Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13470 del 02/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 02/07/2020, (ud. 15/05/2019, dep. 02/07/2020), n.13470

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 22161/2012 R.G. proposto da:

D.R., con gli avv.ti Spadaro Gioacchino e Rossitto Giuseppe,

con domicilio in Roma, via Emilio De Cavalieri n. 11, presso lo

studio dell’avv. Fontanelli Aldo;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, ed ivi domiciliata in via dei Portoghesi, n.

12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale per il

Veneto – Venezia Mestre n. 19/19/12, pronunciata in data 31/01/2012

e depositata il 21/02/2012, notificata il 10/06/2012.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15 maggio

2019 dal Consigliere Fracanzani Marcello M.;

Lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale della

Repubblica Dott.ssa De Renzis Luisa che ha chiesto il rigetto del

ricorso.

Fatto

RILEVATO

Il ricorrente, esercente in forma individuale attività di valorizzazione e vendita immobiliare, chiedeva il rimborso di Euro 120.000,00 per IVA ultrannuale riferita al 3 trimestre 2006, riveniente dall’acquisto di beni strumentali dalla AST srl e, nello specifico, di macchinari e attrezzature per la produzione di sci e materie plastiche. Società, quest’ultima, di cui dal fino al luglio 2007 il contribuente era stato legale rappresentante.

In esito ad indagini dell’Agenzia delle Entrate circa la situazione del credito IVA e l’effettiva esistenza delle operazioni che lo avevano generato, il contribuente era attinto da accertamento per l’anno d’imposta 2006, con cui l’amministrazione riconosceva come inesistenti gli acquisti dei due macchinari (contabilizzati con le fatture n. 250 e n. 252 del 2006), onde recuperava a tassazione l’IRAP del periodo e negava il rimborso dell’IVA.

Impugnato l’accertamento, la CTP apprezzava le ragioni del contribuente, ritenendo non sufficienti gli accessi effettuati dall’Ufficio sui luoghi ove si esercita l’impresa. Su appello dell’Agenzia delle Entrate la CTR riformava la sentenza, ritenendo, invece, debitamente provata l’inesistenza delle operazioni con i profili indiziari offerti dall’Ufficio e non efficacemente contrastati dal contribuente.

Ricorre il contribuente affidandosi a due motivi, cui controricorre l’Agenzia delle Entrate.

Diritto

CONSIDERATO

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, D.P.R. n. 917 del 1985, art. 64, D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19, 31 e 54, artt. 2697 e 2729 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, in quanto la CTR avrebbe fatto errata applicazione dei principi in materia di ripartizione dell’onere della prova. In buona sostanza, si lamenta che a fronte di un solo accesso nei locali aziendali, peraltro parziale, sarebbe stato onere dell’Ufficio proseguire nelle verifiche in situ. Inoltre, si censura l’errata valutazione della CTR circa la perizia dell’ing. Bristot sui cespiti aziendali, che era stata considerata come un mero elenco, mentre, invece, era corredata da fotografie dei beni, atte a giustificarne l’esistenza.

2. Con il secondo motivo si deduce insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 vecchia formulazione, applicabile ratione temporis, in quanto gli elementi indiziari non sarebbero stati esaminati singolarmente e la sentenza non avrebbe dato conto delle ragioni del convincimento del giudice sull’inesistenza dell’operazione, anche a fronte delle stesse fatture d’acquisto.

3. I motivi, possono essere trattati congiuntamente, vertendo su diversa qualifica dei medesimi fatti.

Essi sono infondati.

La CTR ha correttamente applicato i criteri ermeneutici di questa Corte per i quali all’Ufficio spetta solo fornire elementi probatori, anche in forma indiziaria e presuntiva (per tutte Cass. 09.09.2016 n. 17818; n. 26486/2014; n. 27718/2013; n. 9108/2012; n. 9784/2010; n. 21953/2007;.nello stesso senso ex multis C. Giust. 30.11.2013 C-642/11 e 06.07.2006 C.439/04) dell’inesistenza dell’operazione (nella fattispecie identificabile come infragruppo, data l’identità del legale rappresentante), mentre, invece, spetta al contribuente vincere la presunzione che si genera. E tale prova non può dirsi raggiunta con la esibizione della fattura, o con l’attestazione della regolarità formale delle scritture contabili, o dei mezzi di pagamento o perizie di parte, poichè la regolarità formale è connaturata e precostituita a sostenere un’operazione fittizia (Cass.18.03.2016 n. 5406; 14.01.2015 n. 428; 10.06.2011 n. 12802).

Queste considerazioni, dunque, valgono sia per le fatture n. 250 e 252 del 2006, sia per la perizia dell’ing. Bistrot che, comunque, è stata valutata dalla CTR con apprezzamento di merito non sindacabile in questa sede.

La circostanza, poi, che i militari si siano riservati un ulteriore accesso ai luoghi che – incidentalmente – non hanno potuto ispezionare perchè chiusi, non comporta il sorgere di un dovere di ulteriore accesso: questa è, infatti, una facoltà e non un adempimento necessario dei militari, che possono formare il proprio convincimento sulla base di altri elementi.

La sentenza è, dunque, immune dai vizi ascrittile.

3. In conclusione il ricorso deve essere rigettato.

4. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento in favore dell’Agenzia delle Entrate delle spese del giudizio che liquida in Euro 5.600,00 (cinquemilaseicento), oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 15 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2020

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