Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13468 del 18/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 18/05/2021, (ud. 25/02/2021, dep. 18/05/2021), n.13468

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) s.r.l., in persona dell’amministratore unico e l.r.p.t.,

rappr. e dif. dall’avv. Filograno Vincenzo del foro di Bari,

vincenzo.filograno.onepec.it, elettivamente domiciliata in Roma,

presso la cancelleria della Corte di cassazione, come da procura in

calce all’atto;

contro

(OMISSIS) s.r.l., in persona dei curatori fallimentari p.t.,

rappresentata e difesa dall’avv. Costantino Livio,

avvcostantinolivio.pec.giuffre.it, elettivamente domiciliata presso

il suo studio in Bari, Via De Nicolò n. 48;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza App. Bari 20/08/2018, n. 1420/2018,

in R.G. n. 2094/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 25.2.2021 dal Consigliere relatore Dott. Ferro Massimo.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. (OMISSIS) s.r.l. impugna la sentenza App. Bari 20.08.2018, n. 1420/2018, in R.G. n. 2094/2017, che ha rigettato il suo reclamo proposto avverso la sentenza Trib. Bari n. 27.9.2017, n. 134/2017 dichiarativa del proprio fallimento, a seguito della pronuncia di risoluzione per inadempimento del concordato preventivo in continuità, già omologato con decreto Trib. Bari 30.10.2015;

2. la corte ha premesso che, per il primo giudice e con accertamento non contestato: a) il piano quadriennale previsto si era arrestato già nel novembre 2016, in virtù di cessazione repentina dell’attività aziendale; b) rispetto alla data della pronuncia di risoluzione, i creditori prededucibili non erano stati pagati, nè risultava soddisfatto il passivo nella misura di 1.250.822 Euro, come invece da impegno; c) a seguito delle istanze e sulla base di un’oggettiva insolvenza, doveva essere dichiarato il fallimento;

3. per la sentenza, nel concordato con continuità aziendale deve escludersi che l’alea che ne circonda l’esecuzione, rimessa all’accettazione dei creditori, possa estendersi alla valutazione di effettiva esistenza dei presupposti della soluzione concordataria come indicata nel piano; ciò implica la rilevanza oggettiva dell’inadempimento che ne precluda l’attuazione, posto che la prosecuzione dell’attività, come sistema di rimozione dello stato di crisi, deve essere funzionale unicamente al miglior soddisfacimento dei creditori;

4. il ricorso è su un unico motivo e ad esso resiste con controricorso il fallimento (OMISSIS) s.r.l., che ha anche depositato memoria;

5. con il ricorso si deduce la violazione degli artt. 186,186-bis e 173 L. Fall., avendo errato la corte nel non riconoscere la non imputabilità all’imprenditore dell’inadempimento del piano, dipeso dall’interruzione del rapporto commerciale di un proprio fornitore strategico, che pure aveva ottenuto il pagamento integrale del credito.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. l’unico motivo è inammissibile, considerando che nel nostro ordinamento concorsuale opera un consolidato principio di oggettività della insolvenza e, ai fini della risoluzione del concordato, di analoga indifferenza causale quanto alla sua determinazione riferibile alle obbligazioni sostitutive di quelle originarie e compendiate negli impegni assunti con il piano relativo alla proposta omologata; così, già prima della riforma del 2006-2007, era costante indirizzo che “nel giudizio di risoluzione del concordato preventivo per inadempimenti degli obblighi concordatari, il tribunale non ha altro compito nè altro potere che quello di accertare se il concordato sia stato eseguito o meno, nei termini e con le modalità stabiliti nella sentenza di omologazione, senza margine di discrezionalità in ordine.., all’imputabilità dell’inadempimento. Ai fini della risoluzione del concordato, assume rilievo solo il fatto oggettivo dell’inadempimento, atteso che gli obblighi di costituire le garanzie e di pagare i creditori alle scadenze fissate rappresentano obbligazioni che si inseriscono nella procedura di concordato come elementi necessari per la sua esecuzione ed aventi ad oggetto fatti che escludono che si possa configurare un inadempimento incolpevole” (Cass. 11503/1996);

2. ciò che è mutato nello specifico, con la novellazione dell’art. 186 L. Fall., è solo la riconfigurazione in senso relativo dell’inadempimento, cioè l’inedito rilievo della sua importanza che, per innestarsi quale requisito di risoluzione, dev’essere “non scarsa” (Cass. 20652/2019); non è invece venuta meno la nozione di imputabilità, che resta oggettiva; ed invero, mentre il primo presupposto non è stato oggetto di alcuna impugnazione da parte del ricorrente, il secondo profilo va affrontato richiamando l’aggiornato principio per cui “il concordato preventivo deve essere risolto, a norma dell’art. 186 L. fall., qualora emerga che esso sia venuto meno alla sua funzione di soddisfare i creditori nella misura promessa, a meno che l’inadempimento non abbia scarsa importanza, a prescindere da eventuali profili di colpa del debitore, non trattandosi di un contratto a prestazioni corrispettive ma di un istituto avente una natura negoziale contemperata da una disciplina che persegue interessi pubblicistici e conduce, all’esito dell’omologa, alla cristallizzazione di un accordo di natura complessa ove una delle parti (la massa dei creditori) ha consistenza composita e plurisoggettiva” (Cass. 18738/2018, 4398/2015); si è così affermato “che la non imputabilità al debitore dell’inadempimento non rileva ai fini della risoluzione del concordato poichè l’art. 186 L. Fall. intende valorizzare il mancato avveramento del piano, ove non di scarsa importanza, secondo una logica ben diversa da quella dell’art. 1218 c.c., a mente del quale l’inadempimento costituisce un fatto causativo di responsabilità a carico della parte inadempiente” (Cass. 20652/2019);

3. quanto al concordato con continuità, l’art. 186-bis L. Fall., u.c. individua due parametri risolutivi in corso di procedura, ai sensi dell’art. 173 L. Fall., quali la sopravvenuta manifesta dannosità dell’attività d’impresa (Cass. 23315/2018) ovvero la cessazione della medesima; l’avvenuta l’omologazione, persa dunque per il debitore la facoltà di modificare la proposta di concordato, stante la sua cristallizzazione nel piano originario, fa sì che la seconda circostanza assuma portata significativa di irreversibilità ancora più marcata nella nozione di inadempimento oggettivo di cui all’art. 186 L. Fall.; essa, invero, ha concorso nella specie ad integrare la complessa motivazione della risoluzione ex art. 186 L. Fall., affiancata al mancato rispetto delle scadenze di pagamento in senso stretto; va allora osservato che se è vero che l’azione di risoluzione è proponibile non oltre un anno dalla scadenza del termine fissato per l’ultimo adempimento del concordato, l’istituto può ben operare anche prima, laddove sia riscontrato l’inadempimento di non scarsa importanza (Cass. 14601/2019), come accertato dal giudice di merito e senza ammissibile sindacabilità (Cass. s.u. 8053/2014), nella vicenda nemmeno prospettata;

4. ne consegue l’irrilevanza della allegata “responsabilità” per fatto del terzo, asserito creditore strategico e pagato integralmente ai sensi dell’art. 182-quinquies L. Fall., poi venuto meno ad eventuali obblighi di continuità di fornitura e del quale è solo affermata la concausazione dell’inadempimento; al di là della ovvia distinzione, che non ha accompagnato la censura, tra inadempimento del rapporto contrattuale fra un terzo e il debitore concordatario e inadempimento del secondo quanto ai diversi obblighi di adempimento del concordato, si osserva per le richiamate circostanze – come poi dato atto essere avvenuto nel solo ricorso, poichè nè la sentenza, nè la parte indicano vi sia stata tra gli oggetti dibattuti del giudizio altresì la menzionata strategicità – che gli stessi profili, coinvolgenti l’attestata essenzialità della prestazione e la sua dedotta interruzione senza buona fede, appartengono comunque

RG 28846/2018- g.est. m.ferro

ad una cognizione estranea alla ratio di tutela presupposta dalla diversa norma dell’art. 186 L. Fall., che sanziona, con la risoluzione, la perdita di causa funzionale del regime concordatario e rimuove un assetto che non può assicurare ai creditori l’ottemperanza degli obblighi verso di essi assunti e non eseguiti;

5. il ricorso è, pertanto, inammissibile; ne conseguono la condanna alle spese del procedimento, secondo la regola della soccombenza e con liquidazione come da dispositivo e la dichiarazione della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento del cd. raddoppio del contributo unificato (Cass. s.u. 4315/2020).

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento di legittimità, liquidate in Euro 7.100, di cui 100 Euro per esborsi, oltre al 15% a forfait sui compensi e agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, come modificato dalla L. 228/12, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 25 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2021

 

 

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