Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13473 del 03/06/2010

Cassazione civile sez. I, 03/06/2010, (ud. 04/05/2010, dep. 03/06/2010), n.13473

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. FIORETTI Francesco Maria – Consigliere –

Dott. FELICETTI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Impresa GALASSO COSTRUZIONI s.p.a., con sede in (OMISSIS), in

persone del legale rappresentante Ing. G.A.,

elettivamente domiciliato in Roma, Piazza San Giovanni di Dio n. 32,

nello studio dell’avv. Filomena Cerroni, rappresentata e difesa

dall’avv. Milano Fabio per procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI CAMPOBASSO, in persona del sindaco p.t., autorizzato a

stare in giudizio da determinazione n. 1217 dell’8 giugno 2005 ed

elettivamente domiciliato in Roma, alla Via Albalonga n. 7, presso

l’avv. Clementino Palmiero, unitamente con l’avv. Antonio Calise

dell’Avvocatura comunale, che lo rappresenta e difende, per procura a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di appello di Campobasso n. 314 del

24 novembre – 13 dicembre 2004;

Udita, all’udienza del 4 maggio 2010, la relazione del Cons. Dott.

FORTE Fabrizio;

Uditi l’avv. Milano, per la ricorrente, e il P.M. Dott. SORRENTINO

Federico, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Campobasso, con sentenza dell’11 aprile 2002, accoglieva la domanda della Galasso Costruzioni s.p.a. aggiudicataria ed esecutrice dell’appalto di ristrutturazione e ampliamento dell’acquedotto comunale, di condanna del locale comune a pagare alla attrice L. 284.461.070 e accessori, a titolo di interessi legali e di mora per il ritardato pagamento dei materiali forniti dall’attrice per realizzare detta opera, materiali che la Cassa per il Mezzogiorno si era impegnata a procurare, rimanendo inadempiente, per cui l’appaltatrice aveva dovuto acquistarli, ricevendo dall’ente locale il loro prezzo revisionato dalla posa in opera al dicembre 1991, ma senza gli interessi di cui alla citazione.

Il Comune di Campobasso chiedeva il rigetto della domanda per non essere tenuto al pagamento, in quanto le forniture dei materiali di cui sopra non erano state autorizzate e costituivano prestazioni extra – contratto, per il cui corrispettivo le parti avevano stipulato altro contratto n. 115/1991, che, nel riconoscere il diritto al prezzo revisionato in concreto pagato all’impresa, nessun cenno faceva agli interessi.

Secondo il primo giudice, con la convenzione n. 115 del 1991, le parti erano addivenute solo “alla regolarizzazione economico – contabile, in sanatoria, delle forniture gia’ effettuate dall’impresa esecutrice dei lavori”, per la quale l’art. 5 del contratto prevedeva che il corrispettivo delle forniture si sarebbe “erogato congiuntamente ai certificati di pagamento emessi per i lavori contrattuali”.

Poiche’ tali certificati erano antecedenti al contratto in sanatoria e contestuali alle forniture, ad avviso del tribunale, le parole riportate, non potevano significare altro che il credito per ciascuna delle forniture indicate era da ritenere scaduto in coincidenza con i certificati di pagamento del contratto, che non coprivano il dovuto per il materiale fornito, da considerare pagato in ritardo, con gli interessi dovuti dalla scadenza prevista nell’accordo in sanatoria fino al saldo, in quanto una lettura diversa dell’atto in sanatoria avrebbe eccessivamente penalizzato la societa’.

Avverso la sentenza di primo grado ha proposto appello il Comune di Campobasso deducendo che la interpretazione dell’atto di sottomissione del 27 agosto 1991, relativa alle forniture di materiali era disancorata dalla lettera del citato art. 5 del contratto e in contrasto con la normativa sugli appalti pubblici. Il riferimento ai certificati di pagamento era servito, nell’accordo in sanatoria, soltanto a identificare i termine per il computo della revisione prezzi altrimenti non calcolabile, non essendovi nella convenzione alcun riferimento agli interessi, obbligo di cui non e’ cenno neppure nell’impegno di spesa dell’ente locale, ragguagliato al corrispettivo revisionato senza accessori, dalle predette date dei certificati alla posa in opera dei materiali stessi.

Per l’appellante comune la disciplina delle forniture di cui all’atto di sottomissione nessun aggancio aveva con il contratto di appalto, che non obbligava l’appaltatrice a fornire tali materiali, per la quale era obbligata la sola Cassa per il mezzogiorno; di conseguenza nessun interesse poteva porsi a carico dell’ente locale.

La Corte d’appello, con la sentenza di cui in epigrafe, ha accolto il gravame, sul presupposto che il comune nulla doveva per i materiali aggiunti di cui sopra e che la appaltatrice a nulla avrebbe avuto diritto, se non vi fosse stato l’atto di sottomissione del 27 agosto 1991 relativo alle forniture cui essa non era obbligata, non potendo esservi obbligo di pagare gli accessori di debiti inesistenti per l’ente locale. Tale lettura logico – giuridica degli atti era confermata sia dal fatto che nella nuova convenzione non vi era cenno scritto agli interessi sia dalla circostanza che l’impegno di spesa dell’ente locale era stato deliberato in rapporto al solo prezzo revisionato, senza accessori.

Neppure aveva rilievo l’eccezione della societa’ appellata della tardivita’ della deduzione della mancata copertura finanziaria degli interessi, che non si era avuta in primo grado, per cui, in applicazione della previgente disciplina dell’art. 345 c.p.c., comma 2, applicabile ratione temporis, l’eccezione stessa doveva rigettarsi, essendo non significativa la motivazione del primo giudice sul carattere penalizzante per l’impresa del detto accordo aggiuntivo, senza il quale nulla le sarebbe spettato. In realta’ la nuova convenzione, a fronte della mancanza di ogni diritto della societa’ appellata, aveva riconosciuto il prezzo delle forniture extra – contratto, con gli incrementi revisionali e i carichi per spese generali e utile aziendale, per cui ogni altro onere avrebbe riversato sulla stazione appaltante la iniziativa unilaterale della societa’ di acquistare essa senza espressa approvazione del committente i materiali non forniti dalla Cassa per il Mezzogiorno, unico soggetto tenuto a provvedere a tali forniture in base allo stesso appalto. Prima del nuovo accordo mancava ogni presupposto per applicare gli artt. 1224 e 1282 c.c. in assenza non solo del ritardo nell’adempimento ma dello stesso obbligo per sorte capitale, per cui la domanda della societa’ doveva rigettarsi, con condanna della stessa alle spese di causa.

Per la cassazione di tale sentenza, notificata il 12 aprile 2005 alla Galasso Costruzioni s.p.a., quest’ultima ha proposto ricorso di tre motivi notificato il 25 maggio 2005, cui ha replicato il Comune di Campobasso, con controricorso, a sua volta notificato a mezzo posta, il 1 luglio successivo.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1. Il primo motivo di ricorso della Galasso s.p.a. denuncia violazione di legge e carenze motivazionali della sentenza impugnata, in rapporto agli artt. 112, 113 e 116 c.p.c., e agli artt. 1375, 1659, 1660 e 1655 c.c. e segg. oltre che dalla L. 20 marzo 1865, n. 2248, artt. 342 e 343, All. F, relativi alle variazioni e addizioni ai lavori oggetto di appalto, deducendo pure omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione di essa, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per avere la Corte di merito illegittimamente ritenuto che la fornitura del materiale, da parte della ricorrente, non era autorizzata ed era stata effettuata fuori contratto.

Se e’ vero che, nell’appalto originario stipulato nel 1981, fu stabilito che la Cassa per il Mezzogiorno avrebbe provveduto a fornire il materiale per costruire l’acquedotto, tali forniture non sono state correttamente eseguite sia sul piano qualitativo che quantitativo, per cui, come dice l’atto in sanatoria, esse furono anticipate dall’impresa per “garantire un ordinato svolgimento dei lavori nel periodo utile stabilito dal contratto”.

Trattandosi di forniture essenziali, la variazione del contratto era stata indispensabile e poteva ritenersi autorizzata dal direttore dei lavori, ai sensi della L. n. 2248 del 1865, artt. 342 e 343, dovendosi considerare “un appendice al contratto principale”, dato che le variazioni necessarie delle opere comportavano alterazione dei prezzi.

L’approvazione e’ successiva all’esecuzione dei lavori e la natura di regolarizzazione e sanatoria dell’atto di sottomissione dell’agosto 1991, dimostra l’esistenza di un’intesa fra le parti, con cui il committente consentiva all’anticipazione dall’impresa delle forniture, come rilevato esattamente dal primo giudice. Dal 1981 al 1990, vi sono state forniture di materiali necessari a costruire l’acquedotto e l’iniziativa dell’impresa e’ stata avallata dalla direzione dei lavori, che ne ha riconosciuto l’utilita’, come emerso anche in sede di collaudo, nel quale la commissione collaudatrice ha preso atto che la direzione lavori aveva garantito il pagamento di tali forniture dal Comune, una volta trasferite ad esso le opere dalla Cassa per il mezzogiorno, che aveva rimesso pure L. 353.000.000 all’ente locale, per il pagamento dell’appalto da essa finanziato e dal comune stipulato. In conclusione, la fornitura era legittima e avallata dalla direzione dei lavori, in difformita’ da quanto statuito nella sentenza impugnata.

Ad avviso del comune controricorrente, le deduzioni in ricorso confermano la soluzione adottata dalla Corte d’appello, non emergendo da esse le fonti contrattuali delle c.d. variazioni del contratto di appalto, da cui emergesse pure chi avrebbe dovuto fornire i materiali per la costruzione dell’acquedotto in sostituzione del soggetto contrattualmente obbligato in tale senso, cioe’ della Cassa per il mezzogiorno, con necessita’ di qualificare extra contratto le prestazioni fornite dalla societa’ in luogo di quest’ultima.

In ogni caso il motivo di ricorso e’ inammissibile, domandando solo un giudizio diverso da quello della Corte d’appello in ordine allo svolgimento e alla esecuzione dei lavori oggetto di appalto e alla fornitura dei materiali per cui e’ causa.

1.2. Il secondo motivo di ricorso denuncia violazioni delle stesse norme processuali indicate nel primo motivo e degli artt. 1224, 1375 e 1361 c.c. oltre che del D.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, artt. 33 e 35 per l’erronea interpretazione data dalla Corte d’appello all’atto di sottomissione del 27 agosto 1991. Ad avviso della ricorrente, la comune volonta’ delle parti di tale accordo emerge dall’aggancio alle date dei certificati di pagamento, identificate come quelle da cui far decorrere il credito per le forniture di materiali da parte della societa’ appaltatrice, cosi’ implicitamente facendosi riferimento anche agli interessi, la cui maturazione si collega di regola a tali certificati, che erano incompleti per le forniture gia’ eseguite, con la conseguenza che comunque non e’ giuridicamente lecito non corrispondere gli interessi dovuti.

La interpretazione delle clausole negoziali in sanatoria e’ quindi da ritenersi non corretta, dovendosi negare la natura costitutiva dell’obbligo di pagare per la scrittura del 1991, la cui fonte era invece l’atto di collaudo, anche a non rilevare l’ingiustificato arricchimento dell’ente locale ricevuto con l’omesso versamento degli interessi, pur avendo fruito dei materiali sin dall’epoca della costruzione del manufatto. L’affermazione della violazione dei principi di interpretazione dell’atto di sottomissione secondo buona fede, ad avviso del comune di Campobasso, deve disattendersi, avendo la Corte territoriale chiarito di fondare la sua lettura dell’accordo del 1991 sull’omessa espressa previsione contrattuale del pagamento degli interessi e sul limite dell’impegno di spesa incompatibile con tale prestazione, essendo certamente non condivisibile la tesi del primo giudice per il quale, il mancato pagamento degli accessori, sarebbe stato troppo penalizzante per l’impresa che non avrebbe sottoscritto l’accordo ove letto senza la previsione dei pagamenti degli accessori di cui sopra.

3. Il terzo motivo di ricorso lamenta infine violazione delle norme di cui al secondo motivo e della L. n. 741 del 1981, art. 4 per essersi negati gli interessi in difetto di una loro espressa previsione convenzionale, pur prevedendo la norma da ultimo citata che gli stessi sono dovuti in conto o a saldo, in occasione di ogni certificato di pagamento, per cui la loro mancata previsione convenzionale non puo’ rilevare, essendo la loro fonte la legge stessa, essendosi l’articolo ora citato trasfuso nel D.P.R. 31 dicembre 1999, n. 554, art. 116. Le parti, con la convenzione del 1991, fissarono come date di pagamento delle forniture gia’ effettuate in corso d’opera, quelle dei certificati di pagamento, individuando in tal modo le date da cui far decorrere gli interessi di legge di cui agli artt. 35 e 36 del capitolato generale delle opere pubbliche, tenuto anche conto che lo stesso prezzo dell’intero appalto e’ stato pagato dopo l’atto di sottomissione di cui sopra, con conseguente smentita delle conclusioni raggiunte dalla Corte di merito. Afferma il controricorrente comune che il terzo motivo di ricorso parte da un presupposto logicamente non condivisibile, essendo ovvio che non vi puo’ essere inadempimento, in relazione ad un contratto che, al momento delle forniture per cui e’ causa, neppure esisteva e non poteva costituire fonte di obblighi che si pretendono non adempiuti, dando luogo alla maturazione di interessi moratori.

2.1. Il primo motivo del ricorso, per la parte in cui non e’ inammissibile, in quanto pretende un giudizio di merito da questa Corte di legittimita’ che si sostituisca a quello dei giudici d’appello, appare infondato, chiedendo di individuare la fonte dell’obbligo di fornire i materiali necessari alla costruzione dell’acquedotto nell’appalto da cui incontestatamente risulta tale obbligazione a carico della finanziatrice dell’opera Cassa per il mezzogiorno.

Tale previsione chiarisce che si tratta di prestazioni extracontrattuali non essendo a carico delle parti dell’appalto come tipizzate nella legge, non bastando a vincolare la committente gli ordini della direzione lavori o i rilievi dell’esistenza dei materiali di cui al verbale di collaudo, dovendosi escludere che l’obbligazione relativa a tale fornitura sia sorta per il comune da tali atti, tanto che e’ stato necessario l’atto di sottomissione del 1991 in sanatoria, per dar luogo al sorgere dell’obbligo di pagare tali prestazioni. Nessuna prova peraltro vi e’ in atti che le forniture furono autorizzate almeno dal direttore dei lavori, che avrebbe dovuto comunque dare immediata comunicazione di tali prestazioni, non previste in contratto, al Comune di Campobasso ai sensi della L. 20 marzo 1865, n. 2248, art. 342, all. F. (Cass. 8 luglio 2009 n. 16046); neppure emerge dagli atti e dal ricorso l’esistenza di un’approvazione successiva della stazione appaltante di tali forniture dell’impresa appaltatrice, anche essa necessaria per legge, per far sorge l’obbligo di pagare le prestazioni che precedono (cosi’ Cass. 16 aprile 2008 n. 10069, 17 maggio 2006 n. 11501 e 11 ottobre 1999 n. 11365). Nessuna perizia suppletiva per tali opere si e’ posta in essere dal direttore dei lavori (su tale istituto, cfr. Cass. 2 aprile 2008 n. 8512) per potere chiedere in rapporto ad essa al committente di riconoscere tali prestazioni; e’ allora palese che non potevano qualificarsi come contrattuali i lavori eseguiti con la fornitura di tali materiali non prevista in contratto, senza specifica approvazione delle forniture stesse da parte dell’amministrazione committente (Cass. 7 marzo 2007 n. 5278), essendo insufficiente a ottenere il compenso la mera approvazione del collaudatore, quando si sia in presenza, come nel caso esattamente affermato nella sentenza di merito, di lavori extra contratto (su cui cfr. Cass. 5 luglio 2007 n. 15221), da qualificare variazioni arbitrarie in mancanza di preventiva approvazione di esse dalla committenza (nello stesso senso pure Cass. 3 marzo 2006 n. 4725).

Deve quindi ritenersi che esattamente si sia individuata la fonte degli obblighi per i materiali forniti nel corso dei lavori dalla ricorrente nell’atto di sottomissione del 1991, che non e’ retroattivo o solo ricognitivo, ma e’ da ritenere costitutivo dell’obbligo di corrispondere il prezzo revisionato dei materiali stessi, non potendo sorgere tale obbligo da autorizzazioni o atti orali e dovendo negarsi che la prestazione di questi materiali possa ritenersi gia’ prevista in contratto, che la poneva a carico della Cassa per il Mezzogiorno e non dell’impresa appaltatrice. Il pagamento di tali materiali non puo’ trovare titolo in atti generici e non meglio precisati della direzione lavori, senza verifiche o approvazioni espresse e per iscritto della Amministrazione committente, per cui il primo motivo di ricorso e’ infondato e da rigettare pretendendo il riconoscimento degli accessori su obblighi non esistenti, per la parte in cui non deve qualificarsi inammissibile, in rapporto ai giudizi e alle valutazioni della Corte di merito che si chiede siano rivisitati dal giudice di legittimita’.

2.2. Altrettanto e’ a dire sul secondo motivo d’impugnazione.

Quanto detto in rapporto al primo motivo di ricorso comporta anche la infondatezza del secondo motivo, che sulla base di una pretesa interpretazione secondo buona fede (art. 1366 c.c.) dell’atto di sottomissione del 1991, deduce da esso la comune volonta’ delle parti nel senso della implicita previsione degli interessi che, agganciando alla data dei certificati di pagamento il credito dell’impresa per le forniture di materiali, avrebbe, sia pure non in via tacita, stabilito pure il pagamento degli interessi con la stessa decorrenza.

Peraltro la mancata previsione per iscritto degli interessi e della loro decorrenza da data diversa da quella del contratto in sanatoria, comunque assoggettato alla forma scritta ad substantiam esclude la riconoscibilita’ degli interessi non previsti espressamente nell’atto in sanatoria (sulla forma scritta dei contratti ad evidenza pubblica, cfr. Cass. 8 novembre 2007 n. 23623 e 14 dicembre 2006 n. 26826).

Esattamente si e’ affermato che nessun obbligo di pagare vi era prima dell’atto di sottomissione e di conseguenza che neppure poteva imporsi il pagamento di interessi, prima del sorgere dell’obbligazione principale di cui detti interessi erano accessori e che questi potevano doversi solo dopo che era stata costituita esistente l’obbligazione principale con l’atto successivo del 1991 (Cass. 16 luglio 2007 n. 15296 e 27 luglio 2004 n. 14099).

In sostanza correttamente si e’ affermato nel merito che la mancata espressa previsione nell’atto di sottomissione, fonte dell’obbligo di pagare le forniture, del versamento con tale adempimento degli interessi sulle somme da corrispondere, esclude che essi siano dovuti, come conferma peraltro la previsione dell’impegno di spesa nella contabilita’ comunale che comprende i prezzi revisionati ma non copre gli interessi dovuti per legge, per cui deve ritenersi esclusa la previsione di tali accessori con le decorrenze previste in ricorso, anteriori all’atto di sottomissione, in difetto di atto scritto anteriore su cui fondare tale pretesa con le annesse iscrizioni in bilancio e quindi anche il secondo motivo di ricorso deve ritenersi infondato per la parte in cui non chiede a questa Corte di sostituirsi a quella di merito nella determinazione del contenuto dell’atto del 1991.

2.3. Infine, in rapporto agli interessi che di regola decorrono dai certificati di pagamento, tale previsione normativa si ritiene giustificata sempre che la mancata tempestiva contabilizzazione dei lavori che, nel caso, presumibilmente vi e’ stata anche in base a quanto dedotto in ricorso, non sia dipesa da responsabilita’ della stessa impresa appaltatrice, che nel caso ha provveduto a eseguire prestazioni da lei non dovute o extra contratto (Cass., 1 agosto 2003 n. 11725).

E’ quindi ovvio che l’obbligazione legale (e non meramente convenzionale degli interessi) comunque non poteva sorgere prima ancora che nascesse l’obbligo di pagamento sorto solo per effetto dell’atto di sottomissione e quindi, anche a non considerare che il compenso gia’ revisionato non puo’ dar luogo ad interessi se non successivamente al suo riconoscimento anche ai sensi dell’art. 36 del Capitolato generale (Cass. 16 novembre 2007 n. 23746), deve negarsi che, in mancanza dello stesso obbligo principale sia potuto sorgere quello accessorio degli interessi, che devono ritenersi non dovuti, a decorrere dalla data dei certificati di pagamento precedenti al sorgere dell’obbligo di pagamento.

3. In conclusione il ricorso deve rigettarsi e, per la soccombenza, le spese del presente giudizio di cassazione devono porsi a carico della ricorrente nella misura che si liquida in dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare al controricorrente le spese del presente giudizio che liquida in Euro 5.200,00 (cinquemiladuecento/00), di cui Euro 200,00 (duecento/00) per esborsi, oltre alle spese generali e accessorie come per legge.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione prima civile della Corte suprema di cassazione, il 4 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 3 giugno 2010

 

 

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