Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13467 del 30/06/2016

Cassazione civile sez. lav., 30/06/2016, (ud. 06/04/2016, dep. 30/06/2016), n.13467

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VENUTI Pietro – Presidente –

Dott. MANNA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6479-2011 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la

rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

S.M., C.f. (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA RENO 21, presso lo studio dell’avvocato

ROBERTO RIZZO, che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 9227/2009 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 08/03/2010 r.g.n. 4853/2007;

udita la relazione della Causa svolta nella pubblica udienza del

06/04/2C16 dal Consigliere Dott. ANTONIO MANNA;

udito l’Avvocato BUTTAFOCO ANNA per delega verbale Avvocato

FIORILLO LUIGI;

udito l’Avvocato RIZZO ROBERTO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata l’8.3.10 la Corte d’appello di Roma rigettava il gravame di Poste Italiane Sp.A. contro la sentenza n. 9747/06 del Tribunale capitolino che, dichiarata nulla la clausola di apposizione del termine al contratto di lavoro stipulato per esigenze di carattere sostitutivo, per il periodo 2.5.-30.9.03, fra S. M. e Poste Italiane S.p.A. e, per l’effetto, accertata l’esistenza inter partes d’un rapporto a tempo indeterminato, aveva condannato detta società a riammettere in servizio il lavoratore e a pagargli le retribuzioni maturate dal 12.5.04 sino alla data della sentenza, detratto l’aliunde perceptum.

Per la cassazione della sentenza ricorre Poste Italiane S.p.A. affidandosi a tre motivi.

S.M. resiste con controricorso, poi ulteriormente illustrato con memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1- Con il primo motivo del ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 e dell’art. 1362 c.c. e ss., atteso che, contrariamente a quanto affermato dai giudici di merito, la causale del contratto de quo non era affatto generica perchè precisava in modo circostanziato le ragioni di carattere sostitutivo che giustificavano l’apposizione del termine; in particolare, oltre alla durata del contratto, erano stati specificati l’inquadramento e le mansioni del lavoratore assunto e del personale da sostituire (Area operativa, mansioni di recapito, smistamento e trasporto) e la funzione aziendale di riferimento (Polo Corrispondenza (OMISSIS)), con destinazione al CMP di (OMISSIS).

Doglianza sostanzialmente analoga viene fatta valere con il secondo motivo, sotto forma di vizio di motivazione.

Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1206, 1207, 1217, 1218, 1219, 1223, 2094, 2099 e 2697 c.c. in relazione ai principi sulla messa in mora e la corrispettività delle prestazioni, spettando le retribuzioni solo dal momento dell’effettiva ripresa del servizio; ad ogni modo la società ricorrente chiede, quanto alle conseguenze economiche della nullità del termine originariamente apposto al contratto di lavoro fra le parti, l’applicazione dello ius superveniens di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32 che le limita ad un importo compreso fra 2,5 e 12 mensilità dell’ultima retribuzione di fatto.

2- Preliminarmente va disattesa l’eccezione di tardività del ricorso sollevata dal controricorrente, atteso che esso è stato consegnato all’ufficiale giudiziario per la notifica in data 4.3.11, vale a dire prima dello scadere del termine annuale previsto dall’art. 327 c.p.c. (nel testo applicabile ratione temporis alla presente controversia, instaurata nel 2005) rispetto alla data – 8.3.10 – di deposito della sentenza oggetto d’impugnazione e ciò ai sensi dell’art. 149 c.p.c. u.c., aggiunto dalla L. n. 263 del 2005, art. 3.

3- Il primo motivo di ricorso è fondato.

Questa Corte Suprema (cfr., in particolare, Cass. 2/5/11 n. 9602;

Cass. 26.1.2010 n. 1577; Cass. 26 gennaio 2010 n. 1576) ha più volte affermato il seguente principio di diritto, cui nella presente sede va data continuità: “In tema di assunzione a termine di lavoratori subordinati per ragioni di carattere sostitutivo, alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 214 del 2009, con cui è stata dichiarata infondata la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, comma 2, l’onere di specificazione delle predette ragioni è correlato alla finalità di assicurare la trasparenza e la veridicità della causa dell’apposizione del termine e l’immodificabilità della stessa nel corso del rapporto. Pertanto, nelle situazioni aziendali complesse, in cui la sostituzione non è riferita ad una singola persona, ma ad una funzione produttiva specifica, occasionalmente scoperta, l’apposizione del termine deve considerarsi legittima se l’enunciazione dell’esigenza di sostituire lavoratori assenti – da sola insufficiente ad assolvere l’onere di specificazione delle ragioni stesse – risulti integrata dall’indicazione di elementi ulteriori (quali l’ambito territoriale di riferimento, il luogo della prestazione lavorativa, le mansioni dei lavoratori da sostituire, il diritto degli stessi alla conservazione del posto di lavoro) che consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire, ancorchè non identificati nominativamente, ferma restando, in ogni caso, la verificabilità della sussistenza effettiva del prospettato presupposto di legittimità”.

Nel caso in esame non può condividersi, in relazione ai principi sopra enunciati, la valutazione operata dalla Corte di merito circa l’assenza di specificità della causale apposta al contratto di lavoro a termine stipulato fra le odierne parti. In particolare, la Corte territoriale non ha tenuto conto del fatto che il concetto di specificità deve essere collegato a situazioni aziendali non più standardizzate, ma riferite alle realtà produttive in cui il contratto viene ad essere calato.

Invero, come questa S.C. ha già statuito proprio in controversie concernenti contratti di lavoro a termine stipulati da Poste Italiane S.p.A. per ragioni di carattere sostitutivo (cfr. Cass. 16.11.2010 n. 23119; Cass 26/1/2010 nn. 1576 e 1577), l’onere di specificazione delle predette ragioni è correlato alla finalità di assicurare la trasparenza e la veridicità della causa dell’apposizione del termine e la sua immodificabilità nel corso del rapporto.

Pertanto, nelle situazioni aziendali complesse, in cui la sostituzione non è riferita ad una singola persona, ma ad una funzione produttiva specifica, occasionalmente scoperta, l’apposizione del termine deve considerarsi legittima se l’enunciazione dell’esigenza di sostituire lavoratori assenti – da sola insufficiente ad assolvere l’onere di specificazione delle ragioni stesse – risulti integrata dall’indicazione di elementi ulteriori (quali l’ambito territoriale di riferimento, il luogo della prestazione lavorativa, le mansioni dei lavoratori da sostituire, il diritto degli stessi alla conservazione del posto di lavoro) che consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire, ancorchè non identificati nominativamente, ferma restando, in ogni caso, la verificabilità della sussistenza effettiva del prospettato presupposto di legittimità.

Nè in senso contrario si pone Corte cost. n. 214/09 laddove, dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, comma 1 e art. 11 afferma che l’onere di specificazione previsto dallo stesso art. 1, comma 2, impone che, tutte le volte in cui l’assunzione a tempo determinato avvenga per soddisfare ragioni di carattere sostitutivo, risulti per iscritto anche il nome del lavoratore sostituito e la causa della sua sostituzione.

Ora, come questa S.C. ha già chiarito nelle proprie precedenti sentenze, il passo della sentenza della Corte cost. sopra citato deve essere letto nel relativo contesto argomentativo, che individua la ratio legis proprio nell’esigenza di assicurare trasparenza e veridicità della causa che si pone a monte dell’apposizione del termine e la sua immodificabilità nel corso del rapporto.

Ne discende che, nell’ampia casistica offerta dall’esperienza concreta, accanto a fattispecie elementari in cui è possibile individuare fisicamente il lavoratore o i lavoratori da sostituire, esistono fattispecie complesse in cui la stessa indicazione non è possibile e l’indicazione del lavoratore o dei lavoratori deve passare necessariamente attraverso la specificazione dei motivi, mediante l’indicazione di criteri che, prescindendo dall’individuazione delle persone, siano tali da non vanificare il criterio selettivo che richiede la norma.

In questi termini, le due opzioni interpretative (quella della cit.

sentenza n. 214/09 della Corte cost. e quella accolta nella summenzionata giurisprudenza di questa S.C.) risultano coerenti.

In breve, l’apposizione del termine per ragioni sostitutive è legittima ove l’enunciazione dell’esigenza di sostituire lavoratori assenti – da sola insufficiente ad assolvere l’onere di specificazione delle ragioni stesse – risulti integrata, come in concreto avvenuto nel caso di specie, da elementi ulteriori (quali, l’ambito territoriale di riferimento, il luogo della prestazione lavorativa, le mansioni dei lavoratori da sostituire, il diritto degli stessi alla conservazione del posto di lavoro) che consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire, ancorchè non identificati nominativamente, ferma restando in ogni caso la verificabilità circa la sussistenza effettiva del presupposto di legittimità prospettato.

Nel caso in esame l’impugnata sentenza non si è attenuta a tali principi, sicchè il primo motivo di ricorso è da accogliersi.

Nè si ravvisa – contrariamente a quanto sostenuto da parte controricorrente nella memoria ex art. 378 c.p.c. – un’ulteriore ratio decidendi nella sentenza impugnata là dove la Corte territoriale ha rigettato perchè irrilevanti le istanze istruttorie della società, atteso che il rigetto d’una o più istanze istruttorie non costituisce mai un’argomentazione di per sè autonomamente idonea a sorreggere un decisum e, in quanto tale, non necessita di apposita impugnazione.

4- L’accoglimento del primo motivo assorbe la disamina delle restanti censure formulate in ricorso.

5- In conclusione, la Corte accoglie il primo motivo, dichiara assorbiti restanti cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

P.Q.M.

LA CORTE accoglie il primo motivo, dichiara assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 6 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2016

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