente respinto l’opposizione proposta da Riccardo Del Sabato e dalla s.p.a. Zaffiro Holding, avverso l’ordinanza – Ingiunzione del 13.12.2010, con la quale la Agenzia delle Entrate di Ancona, in relazione al rapporto professionale instaurato negli anni 2005 e 2006 con O.G., dipendente della Marina Militare, aveva comminato la sanzione amministrativa di Euro 13.137,60 per non avere richiesto la necessaria preventiva autorizzazione del Comando militare, e di Euro 37.755,20, per avere omesso di comunicare alla amministrazione l’ammontare dei compensi corrisposti.

2 – La Corte territoriale, per quel che qui rileva, ha evidenziato che:

a) la sanzione prevista dal D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 58, comma 5 come modificato dal D.Lgs. n. 387 del 1998, per la omessa comunicazione dei corrispettivi trova applicazione anche nell’ipotesi in cui l’incarico venga conferito a dipendenti pubblici non contrattualizzati in quanto l’obbligo di comunicazione è previsto dal comma 11 dello stesso articolo e la limitazione contenuta nel comma 6 (che richiama unicamente i commi da 7 a 11 e non il comma 15 che prevede la sanzione) si riferisce solo alla disciplina derogatoria;

c) la delega conferita al Governo dalla L. n. 421 del 1992, art. 2 era di ampiezza tale da consentire anche la previsione di sanzioni per l’omesso rispetto degli obblighi imposti in tema dl conferimento di incarichi a dipendenti pubblici;

d) non poteva trovare applicazione alla fattispecie la L. n. 689 del 1981, art. 10 essendo la sanzione determinata dal legislatore In modo fisso e proporzionale;

e) la condotta degli appellati incidentali non poteva in alcun modo essere giustificata poichè si era protratta nel tempo ed aveva riguardato una pluralità di dipendenti pubblici, ai quali erano stati corrisposti compensi di non trascurabile entità. Non poteva essere esclusa la colpa dei dirigenti della società per il solo fatto che gli stessi avevano confidato sulle assicurazioni ricevute dall’ O., giacchè un criterio di ovvia e normale diligenza imponeva di verificare l’esistenza dei requisiti richiesti dalla legge per il conferimento dell’incarico.

3 – Per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso Riccardo del Sabato e la Zaffiro Holding s.p.a., sulla base di tre motivi, illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c.. L’Agenzia delle Entrate ha resistito con tempestivo controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 – I primi due motivi di ricorso riguardano il capo della sentenza impugnata che ha ritenuto legittima la sanzione inflitta agli opponenti, ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 53, comma 15, per la omessa comunicazione al Comando della Marina Militare dei corrispettivi versati negli anni 2005 e 2006 a O.G.. I ricorrenti denunciano l’errata interpretazione della norma sopra richiamata, a loro dire non applicabile ai militari ed in genere ai rapporti di impiego di diritto pubblico, ed in subordine insistono per la illegittimità costituzionale della stessa, inserita nell’ordinamento dal legislatore delegato in assenza di delega legislativa esplicita e, quindi, in violazione degli artt. 76 e 77 Cost..

1.1. – Il secondo motivo è fondato.

Nelle more dei presente giudizio di legittimità è intervenuta la sentenza 10 giugno 2015 n. 98 con la quale la Corte Costituzionale ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 53, comma 15, (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), nella parte in cui prevede che “I soggetti di cui al comma 9 che omettono le comunicazioni di cui al comma 11 incorrono nella sanzione di cui allo stesso comma 9″”.

La Corte, nel ritenere fondata la questione sollevata dai Tribunale di Ancona in fattispecie sovrapponibile a quella qui oggetto di causa, ha evidenziato che in una direttiva intesa a conferire al legislatore delegato il compito di prevedere come obbligatoria una determinata condotta, non è ricompresa, sempre e comunque, anche la facoltà di stabilire eventuali correlative sanzioni per l’inosservanza dell’obbligo.

Ha aggiunto che la previsione contenuta nell’art. 53, comma 15, si risolve in una duplicazione della sanzione già prevista per il conferimento degli incarichi senza autorizzazione, con un effetto moltiplicativo raccordato ad un inadempimento di carattere solo formale.

1.2. – Come è noto le pronunce di accoglimento della Corte Costituzionale hanno effetto retroattivo, con l’unico limite costituito dalle situazioni consolidate ed in particolare dal giudicato, che, nella specie, non si è formato poichè il capo della decisione riguardante la legittimità della sanzione inflitta è stato fatto oggetto dl specifici motivi di censura.

Ne discende che in parte qua la sentenza impugnata deve essere cassata. Resta, pertanto, assorbito il primo motivo sulla interpretazione della norma dichiarata Incostituzionale.

2 – Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano “violazione e falsa applicazione della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 3, commi 1 e 2, “nonchè “nullità della sentenza o del procedimento per violazione dell’art. 116 c.p.c.”. Ribadiscono che gli amministratori della società avevano fatto incolpevole affidamento sulle dichiarazioni dell’ O., il quale aveva comunicato di essere stato autorizzato a svolgere l’attività di infermiere dal comando della Marina Militare.

Rilevano che la Corte territoriale, nell’affermare che la protrazione nel tempo e la riferibilità della omissione ad una pluralità di dipendenti dimostravano non la buona fede ma la colpevole negligenza degli amministratori della società, non aveva tenuto in alcun conto le circostanze, non oggetto di specifica contestazione, allegate nell’atto introduttivo ove era stato dedotto anche che il rapporto libero professionale non era stato in alcun modo celato al fisco ed all’ente previdenziale.

2.1 – Il motivo è Infondato nella parte In cui censura la Interpretazione data alla L. n. 689 del 2001, art. 3 ed inammissibile per il resto.

Questa Corte ha già affermato che “in tema di violazioni amministrative, l’errore sulla liceità dei fatto giustifica l’esclusione della responsabilità solo quando risulti inevitabile, occorrendo a tal fine un elemento positivo, estraneo all’autore dell’infrazione, idoneo ad ingenerare in lui la convinzione della stessa liceità, oltre alla condizione che, da parte sua, sia stato fatto tutto il possibile per osservare la legge e che nessun rimprovero possa essergli mosso, così che l’errore sia stato incolpevole, non suscettibile, cioè, di essere impedito dall’Interessato con l’ordinarla diligenza.” (Cass. 2.10.2015 n. 19759 e negli stessi termini Cass. 12.7.2010 n. 16320).

La Corte territoriale, con apprezzamento di fatto incensurabile in questa sede, ha escluso la eccepita buona fede della società, rilevando che proprio la pluralità delle posizioni interessate dall’accertamento e la protrazione nel tempo delle condotte, portavano a ritenere negligente la condotta tenuta. Ha aggiunto che “secondo un criterio di ovvia e ordinaria diligenza” la società era tenuta a verificare l’esistenza dei presupposti richiesti per il conferimento dell’incarico.

2.2. – Va poi ribadito l’orientamento consolidato di questa Corte alla stregua del quale “poichè l’art. 116 c.p.c. prescrive come regola di valutazione delle prove quella secondo cui il giudice deve valutarle secondo prudente apprezzamento, a meno che la legge non disponga altrimenti, la sua violazione e, quindi, la deduzione in sede di ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 è concepibile solo: a) se il giudice di merito valuta una determinata prova ed in genere una risultanza probatoria, per la quale l’ordinamento non prevede uno specifico criterio di valutazione diverso dal suo prudente apprezzamento, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure che il legislatore prevede per una diversa risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale); b) se il giudice di merito dichiara di valutare secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza soggetta ad altra regola, così falsamente applicando e, quindi, violando la norma in discorso (oltre che quelle che presiedono alla valutazione secondo diverso criterio della prova di cui trattasi). La circostanza che il giudice, invece, abbia male esercitato il prudente apprezzamento della prova è censurabile solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5” (Cass. 20 dicembre 2007 n. 26965 e negli stessi termini Cass. 19 giugno 2014 n. 13960).

Nel caso di specie i ricorrenti, pur denunciando ex art. 360 c.p.c., n. 4 la violazione dell’art. 116 c.p.c., sostanzialmente censurano la valutazione espressa dalla Corte territoriale in merito alla assenza della eccepita buona fede della società e la censura non è apprezzabile neppure ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 perchè, anche a voler prescindere dalla rubrica anteposta al motivo, la motivazione omessa o insufficiente è “configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, ovvero quando sia evincibile l’obiettiva carenza, nel complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che lo ha Indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento, ma non già quando, invece, vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato dal primo attribuiti agli elementi delibati, risolvendosi, altrimenti, il motivo di ricorso in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento di quest’ultimo tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione” (Cass. S.U. 25 ottobre 2013, n. 24148).

3 – In via conclusiva la sentenza impugnata deve essere cassata solo limitatamente al capo della sentenza che ha ritenuto correttamente Inflitta la sanzione amministrativa prevista dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 53, comma 5 dichiarato costituzionalmente Illegittimo.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ex art. 384 c.p.c., comma 2, con l’annullamento parziale della ordinanza ingiunzione opposta.

La soccombenza reciproca giustifica l’integrale compensazione fra le parti delle spese dell’Intero processo.

PQM

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbito il primo, e rigetta il terzo. Cassa la sentenza impugnata In relazione al motivo accolto e decidendo nel merito annulla la ordinanza ingiunzione opposta limitatamente alla sanzione Inflitta D.Lgs. n. 165 del 2001, ex art. 53, comma 15. Compensa integralmente fra le parti le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2016

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