Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13463 del 30/06/2016


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Cassazione civile sez. lav., 30/06/2016, (ud. 05/04/2016, dep. 30/06/2016), n.13463

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19471-2010 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, (OMISSIS),

in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

avvocati LUIGI CALIULO, ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

GABRY ALIMENTARI DI G.B. & C S.N.C., C.F.

(OMISSIS);

nonchè da:

GABRY ALIMENTARI DI G.B. & C SNC (OMISSIS), in

persona dei soci e legali rappresentati B.G. e

S.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

MONTI PARSOLI 4B, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE MARINI,

che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati ERNESTINA

POLLAROLO, DIEGO DIRUTIGLIANO, giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS),

in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

avvocati LUIGI CALIULO, ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, giusta

delega in calce alla copia notificata del controricorso e ricorso

incidentale condizionato;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 656/2009 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 15/07/2009 R.G.N. 1024/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/04/2016 dal Consigliere Dott. LUIGI CAVALLARO;

dito l’Avvocato D’ALOISIO CARLO per delega verbale Avvocato SGROI

ANTONINO;

udito l’Avvocato CHITI MARIO per delega orale Avvocato MARINI

GIUSEPPE;

udito L’Avvocato POLLAROLO ERNESTINA;

udito l’Avvocato DIRUTIGLIANO DIEGO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA Mario, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

Con sentenza depositata il 15.7.2009, la Corte d’appello di Torino rigettava l’appello proposto dall’INPS avverso la sentenza con cui il Tribunale di Alessandria aveva accolto l’opposizione proposta da Gabry Alimentari di G.B. & C. s.n.c. avverso l’intimazione di pagamento della somma di Euro 115.688,85 per contributi previdenziali relativi al triennio 1995-1997, per i quali essa aveva presentato domanda di definizione automatica L. n. 350 del 2003, ex art. 4, comma 90. La Corte territoriale, per quanto qui rileva, riteneva che il D.L. n. 300 del 2006, art. 3-quater, (conv.

con L. n. 17 del 2007), nel prorogare al 31.7.2007 il termine di presentazione delle domande di cui alla L. n. 350 del 2003, art. 4, comma 90, che a sua volta aveva esteso ai soggetti colpiti dagli eventi alluvionali del novembre 1994 e destinatari di provvedimenti agevolativi in materia di versamento di somme dovute a titolo di tributi, contributi e premi, i benefici di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, avesse fugato ogni dubbio in ordine all’applicabilità delle disposizioni recate dalla norma ult. cit.

anche ai contributi previdenziali.

Per la cassazione di tale pronuncia ricorre l’INPS, affidandosi a tre motivi di censura. Resiste l’azienda con controricorso contenente ricorso incidentale condizionato, articolato in due motivi e illustrato con memoria. L’azienda ha altresì depositato brevi osservazioni per Iscritto sulle conclusioni del pubblico ministero, ex art. 379 c.p.c., comma 4.

Diritto

Con il primo e il secondo motivo del ricorso principale, che possono esaminarsi congiuntamente in considerazione dell’intima connessione delle censure svolte, l’Istituto ricorrente lamenta nullità della sentenza impugnata ex art. 112 c.p.c. nonchè violazione del D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24 per non avere la Corte territoriale esaminato l’eccezione di definitività del titolo costituito dalla cartella esattoriale notificata all’azienda prodromlcamente all’intimazione di pagamento oggetto del presente giudizio e non tempestivamente impugnata.

Le doglianze sono infondate.

Va premesso, in punto di fatto, che l’eccezione di irretrattabilità del titolo (che era stata esaminata dal primo giudice e disattesa sul rilievo che il D.L. n. 300 del 2006, art. 3-quater, comma 1, conv.

con L. n. 17 del 2007, prevedendo la riapertura dei termini per la presentazione delle domande di definizione automatica L. n. 350 del 2003, ex art. 4, comma 90, avesse implicitamente escluso la sussistenza di situazioni cristallizzate per effetto del mancato pagamento dei contributi stessi in assenza di sentenza passata in giudicato) è stata reiterata dall’INPS in appello soltanto mercè il richiamo a “tutte le eccezioni, deduzioni e difese già articolate in primo grado, relativamente all’esistenza del giudicato che assisterebbe il titolo (ruolo esattoriale notificato attraverso una cartella non opposta nei termini) il quale diverrebbe, quindi, irretrattabile” (cfr. Pag. 4 del ricorso per cassazione).

Ora, è noto che, nel vigore della formulazione dell’art. 342 c.p.c. precedente alle modifiche introdotte dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 (conv. con L. n. 134 del 2012), questa Corte ha gradatamente adottato un orientamento restrittivo, secondo il quale, in considerazione della qualificazione del giudizio di appello in termini di revisio prioris instantiae, piuttosto che come novum iudicium dotato di effetto devolutivo generale e illimitato, il canone della specificità del motivi richiede non solo l’individuazione delle statuizioni concretamente impugnate e dei limiti dell’impugnazione, ma altresì l’esposizione delle ragioni dirette a confutare in fatto e in diritto le motivazioni che sorreggono la decisione di primo grado (Cass. S.U. nn. 4991 del 1987, 9628 del 1993, 16 del 2000 e 23299 del 2011), per modo che il richiamo alle argomentazioni addotte a sostegno della domanda o dell’eccezione disattesa dal primo giudice, pur astrattamente ammissibile (cfr. Cass. n. 11781 del 2005), specie quando venga denunciato un errore di diritto (arg. ex Cass. n. 7341 del 2009), va correlato all’eventualità che esse contengano già l’esposizione di ragioni idonee a incrinare il fondamento logico-giuridico della decisione concretamente adottata, dovendo invece concludersi per l’inammissibilità dell’appello che, senza neppure menzionare per sintesi il contenuto della prima decisione, risulti totalmente avulso dalla censura di quanto affermato dal primo giudice e si limiti ad illustrare la tesi giuridica già esposta in primo grado (Cass. n. 6978 del 2013).

Tenuto conto dei superiori principi, deve concludersi che l’appello proposto dall’INPS, non prendendo punto posizione sull’argomentazione svolta dal giudice di prime cure al fine di superare l’eccezione di irretrattabilità del titolo costituito dalla cartella esattoriale, fosse in parte qua inammissibile, con conseguente passaggio in giudicato della statuizione concernente l’assenza di preclusioni ostative della possibilità di esaminare il merito della questione (arg. ex Cass. S.U. nn. 16 del 2000 e 23299 del 2011, citt.); e poichè l’omessa pronuncia su una domanda inammissibile non dà luogo a violazione dell’art. 112 c.p.c. (cfr. da ult. Cass. n. 24445 del 2010), le censure svolte nel primo e secondo motivo del ricorso principale si rivelano infondate.

Con il terzo motivo del ricorso principale, l’INPS denuncia violazione e falsa applicazione del D.L. n. 300 del 2006, art. 3-

quater, comma 1, (conv. con L. n. 17 del 2007), in combinato disposto con la L. n. 350 del 2003, art. 4, comma 90, L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, D.L. n. 646 del 1994, art. 6, commi 2, 3, 7-bis e 13, e art. 7, comma 1, (conv. con L. n. 22 del 1995), in relazione al D.L. n. 78 del 2010, art. 12, comma 12 per avere la Corte territoriale ritenuto che i benefici di carattere tributario di cui al D.L. n. 300 del 2006, art. 3-quater, e al D.L. n. 646 del 1994, art. 6 citt., si estendessero anche ai contributi previdenziali.

L’esame del motivo presuppone la ricognizione della normativa interna sul tema, dei precedenti di questa Corte di legittimità al riguardo e degli effetti derivanti dalla decisione resa in subiecta materia dalla Commissione dell’Unione Europea in data 14.8.2015, n. 195/2016.

Com’è noto, la L. n. 350 del 2003, art. 4, comma 90, ha esteso ai soggetti colpiti dagli eventi alluvionali del novembre 1994 e già destinatari dei provvedimenti agevolativi in materia di versamento delle somme dovute a titolo di tributi, contributi e premi, di cui al D.L. n. 646 del 1994, art. 6, commi 2, 3 e 7-bis, (conv. con L. n. 22 del 1995), le disposizioni sulla regolarizzazione automatica delle imposte previste dalla L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, in favore delle imprese colpite dal sisma del 1990 in Sicilia orientale, prevedendo che tali soggetti potessero regolarizzare la propria posizione relativa agli anni 1995, 1996 e 1997 versando il 10% dell’importo dovuto entro il 31.7.2004 (termine successivamente differito al 31.7.2007 dal D.L. n. 300 del 2006, art. 3-quater, comma 1, conv. con L. n. 17 del 2007, e ulteriormente prorogato al 31.3.2008 dal D.L. n. 248 del 2007, art. 36 bis).

Al riguardo, questa Corte di legittimità ha già avuto modo di chiarire che la L. n. 350 del 2003, art. 4, comma 90, nell’estendere l’applicazione delle disposizioni della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, ai soggetti colpiti dagli eventi alluvionali del novembre 1994, si riferisce espressamente ai provvedimenti agevolativi concernenti i versamenti di quanto dovuto “a titolo di tributi, contributi e premi”, restando privo di rilievo il mancato rinvio, nel testo della norma, anche alla disposizione di cui al D.L. n. 646 del 1994, in quanto il richiamo dell’art. 6, commi 2, 3 e 7-bis, D.L. ult. cit., da parte della L. n. 350 del 2003, art. 4, comma 90, è funzionale esclusivamente all’individuazione della categoria dei destinatari del beneficio e non già all’individuazione della tipologia dei tributi a cui riferire l’agevolazione, e ha precisato che tale interpretazione trova espressa e letterale conferma nel D.L. n. 300 del 2006, art. 3-quater, (conv. con L. n. 17 del 2007), che ha esplicitamente stabilito l’operatività dell’agevolazione “per i contributi previdenziali, i premi assicurativi e i tributi riguardanti le imprese relativi all’alluvione del Piemonte del 1994”, fugando altresì ogni dubbio sulla legittimità costituzionale della norma ult. cit., sulla scorta dell’insegnamento di Corte cost. n. 274 del 2006, in considerazione della piena legittimità in materia civile di leggi retroattive non solo interpretative ma anche innovative con efficacia retroattiva, quando la disposizione trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza (come nel caso in cui l’interpretazione della disciplina richiamata rappresenti una delle possibili letture del dato normativo) e non contrasti con altri valori ed interessi costituzionalmente protetti (Cass. nn. 11133 e 11247 del 2010).

Nessun rilievo presentando, ai fini qui in discorso, la successiva norma di interpretazione autentica della L. n. 350 del 2003, art. 4, comma 90, contenuta nel D.L. n. 78 del 2010, art. 12, comma 12 trattandosi di disposizione soppressa dalla legge di conversione, mette conto invece dare atto della decisione n. 195/2016 che, in subiecta materia, ha adottato la Commissione Europea in data 14.8.2015 (notificata con il n. C (2015) 5549 e pubblicata in G.U.U.E. del 18.2.2016). Con tale decisione, infatti, la Commissione ha ritenuto che le misure legislative che istituiscono i benefici in questione nel presente giudizio fossero state adottate in violazione dell’art. 108, par. 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) e, di conseguenza, ha concluso che esse “costituiscono aiuti di Stato incompatibili con il mercato interno” (punto 133), aggiungendo, in punto di conseguenze (punti 134-136):

anche con specifico riguardo alla materia degli aiuti di Stato, e quindi vincolano il giudice nazionale nell’ambito dei giudizi portati alla sua cognizione, obbligandolo a dare attuazione al diritto comunitario, se necessario attraverso la disapplicazione delle norme interne che siano in contrasto con esso (v. da ult. Cass. n. 15354 del 2014).

Nel caso di specie, recando una normativa che, all’evidenza, detta una nuova disciplina del rapporto controverso, la decisione della Commissione costituisce ius superveniens, che essendo posteriore alla proposizione del ricorso può e deve essere valutato, dal momento che la questione della spettanza o meno dei benefici (non importa in quale forma) è stata devoluta all’esame di legittimità. E costituendo principio consolidato quello secondo cui, allorchè il ius superveniens comporti la necessità di accertamenti in fatto incompatibili con il giudizio di legittimità, la decisione di merito deve essere cassata con rinvio (cfr. da ult. Cass. n. 5888 del 2005, sulla scorta di Cass. n. 5224 del 1998), s’impone la cassazione con rinvio della sentenza impugnata.

E’ il caso di precisare che nella vicenda per cui è causa non è dato configurare un’ipotesi di “aiuti individuali già versati nel quadro delle misure in esame prima della data di avvio della decisione e dell’ingiunzione di sospensione” del 17.12.2002, di cui al punto 136 della decisione della Commissione: in specie, infatti, non solo l’Istituto non ha accolto l’istanza di definizione automatica presentata dall’azienda, ma ha agito in executivis per il recupero dei contributi omessi, onde non è configurabile alcun atto di concessione di aiuti.

Dovendo pertanto ritenersi che nella vicenda per cui è causa, controvertendosi di “pagamenti di aiuti in essere, debba trovare piena applicazione il ius superveniens di cui alla decisione della Commissione dianzi cit., restando viceversa irrilevanti le statuizioni della medesima decisione in punto di recupero di aiuti già concessi, mette conto piuttosto ribadire che la decisione della Commissione, pur ritenendo incompatibile sul piano generale il regime delle agevolazioni, ha lasciato ferma la legittimità dell’intervento legislativo allorquando l’aiuto individuale rientri nei limiti del regolamento c.d. de minimis applicabile (punto 115 della decisione), ovvero possa beneficiare della deroga prevista dall’art. 107, par. 2, lett. b) TFUE (punto 132 della decisione).

Segue da quanto sopra che il giudice del rinvio dovrà verificare la sussistenza del diritto dell’azienda in epigrafe a fruire dei benefici di cui alla L. n. 350 del 2003, art. 4, comma 90, e successive modifiche e integrazioni, accertando a tal fine, anzitutto, l’eventuale ricorrenza dei presupposti di fatto per l’applicabilità del regolamento de minimis (la cui prova è a carico del soggetto che invoca il beneficio; arg. ex Cass. n. 6756 del 2012), tenendo conto, in specie, che la regola de minimis, stabilendo una soglia di aiuto al di sotto della quale l’art. 92, n. 1 TFUE, può considerarsi inapplicabile, costituisce un’eccezione alla generale disciplina relativa agli aiuti di Stato, per modo che, quando la soglia dell’irrilevanza dovesse essere superata, il beneficio dovrà essere negato nella sua interezza (arg. ex Cass. n. 11228 del 2011).

Qualora la prova dei presupposti per l’applicabilità del regolamento de minimis non venga fornita, il giudice del rinvio dovrà verificare la compatibilità con il mercato interno del beneficio costituente aiuto di Stato, ex art. 107, par. 2, lett. b) TFUE, e dunque, da un lato, quale sia stato l’importo del danno diretto subito dall’impresa per effetto dell’alluvione, da accertare a livello della stessa impresa (cfr. punto 132 della decisione), e dall’altro, nell’ambito del danno così individuato, quale importo sia stato già compensato da altre fonti (assicurazioni o altre misure di aiuto: cfr. punto 148 della decisione della Commissione), dovendo, in particolare, tenersi conto anche dei benefici previsti dalla stessa normativa in materia di tributi e premi, giacchè l’aiuto oggetto dell’attuale controversia potrà essere riconosciuto nei limiti della compensazione del danno residuo.

Nell’accertare tali circostanze, inoltre, il giudice del rinvio dovrà attenersi all’ulteriore principio secondo cui, posto che l’invocazione dell’ius superveniens e il giudizio positivo sulla idoneità della nuova disciplina giuridica ad incidere sulla decisione della lite costituiscono fattori sufficienti e determinanti per la cassazione della sentenza, dev’essere consentita, in sede di rinvio, l’esibizione di quei documenti prima non ottenibili ovvero l’accertamento di quei fatti che in base alla precedente disciplina non erano indispensabili, ma che costituiscono il presupposto per l’applicazione della nuova regola giuridica (cfr. in tal senso già Cass. n. 5224 del 1998, cit.).

Davanti al medesimo giudice potranno e dovranno riproporsi anche le questioni oggetto delle censure del ricorso incidentale condizionato e concernenti l’omessa pronuncia della Corte territoriale sulle eccezioni preliminari di mancanza di motivazione e di sottoscrizione dell’intimazione di pagamento opposta, dovendo ritenersene l’inammissibilità in questa sede in ragione del principio secondo cui è carente d’interesse il ricorso incidentale, sia pure condizionato, con il quale la parte vittoriosa in sede di merito riproponga questioni su cui i giudici di appello non si sono pronunciati, in quanto tali questioni, nel caso di cassazione della sentenza, rimangono impregiudicate e possono essere dedotte davanti al giudice di rinvio (cfr. da ult. Cass. n. 4472 del 2016).

In ragione dei principi di diritto dianzi esposti, la sentenza impugnata va conclusivamente cassata e la causa rinviata ad altro giudice, che si individua nella Corte d’appello di Torino, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di cassazione.

PQM

La Corte, provvedendo sui ricorsi riuniti cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Torino, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2016

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