Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13474 del 29/05/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 29/05/2017, (ud. 22/02/2017, dep.29/05/2017),  n. 13474

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29568/2011 proposto da:

D.A. C.F. (OMISSIS), + ALTRI OMESSI

– ricorrenti –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 3411/2011 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 23/05/2011 R.G.N. 11361/2009.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza depositata il 23.5.2011, la Corte d’appello di Napoli ha confermato, con diversa motivazione, la pronuncia di primo grado che aveva rigettato la domanda di A.F. e altri quattordici consorti volta ad ottenere il beneficio della rivalutazione contributiva di cui alla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, per come modificato ex L. n. 271 del 1993;

che avverso tale statuizione hanno proposto ricorso per cassazione A.F. e dodici degli altri quattordici litisconsorti, deducendo quattro motivi di censura;

che l’INPS è rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con il primo motivo, i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., nonchè vizio di motivazione, per avere la Corte di merito ritenuto la decadenza dal beneficio per mancata tempestiva presentazione della domanda amministrativa, nonostante che tale ultima circostanza di fatto dovesse considerarsi pacifica inter partes, avendo piuttosto l’Istituto contestato la riferibilità all’assicurato della domanda presentata in suo nome e per suo conto dal difensore; che, con il secondo motivo, i ricorrenti si dolgono di violazione e falsa applicazione del D.L. n. 269 del 2003, art. 47, comma 5 (conv. con L. n. 326 del 2003), del D.M. 27 ottobre 2004, art. 3, art. 1335 c.c., L. n. 241 del 1990, artt. 11 e 12 e dell’art. 115 c.p.c., nonchè di vizio di motivazione, per avere la Corte territoriale ritenuto che le domande amministrative prodotte in atti non fossero idonee a superare l’eccezione di decadenza in ragione del fatto che i timbri e le ricevute non ne comprovavano l’avvenuta ricezione da parte dell’INAIL;

che, con il terzo motivo, i ricorrenti lamentano violazione degli artt. 115, 421 e 437 c.p.c., nonchè vizio di motivazione, per non avere la Corte di merito esercitato i poteri istruttori officiosi necessari a colmare la ritenuta insufficienza probatoria;

che, con il quarto motivo, si censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione del D.L. n. 269 del 2003, art. 47, comma 5 (conv. con L. n. 326 del 2003), L. n. 350 del 2003, art. 3, comma 132 e art. 115 c.p.c., nonchè per vizio di motivazione, per avere la Corte territoriale ritenuto che la disciplina di cui alle disposizioni citate si applicasse anche al ricorrente R.V., nonostante questi avesse presentato la domanda amministrativa in data 11.2.2003;

che, con riguardo al primo motivo, la decadenza sostanziale dal diritto alla prestazione previdenziale (qual è quella di cui al D.L. n. 269 del 2003, art. 47, comma 5, più volte cit.) è annoverabile fra quelle dettate a protezione dell’interesse pubblico alla definitività e certezza delle determinazioni concernenti erogazioni di spese gravanti su bilanci pubblici, ed è, pertanto rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado, del procedimento, col solo limite del giudicato, dovendosi escludere la possibilità, per l’ente previdenziale (il quale non ha alcun particolare onere probatorio, essendo la decadenza una conseguenza del fatto oggettivo del mancato esercizio del diritto durante il tempo stabilito), di rinunciare alla decadenza stessa ovvero di impedirne l’efficacia riconoscendo il diritto ad esso soggetto (giurisprudenza costante fin da Cass. n. 12141 del 1998; cfr., tra le più recenti, Cass. nn. 18528 del 2011 e 9622 del 2015), onde correttamente la Corte di merito, accertata la riproposizione della relativa eccezione in grado di appello, ha autonomamente proceduto alla verifica dell’idoneità della documentazione agli atti al fine di superarla;

che, con riguardo al secondo motivo, la doglianza è manifestamente estranea al decisum, dal momento che la Corte di merito, lungi dall’attribuire rilievo giuridico, ai fini dell’esclusione della decadenza, alla ricezione delle domande da parte dell’INAIL, ha piuttosto desunto dalla documentazione allegata agli atti che non vi fosse prova della loro effettiva presentazione (cfr. sul punto pag. 6 della sentenza impugnata); che, con riguardo al terzo motivo, è sufficiente ricordare che il mancato esercizio da parte del giudice dei poteri ufficiosi ex art. 421 c.p.c., è censurabile per cassazione solo qualora la parte abbia preventivamente investito il giudice di una specifica richiesta in tal senso (cfr. tra le più recenti Cass. n. 22534 del 2014) e rilevare che, nel caso di specie, i ricorrenti non hanno nè specificamente indicato in che modo nell’atto di appello avrebbero sollecitato in tal senso la Corte di merito nè provveduto ad indicare in quale luogo del fascicolo processuale o di merito esso sarebbe rinvenibile, così violando il canone di specificità dei motivi di ricorso per come ora prescritto dall’art. 366 c.p.c., nn. 4 e 6;

che, con riguardo al quarto motivo, la differenza tra la posizione del ricorrente R. e quella degli altri è questione sulla quale la Corte di merito non risulta aver statuito e, non essendosi specificamente indicato quando e come essa sarebbe stata introdotta nel giudizio di merito (e involgendo un accertamento di fatto circa il contenuto della raccomandata inviata all’INAIL il 3.3.2003), essa va ritenuta nuova e dunque inammissibile in sede di legittimità (cfr. Cass. n. 20518 del 2008);

che, conseguentemente, il ricorso va rigettato, nulla statuendosi sulle spese in considerazione dell’assenza di attività difensiva da parte dell’INPS.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 22 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 29 maggio 2017

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